di Sergio Angelo Picchioni*

Fulvio Luciani (violino) e Massimiliano Motterle (panoforte) nelle foto di Dario Menia. Il duo suonerà musiche di Schubert, Brahms e Ravel a Milano il 5 e a Torino il 6 settembre nell’ambito di MITO, che quest’anno ha come filo conduttore il tema “Padri e figli” (http://www.mitosettembremusica.it/it)
Lo rividi poi casualmente dopo molti anni, in Italia dove ora insegnavo, durante un concerto al teatro comunale di Bologna. Era seduto alcune file di poltrone davanti a me, e mi dovetti quasi sforzare per riconoscerlo, tanto che se ben ricordo fu proprio lui, voltandosi, che mi salutò per primo.
Lo avvicinai più tardi, durante l’intervallo, e mi sembrò veramente cambiato. Fu come sempre molto gentile, e come se ci fossimo lasciati il giorno prima intavolò subito un complicato discorso sulla musica romantica, sul rapporto con la letteratura, e su come si sarebbe dovuto suonare il violino. Secondo lui, molto spesso, gli archi stridevano. Per tutto aveva le sue idee, e non si poteva far altro che ascoltarlo.
«Brahms, mio caro, ah Brahms, hai sentito che quartetto… con il suo respiro… sì vedi… perché di fatto la frase musicale di Brahms si può veramente ascoltare respirando a pieni polmoni, giù e su con il petto, attraverso le note, le legature, le forcelle di piano e poi di forte, insomma respirando con lui, in un crescendo che ti porta a fremere di eroismo e ti gonfia il cuore di passione…».
Sembrava rapito da quel pensiero. Come ispirato continuò a voce sempre più alta, quasi declamando.
«Nel secondo movimento, ad esempio, non hai sentito un respiro represso che poi esplode, quasi accompagnato da un grido, non so se di disperazione o di… non so, forse di… di liberazione… forse».
Alcuni presenti si erano fermati addirittura, incuriositi. Lo presi quindi prudentemente per un braccio, e sembrò tornare alla realtà. Lo guardavo intanto, e annuivo, anche se non capivo molto bene ciò che volesse dire. Come, del resto, mi ricordai subito che accadeva in passato. Amavo certamente molto Brahms, ma non l’avevo mai considerato dal punto di vista del respiro.
«Certo, amico mio» azzardai allora «del resto nella musica il respiro è tutto, così come nel canto».
Mi guardò di traverso, sollevando le sopracciglia e con un certo sussiego, come se avessi detto una madornale baggianata, ma poi mi sorrise e mi prese sottobraccio.

Un profilo di donna disegnato da Sergio Angelo Picchioni: «Piccolo schizzo come al solito improvvisato un giorno in trattoria»
«Lasciamo in pace la musica, che è pur sempre la manifestazione più pura dello spirito umano» disse ormai del tutto calmo, e credetti veramente, con un certo sollievo, che volesse cambiare discorso. E invece sembrò che la parola musica lo risollevasse nuovamente in quel suo mondo di trasognanti verità assolute.
«La musica… la musica…, ma hai mai pensato a che cosa corrisponde la musica?»
«A cosa?» feci io arrovellandomi la mente per trovare una risposta geniale.
«A nulla!» esclamò lui quasi infastidito dalla mia insipienza «assolutamente a nulla. È questa la sua grande forza, la sua immensa superiorità su tutte le attività immaginative dell’uomo. Non assomiglia a nulla, ed è sgorgata dal nulla. Questa è la verità. È quasi piovuta dal cielo come una stilla di etere, un frammento di quel suono eterno dei cieli di cui parlano Platone e Dante, melodica e armoniosa allo stesso tempo quasi fosse costruita su due divini assi cartesiani che solo in essa trovano una loro magica fusione. Questa è la musica, mio caro, e solo pochi eletti hanno l’innata frequenza per captarne le vibrazioni, le onde, le note, sospese chissà dove, e addirittura confuse, e tutte lì, già presenti, basta solo saperle carpire, tanto che Bach stupisce talvolta come Chopin, e Mozart ti suona come Beethoven o Schumann. Misterioso!»
E tornò a fissarmi. Rividi allora i suoi occhi verdi, indagatori, e mi ricordai improvvisamente dei bei giorni passati insieme, passeggiando e discutendo. Mi venne quasi la voglia di ricominciare, di proporgli ulteriori incontri, e stavo per chiedergli anche della sua vita, dei tanti perché che lo circondavano, ma mi trattenni e stetti al gioco.
«Indubbiamente la musica, quella vera, la classica intendo, è un prodotto straordinario… affascinante… ma…» esitai guardandolo fisso «ma anche la pittura, la scultura, l’architettura, insomma tutte le arti sono…»
Mi interruppe bruscamente.
«Le altre arti? A me lo dici, che non ho fatto altro che scarabocchiare per tutta la vita grandi fogli di carta alla ricerca di immagini fantastiche, spinto dalla necessità di individuare in un groviglio di linee una forma umana, che ho seguito con la matita le curve di un corpo, che ho adorato e adoro il disegno e la pittura, che ho imitato per istinto i pittori da muro. Certo che anche le altre arti sono espressioni grandiose. Ma non è questo che volevo dire. Se ci pensi ogni arte ha un raffronto, più o meno riconoscibile. La pittura si rifà alle forme della natura, così come la scultura che si ispira al corpo umano o animale, e la stessa architettura può aver preso a spunto la forma della caverne, insomma tutte le arti hanno avuto un modello. Meno che la musica».
«E il frusciare delle foreste, o il gorgoglio dei ruscelli, e lo stesso sibilo del vento attraverso le canne, o il canto degli uccelli, non possono essere stati dei modelli musicali? E Messiaen…?»

La soprano e direttrice d’orchestra Barbara Hannigan (©Musacchio & Ianniello). «Il cielo le ha donato una voce meravigliosa. Lei non si è accontentata: ha voluto prendere in mano la bacchetta. Così ora dirige l’orchestra cantando»: a Torino si esibirà oggi, mentre a Milano domani 4 settembre al Conservatorio (http://www.mitosettembremusica.it/)
«In un certo senso sì» assentì lui «a parte il fatto che Messiaen… lui.. lui non era mica un musicista, secondo me, era…era un uccello» e bofonchiò ridendo, forse compiaciuto della battuta. «E poi è come dire che la matematica è nata perché l’uomo è fornito di dieci dita della mano e altrettante dei piedi. Sarà anche vero, ma il passo fra i piedi e le equazioni è veramente troppo lungo».
Speravo proprio che quella seduta di inoppugnabili dogmi estetici fosse finita, e feci l’atto di salutarlo. L’intermezzo era terminato, e il concerto sarebbe ricominciato in qualche minuto.
*Un inedito del professor Picchioni, un altro dei suoi doni per noi e una cornice perfetta per presentare la decima edizione di MITO SettembreMusica, il Festival internazionale che – dal 2 al 22 settembre – a Milano e a Torino offre 160 concerti, attraversando 800 anni di musica. (p.c.)