di Ilaria Tuti
«Non so se laggiù il fronte stia tenendo. Ho imparato a diffidare delle notizie urlate dai giornali. Provo fastidio alla vista delle vignette satiriche, così come davanti alle cartoline propagandistiche. Mostrano una guerra che qui non abbiamo mai incontrato, che non esiste, fatta di giganti, di scontri fra titani senza nemmeno lo spargimento di una goccia di sangue, un arto spezzato o perduto, viscere sparse su un campo di carne. È una guerra di cui si stenta a immaginare l’odore, che io mai potrò dimenticare; le è stata tolta la voce con cui continua a urlare nelle notti di noi che invece la viviamo».
Ilaria Tuti, Fiore di roccia (Longanesi 2020), il romanzo che ha come protagoniste le Portatrici friulane, entrate nella storia della Prima guerra mondiale con le loro gerle cariche di armi, coraggio e panni dei soldati da lavare. Ne proponiamo un estratto, insieme – a chiusura del post – con un video emozionante, nel quale è la stessa autrice a fare da guida lungo il sentiero delle Portatrici sul Pal Piccolo, montagna delle Alpi Carniche al confine tra Italia e Austria.
Ci siamo riunite con il buio, quando gli animali, i campi e gli anziani costretti a letto non avevano più necessità da soddisfare. Ho pensato che da sempre siamo abituate a essere definite attraverso il bisogno di qualcun altro. Anche adesso, siamo uscite dall’oblio solo perché servono le nostre gambe, le braccia, i dorsi irrobustiti dal lavoro.