La storia di una maestra dentro la grande Storia italiana

di Paola Ciccioli

La mente e la sensibilità delle bambine e dei bambini sono scrigni dove alcune immagini, parole ed emozioni si depositano per poi accendersi e indicare la strada agli incroci della vita. A me è successo con la Maestra Antinori, io l’ho sempre chiamata così, la mia maestra delle elementari. La osservavo mentre ci educava a un’altra esistenza possibile e mi dicevo: “da grande voglio assomigliare a lei”. Perché “un’altra esistenza possibile”? Perché noi, i miei amici ed io, venivamo da famiglie dove si parlava quasi esclusivamente il dialetto marchigiano, e la Maestra ci insegnava invece l’italiano. E che bell’italiano.  E perché noi, le mie amichette ed io, eravamo per legge non scritta destinate a studiare lo stretto necessario, abbandonare sul nascere aspirazioni a diplomi o lauree per maritarci assolutamente e quanto prima. E la Maestra, proprio perché maestra, dunque con un titolo di studio, ci dimostrava che invece i limiti e i divieti si potevano oltrepassare, eccome. Ho sempre portato con me il ricordo della Maestra Antinori: io ormai stabilita a Milano e lei nella sua casa alla periferia di Macerata che nei miei pensieri era sempre avvolta nel rosso dei tulipani che avevo visto un giorno passando accanto al suo cancello.

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«Non poteva più parlare, Anna, nemmeno con gli amici»

di Igort*

La giornalista russa Anna Politkovskaia nel “reportage disegnato” di Igort

Non poteva più parlare, Anna, nemmeno con gli amici. La Cecenia, quasi un’ossessione per lei, era argomento sgradito.

“Scrivo ciò che vedo”, una dichiarazione di intenti, di più: un metodo. Anna aveva fatto della ricerca sul campo un percorso professionale, che poi era diventato esistenziale.

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A una persona amica, a proposito di scatoloni

di Mariagrazia Sinibaldi

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Mariagrazia Sinibaldi fotografata dalla nipote Sara Cianciotta il 3 dicembre scorso nella Biblioteca civica di Cologno Monzese per la presentazione di “È come vivere ancora”, il libro che raccoglie una selezione dei suoi post. Questione di giorni e avremo anche la versione ebook

Quanto tempo, è trascorso da quella prima tua letterina e quanto dal 3 dicembre, giorno della presentazione del mio libro nella Biblioteca di Cologno! È una sensazione strana quella che provo: tutto mi sembra accaduto ieri e nello stesso tempo mi sembra che tutto si perda nella notte dei tempi. Prima le vacanze estive che, non riesco a capire perché, ma sempre, tutti gli anni, mi fanno volare al di sopra della vita reale, tanto che mi sembra a volte di vivere vite parallele: una sorta di dialogo tra l’una e l’altra esistenza… e poi, odddio, LE FESTE! Quelle che io aspetto tutto l’anno, mescolando i ricordi del passato e le aspettative del presente per il futuro.

E alla fine arrivano, queste benedette feste e sono venti giorni di buriana, di tempesta, di eccitazione e di adrenalina a più non posso, di reincontri affettuosi, di tombola, di sette e mezzo, di spumante e di dolci tradizionali della cui ricetta pare io sia l’unica depositaria, di ricordi e di (diciamocelo pure) catastrofiche mangiate.

Già, i ricordi! Certe volte sono noiosa a me stessa, con questa storia dei ricordi.

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Il gancio delle anime e dei ricordi

di Mariagrazia Sinibaldi

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Questa e le altre foto del post provengono dall’archivio privato di Mariagrazia Sinibaldi e sono state scattate In Marocco alla fine degli Anni ’60

Certamente uno psicologo o qualcuno che eserciti uno di quei mestieri il cui nome inizia con ‘ps’, che studi la mente umana, la psiche appunto, potrebbe spiegare il meccanismo che lega un ricordo antico di un certo tipo ad una recente esperienza di tutt’altro genere. E ancora di più: come il racconto di un’esperienza vissuta da una persona possa legare questa ad un’altra in modo così forte da generare in questa seconda un déjà vu tanto limpido, vivido, colorato e odoroso da trasformarsi a sua volta in vita reale e immanente… Follie? Forse.

«Perché – si chiedeva la Vecchia signora – il racconto del mio amico ha scatenato in me quel groviglio di ganci che mi ha trascinato in tutt’altro mondo e in tutt’altro tempo? Forse perché il mio amico era mio amico un milione di anni fa, perso di vista (complice la vita di ognuno dei due) e casualmente ritrovato? Può essere? Forse.

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«Amato smart, di notte quanto ti butterei dalla finestra…»

di Mariagrazia Sinibaldi

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Camera di Mariagrazia, interno notte. Concentratissima, la nostra amata senior blogger ha superato varie traversie ed è tornata a raccontarci le avventure del suo alter ego. E, proprio ieri, è arrivato un bastimento carico di altre cento copie fresche di stampa di “È come vivere ancora”, il libro curato dall’Associazione Donne della realtà che raccoglie una selezione dei “primi” post di Mariagrazia Sinibaldi. Appuntamento sabato 3 dicembre 2016 nella Biblioteca civica di Cologno Monzese per la presentazione (questo bel ritratto è di Francesco Cianciotta, suo figlio)

La signora Vecchiottina raggiunse il suo letto barcollando dopo 24 ore vissute in maniera non proprio rocambolesca ma certamente difficile difficile difficile. Oh Dio, siamo giusti, la nostra Signora tendeva sempre ad esagerare un po’… anzi un po’ più che un po’, ma questa volta la signora Vecchiottina sentiva di avere ragione: e che diamine! «Vorrei vedere – disse la nostra dentro di sé (ché non sentisse il figlio nella stanza accanto) – Sì, vorrei proprio vedere un’altra vecchietta come me, attraversare indenne 24 ore come queste ultime mie!». Si arrestò perplessa! Era certo la prima volta che si autodefiniva con una parolaccia di tal genere ma era così maledettamente stanca da non avere nemmeno la forza di ribellarsi a sé stessa. Guardò il letto comodo e bello che suo figlio le aveva messo a disposizione. In un lampo, in un flash, le si ripresentarono vivide le ultime 24 ore.

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Brahms e il respiro

di Sergio Angelo Picchioni*

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Fulvio Luciani (violino) e Massimiliano Motterle (panoforte) nelle foto di Dario Menia. Il duo suonerà musiche di Schubert, Brahms e Ravel a Milano il 5 e a Torino il 6 settembre nell’ambito di MITO, che quest’anno ha come filo conduttore il tema “Padri e figli” (http://www.mitosettembremusica.it/it)

Lo rividi poi casualmente dopo molti anni, in Italia dove ora insegnavo, durante un concerto al teatro comunale di Bologna. Era seduto alcune file di poltrone davanti a me, e mi dovetti quasi sforzare per riconoscerlo, tanto che se ben ricordo fu proprio lui, voltandosi, che mi salutò per primo.

Lo avvicinai più tardi, durante l’intervallo, e mi sembrò veramente cambiato. Fu come sempre molto gentile, e come se ci fossimo lasciati il giorno prima intavolò subito un complicato discorso sulla musica romantica, sul rapporto con la letteratura, e su come si sarebbe dovuto suonare il violino. Secondo lui, molto spesso, gli archi stridevano. Per tutto aveva le sue idee, e non si poteva far altro che ascoltarlo.

«Brahms, mio caro, ah Brahms, hai sentito che quartetto… con il suo respiro… sì vedi… perché di fatto la frase musicale di Brahms si può veramente ascoltare respirando a pieni polmoni, giù e su con il petto, attraverso le note, le legature, le forcelle di piano e poi di forte, insomma respirando con lui, in un crescendo che ti porta a fremere di eroismo e ti gonfia il cuore di passione…».

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Sull’isola greca con il libro che mi dice: “Il mondo cambia un cuore alla volta”

di Maria Elena Sini

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Maria Elena Sini durante la vacanza in Grecia di cui racconta, intensamente, in questo post

È stato un inverno lungo, cupo e doloroso per cui quando un amico che trascorreva l’estate nelle Cicladi mi ha invitato a passare una settimana a Paros ho accettato con gioia. Mi attirava l’idea di rilassarmi in un’ isola illuminata dalla luce degli Dei, circondata da mare pulito dove buon cibo, tradizioni, storia e archeologia si aggiungono alla per nulla scontata possibilità di trascorrere intere giornate in spiagge poco affollate anche in alta stagione.

Prima di partire, come faccio spesso prima di un viaggio, sono passata in libreria per comprare un libro che accompagnasse la mia avventura. Nel banco delle novità mi ha subito colpito La prima verità di Simona Vinci, edizioni Einaudi, e d’istinto l’ho acquistato perché, come ho letto nel risvolto della copertina, la storia che racconta è ambientata a Leros, un’isola del Dodecaneso. Durante il viaggio, tra un aereo e l’altro, ho iniziato la lettura e ho scoperto che la storia trattata era ispirata ad una vicenda realmente accaduta: quell’isola in passato era stata trasformata in un grande manicomio nel quale rinchiudere persone affette dalle più diverse patologie, schizofrenia, paranoia, persone che la famiglia non voleva o non poteva più accudire, persone violente definite “ingovernabili” che però in quella realtà non venivano realmente curate ma essenzialmente venivano recluse, allontanate dalla civiltà. Qualche anno fa, con grande scandalo, la stampa britannica ha rivelato che durante il regime dei colonnelli nell’isola di Leros erano stati deportati gli oppositori politici di tutta la Grecia facendoli convivere con i malati di mente, e la follia e l’isolamento aveva trasformato tutti in inquietanti relitti umani. Il romanzo è avvolgente, scorrendo le pagine si ha l’impressione di stare tra incubo e risveglio, si spalancano gli occhi su un’allucinazione nella quale Simona Vinci conduce il lettore attraverso immagini di rara forza con parole che permettono di raccontare l’indicibile.

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Buon compleanno, Anna Frank

di Anna Frank*

Anna, la sorella Margot e i genitori furono deportati ad Auschwitz il 2 settembre del 1944 e soltanto il padre, Otto Frank, riuscì a sopravvivere al campo di concentramento. Il Diario di Anna fu pubblicato ad Amsterdam nel 1947 col titolo “Het Achterhuis”, letteralmente “Il retrocasa”

Sabato, 20 giugno 1942

Per alcuni giorni non ho scritto nulla, perché prima ho voluto riflettere un poco su questa idea del diario. Per una come me, scrivere un diario fa un curioso effetto. Non soltanto perché non ho mai scritto, ma perché mi sembra che più tardi né io né altri potremo trovare interessanti gli sfoghi di una scolaretta di tredici anni. Però, a dire il vero, non è di questo che si tratta; a me piace scrivere e soprattutto aprire il mio cuore su ogni sorta di cose, a fondo e completamente.

“La carta è più paziente degli uomini”; rimuginavo entro di me questa massima in una delle mie giornate un po’ melanconiche mentre sedevo annoiata con la testa fra le mani, incerta se uscire o restare in casa, e finivo col rimanermene nello stesso posto a fantasticare. Proprio così, la carta è paziente, e siccome non ho affatto intenzione di far poi leggere ad altri questo quaderno rilegato di cartone che porta il pomposo nome di “Diario”, salvo il caso che mi capiti un giorno di trovare un amico o un’amica che siano veramente l’amico o l’amica, così la faccenda non riguarda che me. Eccomi al punto da cui ha preso origine quest’idea del diario: io non ho un’amica.

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Emily, il genio vestita da zitella

di Natalia Ginzburg*

Natalia Ginzburg (Palermo 1916 - Roma 1991)

Natalia Ginzburg (Palermo 1916 – Roma 1991)

Tempo fa sono stata ad Amherst, il paese della Dickinson: un paese situato non molto lontano da Boston, nel Massachusetts. Ho visto la sua casa. Ho visto anche un suo vestito in un armadio, un vestito bianco avorio a ricami, che sembrava una camicia da notte, e un plaid a lunghe frange che si metteva sulle ginocchia quando scriveva. Ma allora non conoscevo le poesie della Dickinson, né le sue lettere, e il mio sguardo era vuoto e distratto. Avevo letto alcuni suoi versi, e forse anche qualche sua lettera, ma avevo capito poco di lei. Non avevo un solo suo verso nella memoria. Amherst è un paese molto bello, tutto prati verdi, casette verniciate di bianco sparse fra le querce, fra l’edera, le magnolie e le rose. Mi parve però che avesse, nella sua grazia, qualcosa di lezioso e professorale. Dietro a questo aspetto professorale e lezioso c’era una noia desolata e spettrale. L’aspetto professorale il paese deve averlo preso dopo la morte della Dickinson, e in seguito alla coscienza d’esser la patria d’un grande poeta. Lo spettro della noia deve esserci stato sempre. Ricordo d’aver pensato che l’America è cupa e crudele nelle sue grandi città, e dove non è cupa e crudele, soggiace in una noia sterminata. Era estate e c’erano molte zanzare. Le zanzare dell’America sono diverse dalle nostre. Non hanno quel ronzio pigro e dolce, ma si avventano e sciamano sui visi umani in pieno giorno e in un protervo silenzio. Il silenzio e l’ombra della noia si stendevano a perdita d’occhio su quei prati fioriti e freschi.

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Politica

di Aharon Shabtay

POLITICA

love

Dalla mostra “Love. L’Arte contemporanea incontra l’amore”, prorogata fino a domenica 26 febbraio 2017 al Chiostro del Bramante di Roma (http://www.chiostrodelbramante.it/)

Le tue braccia che bacio nel nodo tra la spalla e il seno,

le gambe bianche, ramificate come tralci di vite, con l’amuleto della vagina,

l’aperta pianura del ventre, il collo, le labbra, gli occhi –

sono la liberalità, la fratellanza, la scoperta vibrante della verità,

sono la giustizia, l’uguaglianza, la libertà di desiderare e di pensare,

sono il dono delle opportunità, sono il lavoro che è l’amore,

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Elogio della polpetta

di Luca Bartolommei

Ieri, oggi, domani. Diario di tre giorni di matrimonio.

Poche settimane orsono mi sono sposato. Per giunta con una donna, quindi niente nastri arcobaleno. Peccato, perché mettono tanta allegria.

Polpette 1

Le polpette dell’elogio (foto domestica di Luca Bartolommei)

GIORNO 1

Da principio fu il bollito.

Manzo bollito. Una bella cena a tre, i novelli sposi, occhi negli occhi, a parlare degli amici, dei vestiti, di noi, dei regali, della festa, della sposa senza un filo di trucco che era bellissima, di Walter che ha preso la torta quattro volte, di Mariagrazia splendida di bianco vestita etcetera etcetera, con una cara amica che partecipa al trionfo della coppia neo-maritata con il dono di importanti bottiglie di vini rossi robusti, peraltro prestamente svuotate. Finisce la serata con Sanremo (Festival) che ci manda a dormire.

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«Finalmente ho pianto»

di Giuseppe Di Modugno*

GIARDINI DIAZ

giardini diaz

I Giardini Diaz di Macerata. Con un grazie e gli auguri di Buon Anno a Loretta Bentivoglio dell’ufficio stampa del Comune che ci ha fornito l’immagine

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«Ma tu dove vivi?» «Dove mi hai relegato tu»

di Anonima*

Tables for ladies

Edward Hopper, “Tables for ladies” (1930) http://www.metmuseum.org Tutti i quadri che illustrano questo post sono dello stesso autore

Un signore entra in una pasticceria e ordina una torta di pan di Spagna farcita di crema Chantilly, raccomandandosi che non sia troppo dolce. «Quando sarà pronta?», chiede il signore. E il pasticcere: «Fra tre ore». «Bene», dice il signore e va via. Dopo mezz’ora il signore  torna e dice: «Senta, mi piacerebbe che sopra ci mettesse una glassa color verdino chiaro». «Certo, signore», rassicura il pasticcere. Continua a leggere

La tigre Patrizia e le madri che non si piegano per i figli di tutti

di Elisabetta Baccarin

Patrizia moretti

Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi. Ha scritto: «Vedo Federico in ogni giovane che incontro»

è ora che io lo scriva, finalmente, non solo in una mail a colleghi.
non so da dove cominciare, ma comincio dal gelo provato davanti alla questura di ferrara.
ero appena uscita da palazzo diamanti per la mostra di matisse. il giorno prima, sempre a ferrara, pioveva e ho perso il mio nuovo berretto inglese. poi un lampo mi ha fatto ricordare, mentre mi stavano arrivando dei passatelli per cena, che ce l’avevo in mano fino al momento di appoggiarlo per guardare a due mani tutte le moleskine di tutti i colori gli usi le righe i quadretti e le idee. volevo comprarmi un taccuino per appuntare i pensieri che mi nascono per caso e che se non appunto mi scadono. avevo comprato un libro di cui non sapevo l’esistenza. ho fatto 3 volte il giro della libreria, facevo il mio solito gioco dei regali ‘questo su berlinguer andrebbe bene per pinco, questo sulla matematica per pallo, quello per la mia capo, l’altro per la mia collega. e quel libro, quello che ho comprato, era per me.

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Se a una cena di compleanno Wislawa Szymborska

di Angela Giannitrapani

Teresa e Paola confabulano, Angela sorride, Oreste anche, Francesco interroga il cellulare, Giampiero (sedia vuota) scatta.

Teresa e Paola confabulano, Angela sorride, Oreste anche, Francesco interroga il cellulare, Giampiero (sedia vuota) scatta.

Può una cena di compleanno trasformarsi in un evento poetico? Sì, può. Certo, direte, se si è molto legati al festeggiato o festeggiata, se c’è l’atmosfera romantica, se…, se…

Ma se si fanno incontrare due donne come Paola (Ciccioli) e la mia amica polacca Teresa (Kozlowska) e a loro se ne affianca una terza, che si chiama Wislawa Szymborska, quest’ultima sotto forma di versi naturalmente, allora l’incontro poetico si verifica nel vero senso delle due parole Continua a leggere