Buon compleanno, Anna Frank

di Anna Frank*

Anna, la sorella Margot e i genitori furono deportati ad Auschwitz il 2 settembre del 1944 e soltanto il padre, Otto Frank, riuscì a sopravvivere al campo di concentramento. Il Diario di Anna fu pubblicato ad Amsterdam nel 1947 col titolo “Het Achterhuis”, letteralmente “Il retrocasa”

Sabato, 20 giugno 1942

Per alcuni giorni non ho scritto nulla, perché prima ho voluto riflettere un poco su questa idea del diario. Per una come me, scrivere un diario fa un curioso effetto. Non soltanto perché non ho mai scritto, ma perché mi sembra che più tardi né io né altri potremo trovare interessanti gli sfoghi di una scolaretta di tredici anni. Però, a dire il vero, non è di questo che si tratta; a me piace scrivere e soprattutto aprire il mio cuore su ogni sorta di cose, a fondo e completamente.

“La carta è più paziente degli uomini”; rimuginavo entro di me questa massima in una delle mie giornate un po’ melanconiche mentre sedevo annoiata con la testa fra le mani, incerta se uscire o restare in casa, e finivo col rimanermene nello stesso posto a fantasticare. Proprio così, la carta è paziente, e siccome non ho affatto intenzione di far poi leggere ad altri questo quaderno rilegato di cartone che porta il pomposo nome di “Diario”, salvo il caso che mi capiti un giorno di trovare un amico o un’amica che siano veramente l’amico o l’amica, così la faccenda non riguarda che me. Eccomi al punto da cui ha preso origine quest’idea del diario: io non ho un’amica.

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Baby boomers

di Chiara Volpato

Vorrei parlare di un libro che ho letto negli ultimi tempi e che mi è stato segnalato da Adriana Chemello, profonda conoscitrice della scrittura femminile, alla quale ha dedicato l’impegno di una vita. Non si tratta di un libro recente, è stato pubblicato nel 2003, ma è un libro che mi pare importante segnalare perché parla di donne della realtà, che raccontano il loro percorso biografico e politico, convinte – come afferma Rosy Braidotti – che il femminismo costituisca un’eredità senza testamento, la cui trasmissione è un progetto aperto, vitale e critico che riguarda tutte noi. Continua a leggere

Preghiera per Audrey

di Silvia Truzzi*

(stills 15365) Audrey Hepburn

Audrey Hepburn in “Gli occhi della notte” di Terence Young (1967), uno dei tre film in programmazione il 3 dicembre 2016 al MIC, Museo Interattivo del Cinema di Milano, per la Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità (http://mic.cinetecamilano.it/)

Da ragazzina ballava nei teatri clandestini: raccoglieva fondi per il movimento di opposizione al nazismo in Olanda, dove la sua famiglia si era trasferita. Molti anni dopo, in un’intervista, spiegò: “Il miglior pubblico che abbia mai avuto non faceva il minimo rumore alla fine dello spettacolo”. Lo stesso silenzio di prigionia e resistenza che abitava la soffitta di Anna Frank. Della Liberazione disse: “La libertà è qualcosa che si annusa nell’aria. Per me è stato sentire i soldati parlare inglese, invece che tedesco. E l’odore di vero tabacco che veniva dalle loro sigarette”. Oggi Audrey Hepburn  avrebbe 80 anni (per celebrarli Armando Curcio editore pubblica in questi giorni “Diva per caso”). E non è un caso se Audrey ha combattuto una lotta partigiana sulle punte: avrebbe portato a spasso la sua affascinante magrezza per tutta la vita, in una danza purtroppo breve (morì a 63 anni). Le forme efebiche che Givenchy trasformò nel simbolo dell’eleganza, erano la conseguenza della fame e del freddo patiti sotto il nazismo. La prova che il dolore non è solo dolore e qualche volta la forma (le forme) è sostanza.

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