«…in quella bellezza ferma, senza tempo»

di Erica Sai

Giorgia ha deciso di riprendere a danzare, la sua amica Erica è andata a vederla: ecco cosa ne è nato.

Illustriamo la poesia di Erica Sai con una foto di Meg Stuart alla quale la Biennale di Venezia ha attribuito il Leone d’Oro alla carriera, che la danzatrice e coreografa americana riceverà il 22 giugno 2018 (http://www.labiennale.org/it/news/i-leoni-la-danza-2018) Foto da: http://blog.calarts.edu/2009/10/15/photo-gallery-choreographer-meg-stuart-at-the-school-of-dance/

BALLERINA

 

Lo sguardo si irrigidisce serio

insieme al collo, alla schiena

a tutto il corpo

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La danza lenta che svela il corpo come opera d’arte

di Giorgia Farace

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Wendy Whelan, prima ballerina nel 1991 del New York City Ballet, è una dei 43 artisti ritratti nella video installazione di David Michalek. L’opera , che si intitola Slow Dancing, illuminerà fino al 9 ottobre, la piazza Bernardino Luini a Lugano

Roma. Sabato pomeriggio. Sto passeggiando per la città con i miei fratelli e mio papà quando, dopo qualche ora di “assenza”, riprendo in mano il telefono e trovo una chiamata di Paola. Non ci siamo mai incontrate fino ad ora e quindi richiamo rapidamente, chiedendomi ad ogni squillo quale possa essere il motivo della telefonata. Mi risponde e poche frasi dopo arriva al dunque:

«Lunedì 19 settembre sono stata invitata alla conferenza stampa per l’apertura della nuova stagione del LAC, a Lugano. Io ho un altro impegno, così ho pensato a te che ami la danza: credo possa farti piacere partecipare».

Mi sono fermata un attimo in mezzo al marciapiede per realizzare: LAC, nuova stagione, presentano l’opera Slow Dancing di David Michalek, artista californiano. Pannelli appesi in tutta la città da qualche settimana lo pubblicizzano. Balletto. Conferenza stampa.

Anche se mi guardasse un passante vedrebbe l’emozione nei miei occhi. «Sì, ci vado! Che onore! Grazie per aver pensato a me, è bellissimo!».

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«Ho ripreso a danzare, la fatica mi insegna ad ascoltare e proteggere la mia vera passione»

di Giorgia Farace

Ma che bella… Questa fotografia, prodezze della tecnologia, ha fatto un bel giro prima di arrivare al nostro blog. Giorgia Farace, l’autrice del post, è riuscita a mandarcela da un bellissimo e silenzioso luogo di vacanza. Qui ha otto anni e sta facendo riscaldamento prima del saggio al Palazzo dei Congressi di Lugano, insieme con le altre allieve della scuola di Monica Caroni

Ancora non sapevo scrivere il mio nome la prima volta che, con gli occhi sinceri e spalancati, innocenti ed entusiasti di bambina, ho detto a mia mamma di voler fare “la farfallina”. Stavo guardando, in uno dei rari momenti concessi, la televisione, e un programma proponeva un balletto. Indicando lo schermo, puntavo il dito a quelle ballerine che parevano libellule, nei loro leggeri e vaporosi tutù bianchi.

Dove vivevo, le scuole di danza erano poche e la scelta ricadde su quella in cui aveva studiato per breve tempo anche mia mamma. Niente da fare: ero troppo piccola; avrei dovuto aspettare i quattro anni. Non che io riuscissi a capire questa necessità, dettata da ragioni conosciute solo ai grandi, ma con un paio di videocassette riuscirono a farmi aspettare l’anno successivo.

E così arrivano le prime scarpette rosa, un tutù che riesumato qualche mese fa da uno scatolone mi ha fatto tanta tenerezza, scaldamuscoli, “scaldacuore”, e via alla prima lezione.

Non ho quasi nessun ricordo dei primi anni. Solo emozioni. L’inconsapevolezza propria dell’essere bambini, quando sul palco del primo saggio, esegui tenacemente esercizi ripetuti più e più volte, che ormai ti sono automatici. Ricordando ad ogni nota i suggerimenti della maestra: schiena dritta e sguardo sorridente. Devi pensare ad un filo che ti tira su dal centro della testa.

Col passare degli anni e un cambio di scuola, quella che all’inizio era sembrata una richiesta infantile si è dimostrata un serio impegno. La mattina imparavo a scrivere e a far di conto, il pomeriggio, due volte a settimana, imparavo l’impegno e il rigore. Si badi bene: la mia non è mai stata una scuola dove si andava per diventare prime ballerine. Gli insegnamenti che porto con me vanno molto al di là del saper fare una piroetta perfetta.

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Sull’isola greca con il libro che mi dice: “Il mondo cambia un cuore alla volta”

di Maria Elena Sini

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Maria Elena Sini durante la vacanza in Grecia di cui racconta, intensamente, in questo post

È stato un inverno lungo, cupo e doloroso per cui quando un amico che trascorreva l’estate nelle Cicladi mi ha invitato a passare una settimana a Paros ho accettato con gioia. Mi attirava l’idea di rilassarmi in un’ isola illuminata dalla luce degli Dei, circondata da mare pulito dove buon cibo, tradizioni, storia e archeologia si aggiungono alla per nulla scontata possibilità di trascorrere intere giornate in spiagge poco affollate anche in alta stagione.

Prima di partire, come faccio spesso prima di un viaggio, sono passata in libreria per comprare un libro che accompagnasse la mia avventura. Nel banco delle novità mi ha subito colpito La prima verità di Simona Vinci, edizioni Einaudi, e d’istinto l’ho acquistato perché, come ho letto nel risvolto della copertina, la storia che racconta è ambientata a Leros, un’isola del Dodecaneso. Durante il viaggio, tra un aereo e l’altro, ho iniziato la lettura e ho scoperto che la storia trattata era ispirata ad una vicenda realmente accaduta: quell’isola in passato era stata trasformata in un grande manicomio nel quale rinchiudere persone affette dalle più diverse patologie, schizofrenia, paranoia, persone che la famiglia non voleva o non poteva più accudire, persone violente definite “ingovernabili” che però in quella realtà non venivano realmente curate ma essenzialmente venivano recluse, allontanate dalla civiltà. Qualche anno fa, con grande scandalo, la stampa britannica ha rivelato che durante il regime dei colonnelli nell’isola di Leros erano stati deportati gli oppositori politici di tutta la Grecia facendoli convivere con i malati di mente, e la follia e l’isolamento aveva trasformato tutti in inquietanti relitti umani. Il romanzo è avvolgente, scorrendo le pagine si ha l’impressione di stare tra incubo e risveglio, si spalancano gli occhi su un’allucinazione nella quale Simona Vinci conduce il lettore attraverso immagini di rara forza con parole che permettono di raccontare l’indicibile.

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«Ho una laurea in Economia, ma sono felice di aver potuto virare su qualcosa di più umano»

di Giorgia Farace

Giorgia Farace

Giorgia Farace si presenta: il racconto del suo viaggio a Taranto, pubblicato ieri, era il suo primo post sul nostro blog. Questa bella foto, che mettiamo grande per la bellezza del colore del cielo che fa bene al cuore in giorni così tristi per le notizie dal mondo, è quella del suo profilo Facebook. Qui è sul San Bernardino, nel Cantone dei Grigioni, in Svizzera

Sono seduta alla scrivania. Insieme con la mia responsabile, mi occupo della formazione dei medici in specializzazione e della formazione del personale amministrativo del Cardiocentro di Lugano. Nel 2014 ho conseguito la laurea in Economia, materia in cui però mi riconosco poco. Perciò sono felice di aver potuto virare su qualcosa di più “umano”.

La mia passione è la danza classica, disciplina che ho ripreso quest’anno dopo dieci anni di attività e dieci lunghi anni di stop. Ci è voluto molto coraggio per riavvicinarsi alla sbarra.
Amo viaggiare. Non lettini e spiagge. Ma persone e luoghi. Parlare con chiunque abbia voglia di raccontare anche solo un pezzo del luogo in cui sono. Percorrere strade secondarie e cercare l’autenticità del posto.

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«Io danzo per sentirmi viva e realizzarmi sulla terra»

di Maria Cumani*

Maria Cumani a Siracusa (foto di Alessandro Quasimodo)

Maria Cumani a Siracusa (foto di Alessandro Quasimodo)

La danza

La danzatrice, in quanto tale, presuppone una capacità creativa. Non esegue su suggerimenti del coreografo (vedi le ballerine) ma compone le sue danze forte sì della sua tecnica, ma libera nell’esprimere le ragioni del suo intimo estro poetico. Valery dice: “Elle à force de nier par son effort l’état ordinaire des choses, elle crée aux esprits l’idée d’un autre état, d’un état exceptionnel – un état qui ne serait que l’action, une permanente qui se ferait e se consoliderait au moyen d’une production incessante de travail, comparable à la vibrante station d’un bourbon…”.

E proprio questo intenso consumarsi, alimentato dallo spirito, lo vediamo nelle manifestazioni più profonde della danzatrice. La sua danza entra nello spazio nostro più segreto oltre l’infanzia nel luogo dei sogni Continua a leggere