Ave Michela

Testo e foto di Paola Ciccioli

«Della donna kamikaze che ha fatto saltare un autobus non sapremo mai il nome, mentre abbiamo memorizzato perfettamente quello dell’adultera Sakineh minacciata di lapidazione, o quello di Neda, la ragazza iraniana uccisa tra la folla mentre protestava contro la dittatura teocratica nel suo paese. Qualunque sia la variante, la trama del racconto della morte femminile non cambia: con la morte la donna non è mai in un rapporto di protagonismo, ma sempre in quello di passiva conseguenza».

Già da queste poche righe emerge la portata “politica” – ancora una volta dalla parte delle donne – della scelta di Michela Murgia di parlare pubblicamente del cancro che l’ha aggredita e dei mesi che le restano da vivere (qui).

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La peste manzoniana? Tutta colpa del “barbiero” di Bellano

Testo e foto di Paola Ciccioli

La peste manzoniana? Tutta colpa di «un vecchio et ignorante barbiero di Bellano» che sentenziò trattarsi dell’effetto di «emanazioni autunnali delle paludi» lo strano morbo arrivato in queste terre con i lanzichenecchi.

Buongiorno!

Domani 3 maggio 2023 alla Biblioteca Nazionale Braidense viene presentata la mostra Manzoni 1873 – 2023. La peste orribile flagello tra vivere e scrivere, esposizione che rientra nel vasto programma culturale per i 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni, avvenuta a Milano il 22 maggio 1873 (qui).

Le letture che hanno illuminato e confortato il nostro arrivo sul lago mi guidano in un viaggio tra libri e paesaggio (danneggiato) che fa quotidianamente sbocciare nuove curiosità (qui).

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Nuovo fascismo, vecchio odio verso le donne

di Lara Ghiglione e Vanessa Isoppo*

Dalle periferie agli stadi, dalle scuole alle colonie estive: c’è un’Italia neofascista che vive di regole proprie, che usa abiti, linguaggi, tatuaggi e saluti identitari. Un’Italia nera, violenta e giovane che dobbiamo assolutamente imparare a riconoscere, subito.

Se il fascismo va di moda (Futura Editrice 2022).

Foto di Paola Ciccioli

L’espressione di questo disagio ci interroga anche su come viene considerata la donna e sul ruolo che riveste all’interno dei movimenti di estrema destra. Sappiamo, a esempio, che dentro Lotta studentesca le ragazze non hanno il diritto di fare il cosiddetto saluto romano, ovvero di tendere verso l’alto con vigore il braccio destro, atto simbolico di ispirazione fascista a esclusivo appannaggio dei ragazzi, che sono o diventeranno uomini combattenti; alle donne è concesso solamente di prendersene cura. Alle militanti di sesso femminile viene proibito di attacchinare, perché in caso di scontri non sarebbero in grado di difendersi, e vengono convinte a rifiutare i principi cardine del femminismo.

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Bologna per Vincenzina e le altre 84 vittime del tradimento della nostra Costituzione

Testo e foto di Paola Ciccioli

Il 2 agosto 1980 Vincenzina Sala era andata alla stazione di Bologna insieme con il marito Umberto Zanetti perché la loro figlia Daniela stava tornando in treno da Basilea dove aveva subito un intervento chirurgico. Con loro c’era anche Marco, il figlioletto di 6 anni di Daniela, che non vedeva l’ora di riabbracciare la sua mamma.
Quando alle 10,25 scoppiò la bomba, Vincenzina Sala morì all’istante e con lei altre 84 persone. Il bambino rimase ferito così gravemente che il padre, Paolo Bolognesi (qui), lo riconobbe da una voglia sull’addome.

In queste ore è stata depositata la motivazione della condanna all’ergastolo, emessa il 6 aprile 2022, di Paolo Bellini, terrorista di Avanguardia nazionale, il “quinto uomo” della strage neofascista che 43 anni fa insanguinò il capoluogo emiliano e la democrazia italiana.

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Donne in bici per la Libertà

a cura di Paola Ciccioli, con Luca Bartolommei

Al fascismo non piacevano le donne in bicicletta: troppo autonome, non domate, dunque pericolose. Tutti i regimi hanno in odio la libertà, a cominciare proprio da quella delle donne: di ieri e di oggi.
Troviamoci venerdì 14 aprile 2023 (ore 21) al Circolo Arci Pessina di Chiaravalle, Milano: con Luca Bartolommei ne sentiremo delle belle.

L’immagine della locandina è una elaborazione di una scena del film L’Agnese va a morire (qui).

 

Leggi anche:

La Resistenza negli occhi dell’Agnese

Sposa, vita, libertà

Cicliste all’Isola (con stile vario)

#donnabicilibertà #donnavitalibertà #donnedellarealtà #maipiùfascismo #siscrivedonna

«E qual è il mese delle ragazze?»

di Amélie Nothomb

Il 21 febbraio 2023 uscirà in Italia, edito da Voland, Il libro delle sorelle – titolo originale Le livre des soeurs (qui) – dellamatissima scrittrice belga Amélie Nothomb che il 23 e il 24 febbraio parteciperà a due incontri a Napoli e a Firenze: noi la seguiremo nei nostri canali social e vi daremo tutte le coordinate. Intanto le confermiamo la nostra ammirazione con questo breve estratto da Metafisica dei tubi (qui) in cui descrive magistralmente la propria ripulsa verso la discriminazione.

Gattino e “Metafisica dei Tubi” (titolo originale Métaphysique des tubes”) è uscito in Italia nel 2002 per Voland, la casa editrice che pubblica in italiano tutti i libri di Amélie Nothomb, tradotta in tutto il mondo. La foto è di Paola Ciccioli.

Maggio iniziò bene.

Le azalee attorno al Laghetto Verde esplosero di fiori come se una scintilla avesse dato fuoco alle polveri, tutta la montagna ne fu contagiata. Ormai nuotavo in mezzo al rosa acceso.

Di giorno la temperatura non scendeva mai sotto i venti gradi: l’Eden. Stavo quasi per pensare che maggio fosse un mese eccellente, quando scoppiò lo scandalo: i genitori piantarono in giardino un palo in cima al quale sventolava, come una bandiera, un grande pesce di carta rossa che schioccava al vento.

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“Pace”, firmato Wisława Szymborska

di Wisława Szymborska

Precederà i comunicati la gioiosa sirena dei cuori.

Più veloce della luce è la notizia,

più veloce della notizia la fede.

Nelle grida, nei discorsi, nei canti

parole tutte deludenti,

tranne una: finalmente.

Cieche fin qui le notti di città

lanceranno segnali al cielo –

su fino agli astri dell’immensità.

Il lutto strappato alle finestre

sarà calpestato dai passanti

che avanzano disposti in schiere.

Altri correranno fuori di casa

per porgere con una rapida stretta di mano

ai loro cari, a chiunque per strada,

la verità come una cosa –

che l’uomo ha portato alla terra

pace – non spada.

Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1 febbraio 2012)

*La poesia è tratta da Canzone nera (Adelphi, 2022), raccolta di versi composti dalla poeta polacca tra il 1944 e il 1948 e segnati dalla seconda guerra mondiale. Il libro è a cura di Andrea Ceccherelli, traduzione di Linda Del Sarto.

Proprio oggi, 2 febbraio, a Cracovia la Fundacja Wisławy Szymborskiej ha comunicato le iniziative che saranno dedicate nel corso del 2023 alla Premio Nobel per la letteratura 1996. E, come informa in una nota Marzia Spanu, gli eventi ufficiali in Italia sono stati assegnati al Teatro Pubblico Ligure, all’Università di Bologna e all’Università “La Sapienza” di Roma. Li seguiremo in tutti i nostri canali.

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“Il posto” del padre nella scrittura di Annie Ernaux

di Annie ErnauxPremio Nobel per la Letteratura 2022*

«Naturalmente, nessuna gioia di scrivere, in questa impresa in cui mi attengo più che posso a parole e frasi sentite davvero, talvolta sottolineandole con dei corsivi. Non per indicare al lettore un doppio senso e offrirgli così il piacere di una complicità, che respingo invece in tutte le forme che può prendere, nostalgia, patetismo o derisione. Semplicemente perché queste parole e frasi dicono i limiti e il colore del mondo in cui visse mio padre, in cui anch’io ho vissuto. E non si usava mai una parola per un’altra». Annie Ernaux, “Il posto” (L’orma editore, 2014). Foto di Paola Ciccioli.

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Le donne ucraine e la Resistenza della quotidianità

Domenica 24 aprile 2022 per gli ortodossi è Pasqua.

Domani è Pasqua in Ucraina.

La foto inviata dall’Ucraina dei dolci della Pasqua di guerra 2022 (da Giulia Berti via WhatsApp).

«Domani è la Pasqua in Ucraina e anche in Russia.

Lo “zar” ha proibito qualsiasi festeggiamento.

Le figlie di Natalia hanno dipinto delle uova e hanno fatto dei dolci simili alle nostre colombe, colorate con il giallo e l’azzurro della loro bandiera».

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Passeggiate romane nel viale Miriam Mafai

di Paola Ciccioli

Miriam Mafai (Firenze, 2 febbraio 1926 – Roma, 9 aprile 2012)

A dieci anni esatti dalla scomparsa, da domani 9 aprile 2022 un viale del parco di Villa Pamphilj, a Roma, porterà il nome di Miriam Mafai.

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La bambina nello studio di Antonietta Raphaël, «la signora che dava del tu al mondo»

di Patrizia Carrano

Dal nuovo libro della scrittrice, giornalista e sceneggiatrice Patrizia Carrano, La bambina che mangiava i comunisti (Vallecchi, 2022), un estratto dall’ultima parte intitolata “Autunno”. Lo pubblichiamo con il consenso dell’autrice, alla quale vanno i nostri complimenti e il nostro grazie. #siscrivedonna

Patrizia Carrano nella sua casa di Roma con l’ultimo degli oltre venti romanzi che ha scritto nel corso della sua brillantissima carriera (foto di Giliola Chisté).

«Tu bravissima a stare molto ferma. Ancora una piccola mezza ora e io finito miei schizzi. Molto bella tua testa disordinata, con capelli vivi, e piccolo naso che punta la luce. Alza lo sguardo verso vetrata…».

Elisabetta non ha mai visto una signora anziana vestita come Antonietta: pantaloni larghi, maglione lungo, un gilet, i capelli legati da un nastro rosso sulla sommità della testa… Quando è venuta ad aprire la porta aveva una crema bianca sul viso, e ha subito detto: «Credevo arrivavi fra mezza ora, un momento che lavo mia faccia…».

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Piccole donne a Botteghe Oscure

di Paola Ciccioli

La bambina che mangiava i comunisti, il nuovo libro di Patrizia Carrano (Vallecchi), esce giovedì 31 marzo 2022.

Ed è un’avventura che si vorrebbe far continuare a lungo fin dalla dedica: «Per Sara. Ricordando con lei sua madre Miriam Mafai e sua nonna Antonietta Raphaël».

-Sara è la giornalista Sara Scalia.

-Miriam Mafai è la scrittrice, resistente, esponente del PCI, parlamentare e giornalista tra le più autorevoli che la stampa italiana abbia mai avuto.

-Antonietta Raphaël è la pittrice e scultrice di origine lituana, moglie di Mario Mafai, madre di Miriam e nonna di Sara.

Ce n’è in abbondanza per costruire – come ha fatto Patrizia Carrano – un originale affresco della Roma anni ’50, tra baracche e appartamenti ai Parioli, Botteghe Oscure e sezioni di periferia, artisti rigorosamente squattrinati, sublimi poeti ai margini, funzionari e giornalisti, “Paese sera” e “L’Unità”. Una favola vera attraversata con occhi vigili da una bambina secca secca e da una madre sempre impegnata e sui tacchi.

Complimenti, cara Patrizia.

Nell’immagine di Palazzo Merulana, “La fuga”, scultura in bronzo di Antonietta Raphaël (1958), Collezione Elena e Claudio Cerasi, che il museo romano ha dedicato ai profughi dell’Ucraina.

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Il fascismo e la guerra nel “Quaderno” di una sarta

di Paola Ciccioli

La copertina di “La mia Guerra. Urbisaglia nel buio del fascismo” di Edda Moretti. Foto di Francesco Cianciotta. Progetto grafico di Paolo Rusconi – Grafiche Rusconi, Bellano

Edda era una sarta ed era andata a scuola soltanto fino alla quinta elementare. Per molti anni ha pensato che quel titolo di studio non fosse sufficiente per poter raccontare cos’erano stati il fascismo e la guerra per lei, la sua famiglia e il suo paese.
Quando l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi invitò gli anziani a trasmettere ai giovani il ricordo di quel tragico periodo storico, Edda Moretti prese la biro e il taccuino e si liberò della pena che portava nel cuore, ritrovando nello stesso tempo la gioia provata per il ritorno alla libertà dopo la dittatura.

Curato da Donne della realtà Editrice, il “Quaderno” di Edda Moretti è anche un omaggio che i figli dell’autrice – Riccardo, Rossella e Antonella Pagnanelli – hanno inteso fare alla gente del paese natale della loro amata madre, in questo modo mantenendo fede alla sua espressa volontà. Continua a leggere

Finita la guerra, bisognava imparare a non andare a scuola in ciabatte

di Lucia Paciaroni*

Memorie di scuola. Contributo a una storia delle pratiche didattiche ed educative nelle scuole marchigiane attraverso le testimonianze di maestri e maestre (1945 – 1985) presenta la prima ricerca sulla scuola elementare nelle Marche nei primi quarant’anni di Repubblica (eum edizioni università di macerata, 2020). Lucia Paciaroni, studiosa di Storia della Pedagogia, ha rintracciato insegnanti e scolaresche di allora, filmando i loro racconti. Dai quali emerge il ruolo di sostegno anche materiale svolto da maestre e maestri, specie nelle zone rurali e di montagna più povere e isolate. Come si legge in questo estratto che pubblichiamo con il consenso dell’autrice che interverrà nel corso del 2022 a Urbisaglia per #siscrivedonna.

Ha scritto su Facebook Paola Ciccioli, autrice di questo scatto: «E tra le fonti di platino di questo studio di Lucia Paciaroni c’è anche la Maestra Anna Caltagirone, la mia maestra delle elementari, che all’età di 90 anni ha scritto di suo pugno la sua vita per il blog di “Donne della realtà”, diventando poi autrice del libro di carta “La Maestra. Racconti dall’Italia scalza”».

Tra le iniziative più interessanti proposte dagli ex maestri, merita di essere citata quella di Del Giudice che istituì una mensa a scuola:

Queste creature, quelli che venivano al mattino, quando andavano a casa non trovavano niente da mangiare, così come quelli che venivano la sera, non trovavano niente, perché i genitori andavano a lavorare nei campi e quindi praticamente non è che potevano stare a pensare a cucinare, allora magari avevano preso un pezzetto di pane con qualcosa. […] Allora feci in maniera tale che si istituisse una mensa. Trovai tutti contrari, l’ira di Dio, una mensa lì, non c’è una stanza, dove vai a farli mangiare! Allora io mi misi d’accordo con l’ECA, organizzai questa mensa. I banchi erano fatti con il piano inclinato, avevamo fatto un affarino di legno che quando era ora di pranzo lo tiravano su e diventava un tavolinetto. E poi, d’accordo con le famiglie, le famiglie davano il piatto, il tovagliolo, il pane, le posate. Naturalmente il bicchiere anche, se c’era, se no non faceva niente. Quando era l’ora di mangiare tiravano su questo, mettevano la tovaglietta. Un giorno arrivò uno dell’UPAI di Macerata, era il dottor Pennesi. Siccome avevo fatto questa domanda venne lì a vedere un po’ e trovò che stavano mangiando proprio nel momento. «Ma come fai?», mi disse. E io: «Guardi, visto che non c’è niente da fare, se non me lo date voi, c’ho chi me lo dà, va bene?». Il giorno dopo m’arrivò un sacco di roba, i formaggi, quelli che davano con gli aiuti americani, erano barattoli lunghi così, grossi in questa maniera con il formaggio, poi c’era una specie di nutella. […] Una specie di mortadella, sempre dentro scatole di latta. Allora, la pasta si cuoceva da una famiglia lì, la portava a 10 metri di distanza, va bene, quindi veniva bella calda, così mangiavano quelli del mattino e quelli del pomeriggio che erano arrivati. Quindi tutti avevano la loro mensa. E questo fino a quando sono stato lì è andato bene.

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Elisabetta, “La bambina che mangiava i comunisti”

di Paola Ciccioli

Sembrerebbe ormai assodato che i comunisti non mangiano i bambini. Anche perché quelli che avevano in tasca la tessera del Pci non ci sono più per conclamata estinzione del Partito, fondato nel 1921 e sciolto nel 1991. In mezzo ci sono passaggi cruciali della storia politica e culturale italiana, che adesso ci vengono restituiti attraverso la sguardo di una bambina. Una bambina piccola e curiosa che, al seguito della madre, a Roma si intrufola nelle riunioni dei grandi e ne osserva le crisi, conosce gli artisti che sanno quali sono le osterie dove mangiare senza pagare, vede ingrossare attorno a sé il fiume delle aspiranti celebrità.

La piccola si chiama Elisabetta ed è la protagonista del nuovo libro di Patrizia Carrano, “La bambina che mangiava i comunisti”, in uscita ad aprile per Vallecchi.

Autrice di venti romanzi, tradotta in cinque lingue, sceneggiatrice, commentatrice per un ventennio del Festival del cinema di Venezia su Rai1, Patrizia Carrano vive e pratica l’amore per gli animali e in questa foto, che ho avuto da lei, è con Willy, purosangue che la scrittrice e giornalista definisce «il principe della mia allegria».

Patrizia Carrano con il suo “principe”, Willy (foto dall’archivio della scrittrice)

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