Uga Seghetta, per tutti Ughetta (Urbisaglia (MC), 19 gennaio 1925 – 24 febbraio 2012). La foto è stata scattata da Francesco Cianciotta e fa parte della mostra “Radici” ideata da Paola Ciccioli e visitabile presso la Casa di riposo di Urbisaglia, nelle Marche
Uga Seghetta, da tutti conosciuta come Ughetta, era una persona amabile, almeno lo era per me.
Era una donna di bella presenza, alta, snella e credo che amasse curarsi, visto che anche avanti con l’età, metteva il rossetto.
Io l’ho conosciuta, non bene ma tanto quanto basta per avere un’idea del suo carattere forte e determinato.
Here is the big jellyfish created by Giuliana Bellini, an artist who is very dear to me, for two reasons: the first one is that her studio gives onto the same courtyard I automatically overlook when smoking a cigarette. The second one is that Giuliana creates imaginative installations often using recyclable materials. As it happened in the case of this jellyfish with optical fibre tentacles and the body totally covered with a huge number of small strips made out, thanks to a patient use of a pair of scissors, of some mineral water bottles. By passing through Giuliana’s hands and imagination, a polluting piece of garbage – the water bottle normally destined to the recycling bin – got transformed into some kind of light lace that she eventually ennobled by illuminating it from the inside.
«Vola alto alla luce della luna», canta Bob Dylan nella sua canzone Jokerman (termine intraducibile che si avvicina a “buffone”). Da Jokerman a Jokerman, da Premio Nobel per la letteratura 2016 (Bob Dylan) a Premio Nobel per la letteratura 1997 (Dario Fo). Nel video Dylan fa un omaggio alla bellezza e alla creatività universale, compresa quella che ha portato gli astronauti dell’Apollo 11 sulla luna. «Buzz Aldrin sulla Luna. Il riquadro mostra il riflesso sul suo visore, che permette di distinguere Neil Armstrong ed il modulo lunare – Credits: NASA» (immagine da http://it.ibtimes.com/)
Standing on the waters casting your bread
While the eyes of the idol with the iron head are glowing.
Distant ships sailing into the mist,
You were born with a snake in both of your fists while a hurricane was blowing.
Freedom just around the corner for you
But with the truth so far off, what good will it do?
Jokerman dance to the nightingale tune,
Bird fly high by the light of the moon,
Oh, oh, oh, Jokerman.
I. La Ragione vuole (anche a costo di sembrare incivile) che le donne (nubili, maritate o vedove) non ficchino mai il naso in un libro, né impugnino mai una penna.
Luca Bartolommei con un suo simpatico allievo durante le quattro settimane al Centro Vismara-Don Gnocchi di Milano. «Dopo la musica un autoscatto in relax totale. Il maestro è molto slow, la linguaccia molto fun»
Le giovanili del Milan si allenano e giocano in via dei Missaglia, al centro Peppino Vismara, bellissimo complesso situato nei campi, ma proprio nei campi, roggia inclusa, vicino al Ronchètt di rann. Nel comprensorio è situata anche una struttura della Fondazione Don Gnocchi, dove si svolgono tutte le attività, a cominciare dalla riabilitazione, per cui a Milano è conosciutissima.
A luglio ho partecipato al centro estivo organizzato per bambini e ragazzi della zona che si è tenuto al Vismara svolgendo, come “tecnico”, la mia opera di insegnante di chitarra insieme alla collega musicista Maria Elisa (in quel periodo eravamo entrambi collaboratori dell’Associazione Musicaingioco) e a una decina tra educatori ed operatori di Special Olympics Lombardia e della cooperativa lo Scrigno. Fin qui nulla di particolare, sono quasi dieci anni che insegno a giovani e giovanissimi.
Fondazione Cineteca Italiana (1947–2017) festeggia i suoi 70 anni con una serie di inziative, tra le quali un concorso di cortometraggi di produzione nazionale che hanno come soggetto il concetto di tempo. Il concorso si articola in due sezioni: una per cortissimi della durata di 70 secondi, l’altra per corti della durata di 7 minuti. Il modulo di iscrizione deve essere compilato entro e non oltre il 30 luglio 2017 (www.cinetecamilano.it) Immagine dal film “Hugo Cabret” di Martin Scorsese, con un grazie all’ufficio stampa di Fondazione Cineteca Italiana
Le origini della Cineteca italiana affondano negli anni trenta, quando alcuni giovani appassionati di cinema, spesso futuri registi (Luigi e Gianni Comencini, Alberto Lattuada, Luciano Emmer, Luigi Rognoni) si raccolgono intorno a Mario Ferrari, poi scomparso prematuramente, cominciano a salvare vecchie pellicole dal macero e a organizzare proiezioni di film. Queste, dal 1936, diventano pubbliche, in sedi che vanno dal Cineguf presso l’Anteo di via Milazzo a un’ex macelleria nei pressi di via Farini.
Grazie a loro, nel 1940 i milanesi possono vedere per la prima volta La grande illusione di Renoir, inviato clandestinamente da Parigi da Henri Langlois della Cinémathèque Française. Durante la guerra il patrimonio della futura cineteca, che comprende pellicole condannate dal nazismo come L’angelo azzurro, trova rifugio a Vaprio D’Adda, nella cascina di un parente di Lattuada.
«Iris Apfel nata Barrel (New York, 29 agosto 1921) è un’imprenditrice e interior designer statunitense riconosciuta dalle cronache specializzate come icona di stile» (it.wikipedia.org/)
Di recente, per motivi di lavoro, mi è capitato di prestare attenzione ad alcune pubblicità trasmesse dalle reti televisive del nostro Paese. Una delle prime cose che mi ha colpito è la quasi totale assenza del mondo over 70; è un’assenza quasi totale perché qualcuno in effetti c’è, ma è inutile negarlo: la presenza degli anziani nella nostra televisione, almeno nella fascia oraria dalle 21 alle 22, è prevalentemente limitata a ricordarci – tra incontinenza, problemi acustici e dentiere traballanti – quanto il corpo, con il passare del tempo, attraversi un inevitabile decadimento.
Suzanne Vega sarà in tour tra NY City e Regno Unito nell’autunno 2017: 14 date per celebrare il trentesimo anniversario di Solitude Standing, che contiene il singolo “Luka”, e il venticinquesimo di 99.9F, che verranno eseguiti integralmente (http://www.suzannevega.com)
My name is Luka,
I live on the second floor,
I live upstairs from you,
Yes, I think you’ve seen me before.
If you hear something late at night,
Some kind of trouble, some kind of fight,
Just don’t ask me what it was.
I think it’s because I’m clumsy,
I try not to talk too loud,
Maybe it’s because I’m crazy,
I try not to act too proud.
They only hit until you cry,
And after that you don’t ask why,
You just don’t argue anymore.
Yes, I think I’m okay,
I walked into the door again,
If you ask that’s what I’ll say
And it’s not your business anyway.
I guess I’d like to be alone,
With nothing broken, nothing thrown.
Just don’t ask me how I am.
My name is Luka,
I live on the second floor,
I live upstairs from you,
Yes, I think you’ve seen me before.
If you hear something late at night,
Some kind of trouble, some kind of fight,
Just don’t ask me what it was.
They only hit until you cry,
And after that you don’t ask why,
You just don’t argue anymore.
(Suzanne Vega – Luka – Album: Solitude Standing, A&M, aprile 1987)
Una bella chitarra acustica, power chords, poche battute di introduzione e Suzanne Vega comincia a raccontarci di Luka, il bambino, quanti anni avrà… 9 o 10 non di più, che abita al secondo piano, giusto sopra di noi. Sì, quello un po’ goffo, un po’ schivo, non una teppa sfrontata come ne vediamo tanti, a volte sembra triste.
È vero che ogni tanto anche noi sentiamo che da lassù (ma è poi così tanta la distanza? Forse sì, forse è meglio che sia tanta) arrivano rumori, urla, ogni tanto vola pure qualcosa, ma poi tutto passa e torna il silenzio, almeno si può dormire in pace.
In fondo, le liti fanno parte della vita familiare, e poi ci sono momenti in cui i ragazzi te le tirano proprio fuori, e poi, e poi, e poi arriva il giorno che Luka ci parla. Si presenta, non possiamo più salutarlo in fretta con un «ciao, tutto bene?», non possiamo più evitare quello sguardo, dobbiamo fermarci, guardarlo e ascoltarlo. Particolare non da poco, uno dei nostri figli è con noi.
TRADUZIONE DEL TESTO DELLA CANZONE
La cantautrice americana Suzanne Vega
Mi chiamo Luka,
abito al secondo piano,
vivo sopra di te,
si, penso che tu mi abbia già visto.
Se senti qualcosa di notte, tardi,
qualcosa che non va, come se ci fosse una lite,
non chiedermi cos’è stato.
Penso che sia perché sono impacciato,
cerco di non parlare a voce troppo alta,
forse è perché sono pazzo,
cerco di non sembrare troppo arrogante.
Ti picchiano solo finché piangi,
dopodiché, tu non chiedi perché,
semplicemente, non discuti più.
Sì, penso di stare bene,
ho di nuovo attraversato quella porta,
ecco cosa dirò se me lo chiederai,
e, in ogni caso, non sono fatti tuoi.
Sì, mi piacerebbe stare solo,
con nulla che viene rotto,
nulla che viene lanciato.
Solo, non chiedermi come sto.
Mi chiamo Luka,
abito al secondo piano,
vivo sopra di te,
si, penso che tu mi abbia già visto.
Se senti qualcosa di notte, tardi,
qualcosa che non va, come se ci fosse una lite,
Non chiedermi cos’è stato.
Ti picchiano solo finché piangi,
dopodiché, tu non chiedi perché,
semplicemente, non discuti più.
Ogni tanto sentiamo… Ciao, tutto bene… OGNI TANTO? TUTTO BENE? Minga tropp, verrebbe da dire, e intanto guardiamo il nostro, o la nostra, Luka sapendo che, come chiuderemo la porta di casa nostra dietro di noi, ci farà qualche domanda, perché i bambini fanno domande, eccome.
Domande su altri o altre Luka, magari scopriremo che addirittura ne conoscono un paio.
E non lo sapevamo. Storie da secondo piano. Non nostre, storie di altri.
La canzone non dura molto, non fa perdere molto tempo, quindi, dopo averla ascoltata insieme, tra l’altro anche il video è carino, mettiamoci tranquilli e proviamo a dare delle risposte.
Suzanne Vega, intanto, ci saluta con la sua bella voce e con la chitarra che va a chiudere il brano con un classico finale rallentato. Prendiamo un bel respiro e…
Giuliana Bellini a travaillé pendant près d’un an à la réalisation de sa “Medusa” (“Méduse” – cm 120x120x330). L’oeuvre a également été exposée à la Biennale d’art contemporain de Brescia
Voici la grande méduse crée par Giuliana Bellini, une artiste qui m’est particulièrement chère. Pour deux raisons: la première est que son atelier donne sur la même cour au-dessus de laquelle je me penche systématiquement pour fumer mes cigarettes. La seconde est que Giuliana crée des installations féeriques en se servant souvent de matériaux de récuperation. Comme dans le cas de cette méduse aux tentacules en fibre optique avec le corps recouvert d’innombrables bandelettes découpées, grâce a un patient usage d’une paire de ciseaux, dans des bouteilles d’eau minérale. Dans les mains et l’imagination de Giuliana, un déchet polluant – la bouteille d’eau destinée à la poubelle – se transforme en une espèce de dentelle legère qu’elle ennoblit par la suite en l’illuminant de l’intérieur.
Mariagrazia Sinibaldi fotografata dal figlio Francesco Cianciotta alla presentazione del suo libro al Palazzo Campana di Osimo (Ancona). Un grazie particolare da parte dell’Associazione Donne della realtà, che ha curato la pubblicazione della raccolta dei post della nostra senior blogger, va a Raimondo Orsetti, presidente della prestigiosa istituzione marchigiana
«È come vivere ancora». Io direi invece: «È come leggere la prima volta». Ho letto il libro e poi riletto e mi è parso, ogni volta, come la prima! In piscina fra l’erba, in auto, durante il tragitto per l’ufficio, nel silenzio della sera… lo porto ancora in borsa, maneggevole, colorato…
Il libro si beve come acqua fresca e leggera di fonte che ti disseta ma ne vuoi ancora. Chissà, forse di Mariagrazie ce ne sono poche, il Signore la benedica e la conservi! Un patrimonio, una ricchezza, come avere un tesoro in cassaforte, un pezzo di storia a due gambe, queste sono le signore “vecchiottine” come lei.
La tomba di Franca Rame (Parabiago, 18 luglio 1929 – Milano, 29 maggio 2013) in uno scatto di Sandro Bizzarri al Cimitero Monumentale di Milano, poco tempo dopo la morte dell’attrice. Oggi se n’è andato anche Dario Fo (Sangiano, Varese, 24 marzo 1926 – Milano, 13 ottobre 2016). Si potrà rendere omaggio al Premio Nobel per la letteratura oggi 14 ottobre nel foyer del Teatro Strehler dove è stata allestita la camera ardente (dalle 9,45 a mezzanotte) e domani dalle 8,30 fino alle 11, quando il corteo partirà per accompagnare l’artista in piazza del Duomo per i funerali laici https://www.piccoloteatro.org/
Venezia in un bellissimo scatto dall’album Facebook di Giuseppe Cozzi. Il fotografo di Legnano è coautore di “Il Bel Paese. Luoghi e genti d’Italia” della collana dell’Afi (Archivio Fotografico Italiano). Il libro è stato presentato ad Arles, la città francese che a luglio si trasforma in una immensa galleria per il meglio della fotografia di tutto il mondo
Maria Grazia Iannone ha studiato all’università di Milano e svolge, con passione, la professione di infermiera. Questo nuovo consiglio di lettura arriva in un momento particolare perché, come ha scritto anche su Facebook (da cui proviene questa foto), ha deciso di sposarsi con il suo Valerio e metter su casa: auguri!
La storia di Amore e Psiche è descritta come la favola nella favola. È inserita nel libro di Apuleio “L’asino d’oro” e costituisce essa stessa un racconto a sé stante.
Nella favola, Psiche compie un chiaro percorso di crescita. Inizialmente non ha alcun merito a parte quello di essere eccezionalmente bella. Questa caratteristica non si dimostra del tutto positiva perché le impedisce di trovare marito e attira sulla fanciulla le ire di Venere, dea della bellezza che si sente defraudata dei riti a lei dovuti.
(La torre altissima da cui Psiche si vuole gettare le parla).
Non lontano da qui si trova Sparta, una bellissima città dell’Acaia. Ai confini di essa devi cercare un promontorio di nome Tenaro, che si trova in un luogo nascosto e fuori mano. Lì si trova una spaccatura che porta al regno degli Inferi, e attraverso le sue porte spalancate si intravede un cammino inaccessibile. Tu supera la porta e avviati per quella strada; arriverai attraverso questo cunicolo alla reggia dell’Orco.
Ma non dovrai andare là, in quelle tenebre, a mani vuote: porta in entrambe le mani una focaccia d’orzo impastata con vino e miele, e mettiti in bocca due monetine.
Angela Giannitrapani fotografata la scorsa estate a Marsala dove ha emozionato la città natale raccontando la genesi del suo “Quando cadrà la neve a Yol. Prigioniero in India” (Tra le righe libri, 2016)
Che fare quando si trova una lettera, un biglietto, il diario di una persona che non vive più? Si va a sbirciare, naturalmente. Poi si rilegge con più attenzione e si annodano o si spezzano dei fili. E sorge il problema di cosa farne: far finta di niente e tenerlo per sé, passarlo ad altri, riseppellirlo là dove lo si è trovato?
A me è capitato. Con i diari di guerra e prigionia di mio padre. Li ha trovati mia sorella e non ha esitato a mostrarmeli. Li abbiamo letti: lei quasi subito, con grande determinazione. Io ho impiegato dieci anni prima di cominciare a leggerli.