di Mariagrazia Sinibaldi

Francesco Cianciotta, per Mariagrazia Kikki, ritratto da piccolissimo da una sconosciuta fotografa che era rimasta “abbagliata” da lui vedendolo ai giardinetti con la mamma
Questo mio figlio strano… questo strano figlio mio…
Si aggira per la casa con aria svagata e un sorriso, svagato anche lui, sulle labbra un po’ strette… La valigia aperta sul tavolo… Ci mette e ne toglie cose borbottando tra sé… padreggia*…. Ma, per carità non diteglielo, si arrabbierebbe moltissimo! Sta per partire per l’Etiopia per un servizio fotografico… Così l’hobby è diventato lavoro; o meglio, diciamo così, lui lo ha trasformato, con sinibaldesca cocciutaggine, in lavoro… un lavoro appassionante.
Lo guardo, questo mio amato figlio strano, da lontano… Che non si accorga della mia preoccupata attenzione; e in mezzo alle mie considerazioni vedo chiaramente arrivare il suo urlo liberatorio: «109… è il centonovesimo aeroporto!»**… ecco… suo padre collezionava Paesi, lui colleziona aeroporti.
Ma mentre per suo padre il Paese restava Paese, per lui gli aeroporti si trasformano in oggetto di studio e li riporta nelle sue belle foto che diventano opere d’arte. Per lui l’aeroporto si compone di due soli elementi: lui stesso e la realtà… lui che guarda la realtà che è al di fuori di lui e che talvolta è così lontana e separata da lui da trasformare lui in oggetto guardato dalla realtà, che si è trasformata in soggetto. Il tutto immerso in un’atmosfera svagata di sognante attesa.
Questo figlio mio strano… Che vivrebbe due vite contemporaneamente e ambedue le vivrebbe affannosamente, pienamente, appassionatamente e senza riserve.
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