Pink Floyd, il lato oscuro di quelle trenta sterline a Clare Torry

Testo e foto di Luca Bartolommei

Mezzo secolo dalla pubblicazione di un disco dei Pink Floyd che si può definire, come pochi altri, storico. The Dark Side Of The Moon.

Ogni parola che si scriva o si dica sui Pink Floyd suscita polemiche. Il fatto mi sfinisce e chiedo a chi legge di evitare di farlo. Troppa noia mi deriva dai sotuttoìo, dai biografi, dagli esegeti, da chi conosce perfino quale dentifricio usasse Nick Mason nel 1970 e quanti, e se, ne abbia cambiati nel corso degli anni. Se poi si comincia a parlare di David Gilmour entriamo in un girone più che infernale da cui non si esce vivi. Questo è un post tipo “Astenersi perditempo” (e rompiballe). Ciò premesso, nel mese di marzo del 1973 (e anche qui non facciamola tanto lunga) veniva pubblicato l’ottavo album dei Pink Floyd dal titolo The Dark Side Of The Moon. Continua a leggere

Nella Milano di Colaprico il giallo si tinge di rosa

di Luca Bartolommei

«Ho letto un libro!»
«Cos’è che hai letto?»
«Ho letto un libro, un giallo, insomma un noir… »
«Ah beh… sì beh… ah beh… sì beh…»
Non so perché ma mi è venuto di iniziare così a parlare e scrivere di Requiem per un killer, l’ultimo libro di Piero Colaprico, pubblicato nella collana Narratori di Feltrinelli.

Vado alla presentazione in piazza Piemonte, ascolto Piero che parla (poco) e la Sarah Stride che quasi lo accompagna cantando. Marònn’ che voce, che stile!!! A Milano poche come lei, fidatevi.
Accatto il libro, perdo il treno delle 19.20 perché mi necessita (lo voglio, orcocan!) l’autografo dell’autore ma a far la coda siamo tanti, e torno a Bellano. Leggo sul treno, comme d’habitude.

Subito una sensazione strana mai provata, e questo vuol dire che frequento pochi scrittori e leggo pochi dei loro libri, perché non sto leggendo ma è come se stessi ascoltando la voce di Piero Colaprico, e la faccenda mi piace e riesco anche a vedere le espressioni del suo volto mentre racconta. Continua a leggere

David Crosby, la sua voce nel mare

di Luca Bartolommei

David “The Croz” Crosby ci ha lasciati giovedì 19 gennaio all’età di 81 anni. Ha chiuso gli occhi a Santa Ynez CA dopo una lunga malattia. Foto Getty Images

Ecco una morte che mi ha colpito.

His death truly touched me.

Era conscio della malattia, sapeva che non sarebbe durato molto ma ha voluto cercare fino alla fine di comporre musica, magari anche di salire di nuovo su un palco con una delle sue chitarre (alcune bellissime davvero) e cantare, e suonare.

La sua voce era molto morbida, mi piaceva come armonizzava, mi piacevano i suoi testi sognanti e rarefatti, così come quelli più duri e anche a volte crudi.

Ci ha regalato tante belle cose dai tempi dei Byrds in poi, una su tutte “If I could only remember my name” dove ha riunito il meglio del meglio di Laurel Canyon e dintorni per registrare dei brani spettacolari. Ascoltatevi (qui), ad esempio, “Laughing”.

Al timone del suo Mayan, uno spettacolare schooner di 59 piedi (ma c’è chi dice 74) ha navigato per più di 40 anni. Molte canzoni sono nate tra i legni e le vele di quella imbarcazione che è stata sempre anche un rifugio dove poter accogliere gli amici più cari.

Un po’ di ricordi, dai! 4 way street col testo e gli accordi di Triad, Guinnevere (qui), Long time gone, Cowboy movie, Wooden ships col suo (di David) finale che si dissolve, forse, in mare. Mah.

Io l’ho sempre visto come persona gentile, ottimista, non molto attivista, non violento, molto “fatto”, pacifista, insomma un vero hippy da sempre e fino alla fine. Uno dei personaggi-simbolo di quegli anni, e poi tutti li chiamavamo i Crosby quasi dimenticandoci di Steven Stills, Graham Nash e Neil Young.

Una sua frase che ricordo spesso è una riga di Long time gone che dice “… ma tu sai che l’ora più buia è sempre, sempre appena prima dell’alba…

Ciò detto chiudo salutando David Crosby con due parole della sua The lee shore (qui), brano che parla proprio di barche a vela, isole del Caribe, marinai e tramonti che hanno il profumo della cena…

… But perhaps I’ll see you the next quiet place, I furl my sails.

Grazie e addio David Crosby, sei uno di quelli che mi mancherà tanto.

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“Milano tra inferno e paradiso”

di Luca Bartolommei

Questa la locandina distribuita dalla questura relativa allo spettacolo “Milano tra inferno e paradiso” di Piero Colaprico. Il 3 e 4 dicembre prossimi ci faranno uscire dalla prigione di Folsom per cantare, suonare e recitare, ma sotto scorta. Poi ancora tutti dentro. Le foto segnaletiche del Pelé e di Luca Bartolommei le ha scattate il soprasottintendentegenerale Marco Morona, che salutiamo.

E così ci hanno blindati tutti e fotografati “in quel di Filangieri al numer duu”… Usciremo però per lo spettacolare spettacolo “Milano tra inferno e paradiso” di Piero Colaprico. Nel senso che sarà proprio la nostra banda, boss incluso, a cantare, recitare e suonare. Saremo nello splendido ambientino del Teatro Gerolamo di Milano, in piazza Beccaria (vi ricordate i “calzett de seda cont la riga nera”?) ecco, proppri lì, arent al comand dei ghisa…

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“Alle giostre Garibaldi”

Ecco la copertina del nuovo demo-album. Nella foto di e con Paola Ciccioli, Gattone e il suo ghost-writer stanno scrivendo il testo, magari anche la musica, di qualche canzone di quelle che potrete scaricare dalla piattaforma digitale Bandcamp.

di Luca Bartolommei

Dal mio profilo Facebook, ieri 22 novembre, tarda serata.

“Scrivevo stamattina di coincidenze. Bene, tra il quarto anniversario della prima suonata in strada, la prima canzone scritta, Santa Cecilia, il 22.11.22, succede che una decina di minuti fa io abbia pubblicato sulla piattaforma Bandcamp (ringrazio pubblicamente l’amico Musicist. Card. Giulio Cozzuto, lui sa perché) il primo pezzo del nuovo album-demo. Si intitola “La giostra de Milan”, conterrà 11 brani alcuni dei quali scritti come al solito insieme a Paola Ciccioli che ha anche scattato la foto di copertina. Li caricherò un po’ alla volta, ma in fretta, così per le amiche e i miei amici, ma anche per chi mi sopporta poco (ghe mancaria), sarà una grande soddisfazione poter acquistare l’intero album.

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MITO, “Luci” su due città

di Paola Ciccioli

La compositrice Grace-Evangeline Mason

MITO, il grande Festival musicale che trasforma due città – Milano e Torino – in un unico auditorium, inizierà quest’anno il 5 settembre al Lingotto e il giorno successivo al Teatro alla Scala con la Philarmonia Orchestra: “Luci immaginarie” il titolo del concerto inaugurale diretto da John Axelrod, musiche Edvard Grieg, Nikolaj Rimskij-Korsakov e della compositrice britannica Grace-Evangeline-Mason, 27 anni, della quale verrà eseguita per la prima volta in Italia “The Imagined Forest” di cui parla lei stessa nel video che pubblichiamo.

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La nuova primavera di Maddalena Casulana

di Daria Perocco*

La città di Bergamo le ha dedicato una strada a Borgo Palazzo. BBC Radio 3 ha festeggiato quest’anno la Giornata internazionale della donna con i suoi madrigali. A fine aprile la sua musica è stata eseguita in un concerto itinerante con Marco Pardini nella Villa Reale di Marlia (Lucca). Elena Casella, direttrice del coro milanese ViadelCanto, l’ha inserita nel programma del concerto di sabato scorso nel Santuario del Santo Crocefisso di Tradate (Varese). E martedì 24 maggio 2022, “Chitarre in trio” eseguirà musiche della prima compositrice pubblicata della Storia nella Villa Tesoriera di Torino. Da parte nostra, celebriamo il genio di Maddalena Casulana con un estratto del saggio «… più di quello che a professione donnesca conviensi» Donne (e musica) nel Cinquecento veneziano di Daria Perocco, docente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che ringraziamo per l’autorizzazione alla pubblicazione. 

Nel Cinquecento non sono poche le figure femminili di cui ci è stata tramandata memoria che conoscevano bene l’arte del canto e del far musica: tra tutte basti ricordare la Barbera, la «cantatrice» per la quale Machiavelli scrive le canzoni da cantarsi fra gli atti della Clizia e della Mandragola, alcune delle quali sono state musicate da Philippe Verdelot.

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El Pelé el va in television

di Luca Bartolommei

Esterno dopomezzdì. La via della Chiesa Rossa è già diventata via Pavese e il naviglio ci scorre accanto. Siamo a Rozzano Vecchio. Il Pelé è lì, al centro della ringhiera, seduto, stringe amorevolmente tra le mani il suo tollòfono, che quando ha fretta di scaricarlo dalla macchina chiama semplicemente tollòn, così come quando lo cerca dopo qualche concerto “ohei, dov’e che l’è el tollòn, l’è no che me l’hann ciollaa?“. Finora non è successo. Quel bizzarro strumento lo segue da una vita, ha subito modifiche ed evoluzioni nei materiali, l’ultima versione, ad esempio, ha addirittura le lucine multicolori in cima al manico, volendo anche a intermittenza.

L’intervista di Enrico Rotondi, firma storica del TG3 lombardo, a Giancarlo Peroncini comincia proprio con qualche domanda sul tollòn. Sì, perché domani mattina, mercoledì, il Pelé sarà in television, in su la Rai, e ci sarò anch’io.

Il nostro amico Giovanni Manzari, dialettologo-ricercatore-organizzatore di incontri e altro, è anche lui lì a montar la guardia nell’attesa dell’evento e condivide con poca fatica e molta partecipazione di papille e ganasce il bendiddio che la Rosanna (moglie del Pelé) ci ha preparato. Sembra domenica, infatti durante il pranzo parlo di famiglia allargata. Barbera de rigueur, ma senza esagerare. Continua a leggere

La Elda, il Pinza e la nebbia al profumo di frittata

di Fabio Tracogna

Elda Bellini e il marito Luciano Sada, El Pinza, dietro il bancone dell’ osteria “al 13”, da loro gestita negli anni ’70. I loro figli Maria ed Erminio li hanno ricordati insieme con amiche, amici e tanta musica lo scorso 20 marzo nella sede della sezione ANPI Barona a Milano. Fabio Tracogna ci racconta tutte le emozioni vissute durante quel pomeriggio, lo ringraziamo. (Foto da Maria Sada)

Il “Pelé”, Giancarlo Peroncini, accompagnato alla chitarra da Luca Bartolommei

Quando sono entrato in quella sala, quella domenica pomeriggio, mi sono sentito a casa. E pensare che non conoscevo di persona (quasi) nessuno né di quelli sul palco né, soprattutto, dei numerosissimi ospiti seduti in platea. Eppure non so il perché, ma mi sono sentito a casa e come dentro una macchina del tempo, sono tornato il ragazzo di 32 anni fa.

Vedere il Pelé, l’ultimo cantastorie di Milano (l’ha detto il Corriere della Sera, mica il sottoscritto eh…), sentire la sua voce possente e roca cantare Montagna de San Sir, ascoltare i figli del Pinza, l’Erminio e la Maria parlare del loro papà e della loro mamma Elda, che da figli di gestori di osterie “frontaliere e rivali” al Moncucco, si innamorano e “mettono su” in autonomia la prima osteria al Gratosoglio. Continua a leggere

Dante, il paroliere delle canzoni del mondo

di Paola Ciccioli

«Amor, ch’al cor gentile ratto s’apprende»: in “Soffio” della cantautrice Roberta Alloisio la citazione dantesca è in genovese. Ma la Divina Commedia – il terzo libro più tradotto al mondo dopo la Bibbia e Pinocchio – continua a frullare nella mente dei parolieri di ogni lingua, dialetto e latitudine. E nella cosiddetta musica leggera italiana spopola addirittura, con tracce dei 14.233 versi di Dante Alighieri nel cabaret di Ettore Petrolini e nelle irriverenze di Elio e le Storie Tese (Dannati Forever), nella canzone d’autore da antologia scolastica (Venditti, Vecchioni, Guccini, Branduardi, Battiato, De Gregori…), tenendo come paradigma il Carlo Martello in salsa medievale cantato da Fabrizio De André su testo di Paolo Villaggio.

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“La sbagliada” è quella giusta

di Luca Bartolommei

L’avventore-cantautore Luca Bartolommei sta studiando con apparente circospezione la cotoletta “sbagliata” di fronte a lui al tavolo di ANCHE, Isola – Milano – Italia. La prima versione della canzone era già stata abbozzata. Paola Ciccioli ha scattato questa foto all’invenzione gastronomica di Matteo Stefani il 4 giugno 2021. Su Instagram @anche.it

Sappiamo quanto gli argomenti delle canzoni possano essere infiniti, quindi non la farò lunga, certo che scrivere di una cotoletta è qualcosa di particolare, forse ci vuole del coraggio. Di certo ce ne vuole anche di più nel proporre nella carta del proprio ristorante un piatto “sbagliato”, con la totale consapevolezza di quello che si sta facendo.

Da milanese dico, ma è possibile cucinare la cotoletta (ma proprio quella lì, quella con la e aperta, quella che a volte, siccome che sèmm de Milan, di e ce ne scappano due, quindi cotelètta, quella fritta in del buttér, santamadònna, quella de l’austriaungheria e del pan grattaa, quella della nostra tradizon meneghina, che insèmma al risott hinn storia e gloria de nun buseccon…) usando il maiale al posto del vitello?

E la risposta in italiacano contemporaneo è: anche sì. Anche sì, e ho detto tutto, credetemi. Ho detto , perché è successo ed è quindi possibile, e ho detto anche, e qui la faccenda si complica. Continua a leggere

«L’era bella, la Rosetta: io ho visto la fotografia sui giornali»

di Laura Pariani*

Il 15 gennaio 2022 Paola Ciccioli e Luca Bartolommei tornano con #iocantoeleggomilano (questa volta nella Biblioteca Harar), un recital letterario e musicale nato come omaggio al Gruppo #ioleggomilano nel quale vengono discussi esclusivamente libri sul capoluogo lombardo. Come Milano è una selva oscura di Laura Pariani (Einaudi, 2010) di cui – con il consenso dell’autrice – possiamo offrirvi un estratto riguardante la canzone popolare La povera Rosetta.

“La povera Rosetta” cantata da Nanni Svampa

Guidato dal suono di una fisarmonica, il Dante gira il cantone. Sotto la pergola accanto al circolo «Libertà», sta il Gazzella, un senzagambe che il Dante ha incontrato spesso a suonare agli angoli delle strade con un repertorio di mamme in gramaglie, capinere a mezzanotte, care piccine e balocchi… Fa una certa impressione guardarlo sulla sua tavoletta a rotelline: pare venir su dal marciapiedi come da una botola, un Farinata nanetto con le gambe imprigionate sottoterra. Oggi, con la sua bella voce da tenore, canta:

Il tredici d’agosto,

in una notte scura,

commisero un delitto

gli agenti di questura.

Han ammazzato un angelo

di nome la Rosetta,

era di piazza Vetra,

battea la colonnetta.

Ohèla, ‘l mè Gazzella, ma lo sai che ai mè tempi questa l’era ‘na canzôn proibida?

Epperché? Mica l’è sconcia.

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Leggere e cantare sono le nostre vitamine del cuore

di Paola Ciccioli

Foto di Paola Ciccioli

Ciao, buon fine settimana, qui a Bellano con l’inquietudine che ci ha lasciato addosso la scossa di terremoto di questa mattina.

Voglio salutare e ringraziare con la mia foto di un punto speciale di via Manzoni le amiche e gli amici che sono stati con me e con Luca ieri pomeriggio nella Biblioteca Sicilia di Milano dove ho letto alcuni brani da 7 libri scelti da Pietro Esposito e Lucia Faini, inventori del Gruppo #ioleggomilano, interamente dedicato alle scrittrici e agli scrittori che hanno trasformato in letteratura l’unicità del capoluogo lombardo. Io ho letto e Luca Bartolommei ha suonato e cantato le canzoni nascoste tra le righe dei 7 testi (a dire il vero, un po’ ho cantato anch’io) di: Alberto Savinio, Giovannino Guareschi, Carlo Castellaneta, Antonio Scurati, Carlo Emilio Gadda, Alessandro Manzoni e Laura Pariani.

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Noi ti cantiamo e leggiamo, città

di Paola Ciccioli e Luca Bartolommei

Oggi torniamo nella Biblioteca Sicilia con un nostro omaggio di parole e musica al Gruppo di lettura #ioleggomilano, nato da un’idea condivisa tra Pietro Esposito (già alla guida della sezione di storia locale del Sistema bibliotecario milanese) e Lucia Faini, responsabile della biblioteca di via Sacco dove abbiamo già portato il nostro recital La Gagarella e le altre sulle donne nelle canzoni di Giovanni D’Anzi, l’autore dell’inno cittadino O mia bèla Madonina.

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I nostri occhi, “come cavalli bizzarri”, su Macbeth e la sua Lady

di Maria Elena Sini

Il soprano Anna Netrekbo-Lady Macbeth in una delle scene iniziali dell’opera verdiana che ha inaugurato a Milano la stagione scaligera 2021-2022. «… il “Macbeth” della Scala è andato musicalmente in crescendo, e forse solo a un’emozione che diventa fatalmente tensione si può attribuire, per esempio, una cavatina della Lady di un livello assai inferiore a quello cui ci ha abituati, o forse viziati, Anna Netrebko», ha scritto su http://www.classicvoice.com il critico musicale Alberto Mattioli. (Lo scatto è di Paola Ciccioli)

Alla Prima del Macbeth alla Scala noi c’eravamo, intendendo per “noi” le amiche e gli amici che ogni giorno si ritrovano qui sul blog o nel Gruppo Facebook di Donne della realtà. In che senso c’eravamo? In primo luogo seguendo il 7 dicembre la diretta Rai e, nei giorni precedenti, ragionando un po’ insieme sulla tragedia che William Shakespeare scrisse e mise in scena intorno al 1606 e dalla quale Francesco Maria Piave e Andrea Maffei trassero il libretto per l’omonima opera di Giuseppe Verdi che debuttò a Firenze nel 1847.

Rappresentazione dell’abisso in cui può far sprofondare la bramosia del potere, la tragedia e l’opera hanno al centro la figura di Lady Macbeth, che spinge il marito a tradire e uccidere nel sonno il re di Scozia per sostituirsi a lui. In un crescendo di morte e di follia che tre streghe avevano ingannevolmente profetizzato.

Scene I Thunder and lightning. Enter three Witches.

“Scena I Tuoni e lampi. Entrano tre streghe”.

Così inizia la tragedia shakespeariana, ma quante/i di noi la conoscono? Di seguito la stimolante risposta di Maria Elena Sini (Paola Ciccioli).

La domanda posta da Paola Ciccioli, amministratrice del Gruppo, relativa alla conoscenza di Macbeth mi ha suscitato una serie di riflessioni. Ho pensato che la figura di Macbeth mi ha sempre incuriosito da quando alle scuole medie la mia professoressa di italiano fece una bellissima lezione sulla figura di Fra Cristoforo nel IV capitolo dei Promessi Sposi, soffermandosi in particolare sulla descrizione dei suoi occhi «Due occhi incavati eran per lo più chinati a terra, ma talvolta sfolgoravano, con vivacità repentina; come dei cavalli bizzarri condotti a mano da un cocchiere, col quale sanno, per esperienza, che non si può vincerla, pure fanno, di tempo in tempo, qualche sgambetto, che scontano subito, con una buona tirata di morso».

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