Aida e i bambini che faranno respirare la Terra

di Francesca Capelli

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«Inginocchiata accanto a Daniel, con la voce leggermente deformata, riuscì a dirgli in due parole di aver ricevuto un nuovo messaggio segreto». Il “Cacciatore di aria” di Francesca Capelli (Raffaello, 2015) è illustrato da Marga Biazzi

In fila per due, con i cappotti già abbottonati e lo zainetto sulle spalle, i bambini dell’Orfanotrofio di Stato n. 54 erano pronti per la cosiddetta “passeggiata della salute”, alla quale erano obbligati una volta alla settimana.

Aida era in fondo alla fila. Aveva solo undici anni, ma era la più alta di tutti.

– Vorrei sapere cosa c’entra la salute con tutto questo – sussurrò alla vicina. O meglio, credette di sussurrare: per quanto provasse a tenere basso il volume della voce, c’era sempre qualcuno che riusciva a sentirla. Come in questo caso.

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«Attendo il prossimo libro!»

di Michela Sinibaldi

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Michela Sinibaldi ha scritto a donnedellarealta@gmail.com per chiedere una copia del libro di Mariagrazia Sinibaldi. «Non sono parente dell’autrice, abbiamo in comune solo il cognome. La sorella di mio padre mi ha iscritta tempo fa su Facebook al gruppo “I Sinibaldi” ed un giorno per caso ho letto il post della signora Mariagrazia che annunciava la pubblicazione del libro, così ho chiesto il titolo e tramite il link ho trovato le info x acquistarlo»

Buongiorno Paola, eccomi qui!

“È come vivere ancora” mi è piaciuto, era chiaro fin dalle prime pagine che non avrebbe raccontato una storia dall’inizio alla fine, ma che era un viaggio attraverso i ricordi della protagonista.

L’ho trovato semplice, in alcuni passaggi divertente ed in altri un po’ triste ma alquanto reale (come quando la Vecchiottina dimentica l’indirizzo o trascorre l’intera giornata in giro per la denuncia della borsa) perché mi fa pensare allo scorrere inesorabile del tempo.

Quello che ho apprezzato di più è stato indubbiamente il narrare i suoi ricordi legati all’infanzia, in alcuni ho ripescato i miei di ricordi e, se pur con anni di differenza, li ho trovati molto simili.

Attendo il prossimo libro!

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Il libro da rileggere quando si cerca un po’ di serenità

di Kitta Santucci*

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Kitta Santucci è un’amata cugina di Mariagrazia Sinibaldi. «Precisamente le nostre mamme erano sorelle», ci ha spiegato in una mail a donnedellarealta@gmail.com

Ho letto il libro di Mariagrazia Sinibaldi “È come vivere ancora”, ne sono rimasta entusiasta e affascinata . Le sue avventure sono sempre descritte con allegria, ironia e spontaneità anche quando racconta momenti malinconici per lei.

È un libro che terrò sempre sul comodino e non mi stancherò mai di rileggere nei momenti di bisogno di serenità.

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Ricordi d’autrice col botto

Sabato 1° ottobre Mariagrazia Sinibaldi sarà a Osimo, in provincia di Ancona, per presentare il suo piccolo-grande libro “È come vivere ancora. La vera signora del blog”, curato ed edito dall’Associazione Donne della realtà. Alle ore 18, all’Istituto Campana, che così spesso ricorre nei ricordi di Mariagrazia, la giornalista Margherita Rinaldi la accompagnerà lungo la strada dei sentimenti che l’hanno portata, ottantenne, a diventare scrittrice.
Per prepararci a questo appuntamento, pubblichiamo oggi un commento che l’amico Giampiero Masi – accento e cuore ancora marchigiani nonostante i tanti anni a Milano- ci ha inviato qualche tempo fa, dopo aver letto quel che ha scritto la nostra senior blogger in “Bizzarrie delle parole e misteri del dialetto: «Ma el cannò de figo che c’entra?»”.

di Giampiero Masi

Bellissimo pezzo su Osimo. Brava Mariagrazia. Farò girare il link fra i miei amici osimani. Ne saranno contenti. Belle le foto, anche se oggi i posti sono cambiati.

La storia di Boccolino e della battaja del porcu la conoscevo, perché non c’è osimano che possa ignorarla: è una delle poche glorie cittadine e ce ne facciamo vanto più per onta degli anconetani che per ostentazione personale.

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Saravà, perché l’acquarello del cuore non scolorisce

di Luca Bartolommei

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Milano, giovedì 22 settembre, Teatro degli Arcimboldi: Toquinho e l’ensemble di Ophélie Gaillard chiudono il Festival MITO SettembreMusica 2016 (foto dalla pagina Facebook di MITO)

Il palco del teatro degli Arcimboldi è illuminato dalle luci dell’alba, un’alba verdeoro, alba dai colori del Brasile.

L’ensemble di musicisti suona piano, sottovoce, al centro il chitarrista canta dolcemente e sfiora le corde dello strumento con la delicatezza e la precisione che solo chi ha tanta esperienza e tanta anima può avere. Che tocco… Toquinho! Alvorada, appunto, alba, ci viene servita in tutta semplicità, la semplicità del samba vecchia scuola. Cartola ha inciso il brano nel 1974, a 65 anni, ma questa alba magari era un’alba della sua infanzia, con i suoni e le emozioni che possono stare nella testa di un bambino o di un ragazzo, mi piace pensare così.

Eh sì, l’ensemble. Pianoforte, percussioni e batteria, contrabbasso, trombone e violoncello. Violoncello?

Ecco il secondo protagonista della serata. Un violoncello suonato mirabilmente da Ophélie Gaillard, chioma bionda, di rosso vestita e calzata.

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La danza lenta che svela il corpo come opera d’arte

di Giorgia Farace

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Wendy Whelan, prima ballerina nel 1991 del New York City Ballet, è una dei 43 artisti ritratti nella video installazione di David Michalek. L’opera , che si intitola Slow Dancing, illuminerà fino al 9 ottobre, la piazza Bernardino Luini a Lugano

Roma. Sabato pomeriggio. Sto passeggiando per la città con i miei fratelli e mio papà quando, dopo qualche ora di “assenza”, riprendo in mano il telefono e trovo una chiamata di Paola. Non ci siamo mai incontrate fino ad ora e quindi richiamo rapidamente, chiedendomi ad ogni squillo quale possa essere il motivo della telefonata. Mi risponde e poche frasi dopo arriva al dunque:

«Lunedì 19 settembre sono stata invitata alla conferenza stampa per l’apertura della nuova stagione del LAC, a Lugano. Io ho un altro impegno, così ho pensato a te che ami la danza: credo possa farti piacere partecipare».

Mi sono fermata un attimo in mezzo al marciapiede per realizzare: LAC, nuova stagione, presentano l’opera Slow Dancing di David Michalek, artista californiano. Pannelli appesi in tutta la città da qualche settimana lo pubblicizzano. Balletto. Conferenza stampa.

Anche se mi guardasse un passante vedrebbe l’emozione nei miei occhi. «Sì, ci vado! Che onore! Grazie per aver pensato a me, è bellissimo!».

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Nipotina mia carissima, lo sai che quando ero giovane in Italia non c’erano prefette, ambasciatrici e magistrate?

di Rosa Oliva*

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Rosanna Oliva in una foto scattata il 10 settembre, giorno del suo compleanno.

Vorrei tanto che mia nipote e le sue coetanee crescessero in un Paese dove le donne fossero liberate dalla necessità di scegliere tra lavoro e famiglia, tra avere figli e fare carriera.

Cara Irene,

hai nove anni e presto ti parlerò di questa mia lettera che leggerai tra qualche tempo.

Una sera ti dirò del compito che ti voglio affidare per quando tu sarai una donna e io non ci sarò più. Devo trovare l’occasione giusta, magari uno di quei momenti felici in cui stai per addormentarti ed io accanto a te ascolto le tue domande difficili: “Nonna, ci credi in Dio?”, “Nonna, oggi ho sentito una parolaccia” e non hai il coraggio di dirmi quale, poi la pronunci sottovoce per conoscerne il significato, che io ti spiego, dicendoti che sì, le parolacce sono una cosa brutta e vanno evitate.

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Lettera alla nipotina della nonna Grande Ufficiale della Repubblica

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Una “spaziale” novità editoriale: http://www.scienzaexpress.it/ Rosa Oliva, meglio conosciuta come Rosanna, ha fondato la “Rete per la Parità” che tuttora presiede ed è stata nominata da Giorgio Napolitano Grande Ufficiale della Repubblica.

di Monica Marelli e Rosa Oliva*

Quando Irene arrivò davanti al portone, si alzò leggermente sulle punte e premette il pulsante del citofono. Salì le scale rapidamente, nonostante il pesante zaino sulle spalle.

La nonna Rosanna l’aspettava sulla porta: era appena tornata da una riunione in Comune, dove aveva discusso come ottenere l’apertura di un parco pubblico nel quartiere al posto di un centro commerciale.

L’assessore non la finiva più di parlare e Rosanna aveva temuto di non tornare a casa in tempo per accogliere la nipotina. Era in pensione ma il suo impegno per le questioni sociali era sempre presente nella sua vita. Così, dopo aver dato un bacio a Irene e averla aiutata a liberarsi le spalle dal pesante carico, le disse di andare subito a lavarsi le mani perché il pranzo era pronto.

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La prima volta in prima fila alla Scala: un MITO!

di Luca Bartolommei

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Gianandrea Noseda dirige con “bagnata fisicità” la London Symphony Orchestra al Teatro alla Scala di Milano nel concerto inaugurale di MITO 2016 (http://www.mitosettembremusica.it/programma/03092016-2100-debussy-recasted-teatro-alla-scala.html)

Sabato 3 settembre 2016. Data fatidica. Confesso, non avevo mai ascoltato, prima di quella data, musica sinfonica alla Scala.

Inaugurazione del Festival MITO, London Symphony Orchestra, Debussy e Rachmaninov, Gianandrea Noseda sul podio, può bastare?

Non parlerò del programma musicale se non incidentalmente, ma solo delle immagini e delle emozioni che mi sono rimaste dentro.

Prima fila, ebbene sì, prima fila! Gli arpisti, soli sul palco, accordano i loro strumenti. Lei concentratissima, all’arpa di lui si rompe una corda, sostituzione della stessa che neanche il pit-stop della Ferrari è così veloce, entra l’orchestra, tutti accordano, e già quel suono disordinato mi entra dentro.

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«Il piccolo popolo custodito nello scatolone dei libri. I miei libri»

di Mariagrazia Sinibaldi

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Una foto dalla scatola dei ricordi: Mariagrazia Sinibaldi con la nonna Anna a Osimo, in provincia di Ancona. Alla “Giovinezza marchigiana” è dedicatao un capitolo di “È come vivere ancora”, il libro edito dall’Associazione Donne della realtà che Mariagrazia presenterà, con la preziosa collaborazione della giornalista Margherita Rinaldi, sabato 1° ottobre proprio a Osimo, nella specialissima sede dell’Istituto Campana (http://www.istitutocampana.it/)

A pensarci bene, ci sono scatole e scatole, ci sono scatoloni e scatoloni. La casa della signora Vecchiottina, per esempio, era quasi del tutto priva di cassetti (i cassetti a lei, signora Vecchiottina che soffriva di attacchi di claustrofobia, non erano troppo confacenti) ed era, al contrario, sovraccarica di scatole: scatole di tutte le dimensioni. Dalla scatola immensa, quasi un armadio, alle scatoline piccole piccole adatte a contenere una singola monetina e nulla più.

Amava la nostra Signora questi contenitori che potevano essere spostati qua e là, o impilati uno sull’altro, o addirittura sistemati uno dentro l’altro, secondo le  necessità, e che potevano contenere in bell’ordine tutte le cose sue e quelle affidatele da figli e nipoti. Tutte le cose ben divise, secondo la loro funzione, o stagione, e ciascuna scatola aveva la sua bella etichetta indicante il contenuto. Perché la signora Vecchiottina, checché se ne dicesse in giro, amava l’ordine.

Tutto ciò, sopra descritto, era lo stadio iniziale.

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Lourdes

di Rosa Matteucci*

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«Per la miseria di mamma e papà, per la rovina del mulino, per quel pancone di malaugurio, per il vino della stanchezza, per le pecore rognose: grazie, mio Dio». Questa citazione dal Testamento di Bernadette è stata scelta dalla scrittrice Rosa Matteutti come epigrafe per il suo “Lourdes”

Il viaggio corto di Maria Angulema verso Lourdes comincia una settimana prima della partenza, che è fissata di domenica appena pranzo anche se pranzo non ci sarà perché non ci potrà essere, con la prova generale e sommaria delle due uniformi, incluso il velo bianco nonché la berretta da treno, imprestate dall’Ascenzia Pagnottini vedova Pellicciotti, residente a Lugnano in Teverina, impiegata del PRA di Terni, taglia 44. La volontaria Maria Angulema accompagnerà i malati in pellegrinaggio a Lourdes come dama di carità o sorella. Viaggerà sul Treno Bianco.

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Ma che Gender di educazione è questa?

di Roberta Valtorta

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«La gender theory (o ideologia del gender) non esiste poiché non è mai stata teorizzata da nessuno», spiega la nostra Roberta Valtorta in questo interessantissimo approfondimento. Psicologa abilitata, Roberta sta svolgendo il dottorato di ricerca in Psicologia sociale all’università di Milano Bicocca (illustrazione dalla pagina Facebook dell’Associazione Italiana di Psicologia)

Allo stato attuale, una delle prime cose che mi viene in mente se penso alla teoria del gender è la definizione di “confusione” data dal Garzanti: «Confusione [con-fu-ʃió-ne]. Mescolanza disordinata di cose o persone; caos, scompiglio.»

La causa principale di questo mio personale disorientamento immagino derivi dal fatto che, sebbene si parli di “teoria”, la gender theory (o ideologia del gender) non esiste poiché non è mai stata teorizzata da nessuno. L’(ab)uso di tale espressione nasce dalle frange più estreme della destra religiosa per indicare il nemico da combattere, una lobby gay che vuole imporre il proprio stile di vita alla società. Tutto ciò ha del grottesco, soprattutto se si considera che l’espressione “ideologia del gender” non fu usata in origine dalle destre religiose, ma dai loro critici per sottolineare l’attuale asimmetria di potere tra gli uomini e le donne nel mondo occidentale.

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La Tv pubblica tra le censure di Sodoma e le fughe di Gomorra

di Chiara Pergamo

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Chiara Pergamo su Twitter. «Grandi passioni: cruciverba, libri gialli e TV. Tra i miei successi, un marito, tre gatti e un lavoro carino», dice di sé. Oggi, 10 settembre 2016, alle ore 21, Chiara sarà di nuovo su Canale 5, la sua avventura da esperta a protagonista della televisione è infatti tutt’altro che in “Caduta libera”!

Domenica alla messa la Prima Lettura ci proponeva un brano tratto dalla Genesi: la città di Sodoma, rea di gravi peccati ed empietà, rischia di essere distrutta dal Signore, ma Abramo fa da intermediario per difenderne i cittadini onesti e salva gli abitanti della perversa Sodoma. Le interpretazioni storiche e teologiche sono state molte nel corso dei secolo, ma diversi studiosi hanno interpretato il peccato di Sodoma come quella perversione sessuale che ancora oggi chiamiamo “sodomia”, ossia un atto sessuale con finalità non procreativa che offende la morale perché contrario alla natura dell’uomo: è sodomia l’unione con le bestie, il sesso orale e, in quella che oggi è l’accezione più comune, il rapporto omosessuale.

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Il nuovo destino di Tefta tra libertà e pregiudizi: «voi albanesi, brutta razza. Avete anche cacciato via Madre Teresa»

di Tefta Matmuja

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Tefta Matmuja fotografata dal compagno Christian. Quella che vi proponiamo è la seconda parte del discorso che ha tenuto a Roma nel corso dell’International Women’s Workshop for the Right to Education. Nel post precedente, pubblicato il 30 agosto, Tefta ha raccontato la sua formazione scolastica in Albania durante la dittatura

Purtroppo i politici non capirono. Inesperti della libertà e a conoscenza soltanto del potere, non si preoccuparono di migliorare le condizioni economiche del popolo. Il loro impegno era solo nel prendere il potere nel modo più rapido possibile. Ma la gente chiedeva libertà ormai. Non un’altra dittatura che prendesse il posto di quella precedente, anche se insistevano nel chiamarla democrazia. La gente iniziò a soffrire le privazioni economiche ed era impaurita dal fatto che nessun politico sembrava preoccuparsene.

Iniziammo noi. I giovani, la promessa futura classe dirigente e culturale dell’Albania. Licei ed università, tutti in marcia per chiedere che fossero garantiti e rispettati i nostri diritti. Marce pacifiche, scioperi della fame, e le forze che volevano conservare il potere, perché solo a quello erano interessate, cercavano di impedire tutto questo.

Il popolo spinto dalla delusione decise di prendere le armi e di rivoltarsi contro chi aveva promesso democrazia e benessere economico.

Nel 1997 l’Albania dichiarò di essere in piena guerra civile.

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«Pausa! Ci vuole una pausa»

di Luca Bartolommei

animalsLeggo con attenzione il post “Brahms e il respiro” di Sergio Angelo Picchioni e lo sguardo cade, e si ferma, su questa frase: «Certo, amico mio» azzardai allora «del resto nella musica il respiro è tutto, così come nel canto».

Ahhh, il respiro… argomento che mi interessa molto.

Mi piace il respiro dato dalla dinamica del suono, dall’alternanza, dal susseguirsi di piani e forti, pianissimi e fortissimi, crescendo e diminuendo. Il suono che arriva quasi a spegnersi in sussurro, la frase musicale ripetuta a volumi diversi, come fanno i bambini quando non li ascolti con l’attenzione che sempre meritano, e che alla fine urlano.

Dico sempre alle mie giovani allieve e ai miei allievi che la musica è fatta di suoni, sì, di note, va bene, ma anche, secondo me soprattutto, di pause.

Amo le pause. Amo il respiro delle pause.

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