«Mi sento ancora l’orfano che indossa la divisa da piccolo partigiano cucita dalla sarta Alba»

di Gianni Cameroni

Un bambino di quattro anni ricorda. Anche se l’autore di questo racconto di anni ne ha adesso quasi 83, la sua vita è stata accompagnata e segnata dagli avvenimenti legati alla Resistenza, durante la quale il padre – il comandante partigiano Ugo Cameroni, tra i primi a salire in montagna per restituire all’Italia la libertà – venne ucciso dai nazifascisti in Valbiandino, nel Lecchese, l’11 ottobre 1944. Non un articolo storico, il suo, ma una corposa serie di appunti annotati tempo fa e ora in parte riordinati per la pubblicazione sul nostro blog. Hanno il pregio di far emergere il contributo di coraggio e resilienza dato all’antifascismo da tante donne e madri, come quella dell’autore, Luigia. Che per sfuggire alle camicie nere prese per mano il figlioletto, si mise in viaggio con lui in treno indossando l’unico vestito che si era fatta prestare, finì col suo bambino in un rifugio antiaereo di Milano durante un bombardamento, riuscì a raggiungere a Bergamo il suocero Antonio, valoroso ferroviere a capo di un’intera famiglia partigiana e tra i componenti della rete clandestina per l’ espatrio in Svizzera di prigionieri alleati ed ebrei. Da Bergano, madre e bambino riuscirono a tornare nella loro casa di Dervio, sulla sponda orientale del lago di Como, per poi apprendere che lei era rimasta vedova e suo figlio orfano.

Questa è la terza e ultima parte di un percorso traumatico che ci riporta agli ultimi mesi della seconda guerra mondiale e al sole, per troppe famiglie offuscato, sorto il 25 aprile del 1945. Ai link che seguono i due capitoli precedenti: Mia mamma (e io) in fuga dai fascisti con un vestito a pois , «Nel rifugio con mamma e altri bambini impauriti, mentre Milano bruciava»

Gianni Cameroni da piccolo mentre a Dervio (Lecco) gioca con la ruota della bicicletta della mamma, con lui nella foto riprodotta da Paola Ciccioli.

Rimanemmo a Bergamo per alcuni mesi, ospiti di alcuni lontani cugini di mia madre, la famiglia Fratus (padre con due figlie che abitavano in via Borgo Palazzo). Lì trovammo mio nonno Antonio, loro ospite da quando aveva lasciato Bellano su suggerimento del Comitato di Liberazione Nazionale per le angherie subite e per non essere di nuovo arrestato. Nonno continuava però ad avere contatti con la Resistenza e, visto che mi piacevano i treni, qualche volta mi portava con sé, da solo o con mamma, alla stazione di Bergamo dove lui si incontrava clandestinamente con il personale viaggiante antifascista delle ferrovie.

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Mia mamma (e io) in fuga dai fascisti con un vestito a pois

di Gianni Cameroni*

Figlio del comandate partigiano Ugo Cameroni, ucciso dai nazifascisti in Valbiandino l’11 ottobre 1944, Giovanni Cameroni – conosciuto come Gianni – risiede con la moglie Marzia Poletti e un archivio grande una vita a Dervio, sulla sponda lecchese del lago di Como. Oggi onoriamo con lui sua madre Luigia e tutte le madri che hanno perso i loro figli e i loro cari nella lotta di Liberazione contro il nazifascismo.

Dall’archivio personale di Gianni Cameroni, un’immagine di lui bambino sulla spiaggia di Dervio, in provincia di Lecco, con la madre Luigia, rimasta vedova a 28 anni. (Foto di Paola Ciccioli)

Mio padre era morto in combattimento il giorno prima e noi eravamo all’oscuro di tutto quando il comandante della piazza di Dervio, Diego Camerano, mandò a chiamare mia madre dicendo che papà era stato fatto prigioniero e che era trattenuto presso l’oratorio del paese, dove c’era un campo di prigionia.

Bisognava che andasse a trovarlo con il figlio poiché – ci era stato detto – mio padre voleva vederci e aveva bisogno delle sigarette. In realtà era una scusa per non prelevarci in mezzo alla gente, correndo il rischio di scatenare qualche reazione.

Per fortuna un soldato del Camerano, che frequentava una ragazza di Dervio, tramite lei ci fece avvisare di nascosto che la chiamata era una trappola per deportarci in Germania e che dovevamo fuggire il più lontano possibile.

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Con Cristina Cattaneo nel Museo dell’identità delle anime migranti

Testo e foto di Paola Ciccioli

Il frammento della lettera di una persona migrante restituita dal mare.

Un minuto di silenzio in tutte le scuole della provincia di Crotone. Un altro corpo recuperato in mare che fa al momento salire a 64 le vittime della strage di anime migranti avvenuta domenica (per cause ancora da accertare) sulla spiaggia calabrese di Steccato di Cutro (qui).

Un minuto di silenzio è segno di rispetto ma non basta a far diventare persone il numero 64 che si aggiunge agli altri numeri che continuano a fare del mare limpido in cui d’estate ci immergiamo un camposanto senza croci.

Credo fermamente che le e gli insegnanti dovrebbero accompagnare le scolaresche nel Museo universitario delle scienze antropologiche, mediche e forensi per i diritti umani (MUSA) di Milano dove, grazie al lavoro instancabile della professoressa Cristina Cattaneo, i corpi-numeri del Mediterraneo ritrovano almeno il loro nome e la loro identità.

Sabato – 4 marzo 2023 – nell’aula magna della facoltà di medicina legale dell’Università degli Studi di Milano (ore 17) ci sarà una performance immersiva mentre Terre des Hommes sta preparando iniziative volte a coinvolgere tutte/i noi.

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«E qual è il mese delle ragazze?»

di Amélie Nothomb

Il 21 febbraio 2023 uscirà in Italia, edito da Voland, Il libro delle sorelle – titolo originale Le livre des soeurs (qui) – dellamatissima scrittrice belga Amélie Nothomb che il 23 e il 24 febbraio parteciperà a due incontri a Napoli e a Firenze: noi la seguiremo nei nostri canali social e vi daremo tutte le coordinate. Intanto le confermiamo la nostra ammirazione con questo breve estratto da Metafisica dei tubi (qui) in cui descrive magistralmente la propria ripulsa verso la discriminazione.

Gattino e “Metafisica dei Tubi” (titolo originale Métaphysique des tubes”) è uscito in Italia nel 2002 per Voland, la casa editrice che pubblica in italiano tutti i libri di Amélie Nothomb, tradotta in tutto il mondo. La foto è di Paola Ciccioli.

Maggio iniziò bene.

Le azalee attorno al Laghetto Verde esplosero di fiori come se una scintilla avesse dato fuoco alle polveri, tutta la montagna ne fu contagiata. Ormai nuotavo in mezzo al rosa acceso.

Di giorno la temperatura non scendeva mai sotto i venti gradi: l’Eden. Stavo quasi per pensare che maggio fosse un mese eccellente, quando scoppiò lo scandalo: i genitori piantarono in giardino un palo in cima al quale sventolava, come una bandiera, un grande pesce di carta rossa che schioccava al vento.

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La “Gilda” del Teatro Gerolamo

di Giovanni Testori*

La Gilda del Mac Mahon è una raccolta di racconti in cui Giovanni Testori descrive la Milano delle nebbie anche umane degli Anni ’50 attraverso figure di donne ai margini. Domani e domenica pomeriggio – 19 e 20 novembre 2022 – nello scrigno milanese del Teatro Gerolamo va in scena “La Gilda”, con Laura Marinoni che cura anche l’adattamento scenico del racconto di Testori.

Foto di Paola Ciccioli

Di seguito un estratto dal capitolo “Aspetta e spera” che ha per protagonista una donna destinata dalla crudeltà familiare a restare “zitella”.

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“Dal 28 al 28”, a Dongo voci di donne contro il fascismo

di Paola Ciccioli

Il 28 ottobre 1922 la marcia fascista su Roma e la presa del potere da parte di Benito Mussolini.

Il 28 aprile 1945 l’esecuzione della condanna a morte del dittatore a Giulino di Mezzegra, non lontano da Dongo, sulla sponda occidentale del lago di Como, dove il duce era stato arrestato dai partigiani il giorno prima mentre cercava – travestito da soldato tedesco – di scappare dall’Italia devastata dalla guerra da lui stesso voluta.

L’ANPI Dongo e l’ANPI Lario Occidentale, avvertendo tutto il peso di queste due date, ha promosso una serie di iniziative che, con il titolo “Dal 28 al 28”, intendono approfondire la storia del fascismo, iniziando e chiudendo il ciclo di incontri con focus sul ruolo avuto dalle donne nella Resistenza e poi nell’Assemblea Costituente e nella stesura della Costituzione.

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“Le carriere erano salve, i bambini no”, Beslan e la Russia di Putin

di Anna Politkovskaja*

Il 1° settembre del 2004 a Beslan è stato commesso un atto terroristico senza precedenti, e d’ora in poi il nome di questa cittadina dell’Ossezia del Nord sarà sinonimo di un incubo che nemmeno Hollywood è stata capace di immaginare.

Paola Ciccioli ha scritto su Facebook: «A Milano c’è un giardinetto intitolato alla giornalista russa uccisa nel 2006 con 5 colpi di pistola nell’androne di casa sua, a Mosca. Si trova proprio vicino all’ascensore che sale nella frequentatissima e scintillante piazza Gae Aulenti e ci ricorda che per fare giornalismo bisogna avere l’inclinazione a stare dalla parte sbagliata. La foto è mia».

La mattina del 1° settembre un commando internazionale di criminali ha preso in ostaggio la scuola n.1 di Beslan, chiedendo di fermare immediatamente la seconda guerra cecena. L’occupazione è avvenuta durante la linejka, la tradizionale festa di inizio anno scolastico che si celebra in tutte le scuole. È una festa a cui partecipa tutta la famiglia, genitori, nonni e zii, e soprattutto coloro che accompagnano il proprio figlio a scuola per la prima volta.

Così era stato anche quel giorno. Per questo i sequestratori avevano potuto prendere in ostaggio quasi millecinquecento persone tra alunni, madri, padri, fratelli, sorelle, maestre, figli delle maestre…

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Dignità, rispetto e «un buon lavoro» per la vedova di Alika Ogochkwu

di Paola Ciccioli

Immagine da @nidcom_gov

Aike Dabiri-Erewa è la presidente della Nigerians in Diaspora Commission (NiDCOM), ente governativo che rappresenta le cittadine e i cittadini nigeriani sparsi in tutto il mondo. Già parlamentare, esperta di giornalismo e comunicazione, studi anche ad Harvard, Alike Dabiri-Erewa è vicinissima al presidente della Nigeria, l’ex generale Muhammadu Buhari, del quale ha favorito la rielezione nel 2019 attraverso il movimento “Nigeria Together”.

Nella foto di apertura – estratta dalla stessa Commissione da un video messo in rete ieri sera – compare accanto a quella, ormai nota in ogni continente, dell’immigrato Alika Ogochkwu, massacrato di botte il 29 luglio 2022 lungo il corso di Civitanova Marche dal 32enne Filippo Ferlazzo.

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Per un piccolo cittadino senza padre e senza diritti

Testo e foto di Paola Ciccioli

Diario dal confine dell’umanità.

Lucantonio di Giovanni Barberetti, “Madonna col bambino”, 1480 – 1490 circa, legno intagliato e dipinto. Al MARec, Museo dell’Arte recuperata di San Severino Marche.

Domenica, 31 luglio 2022.

«Era buono e tranquillo, insieme alla sua famiglia era perfettamente integrato, non ha mai dato alcun problema. Ha chiesto aiuto solo due volte ai servizi sociali… ma niente altro. Era orgoglioso e voleva essere indipendente per provvedere alla sua famiglia».

Ho letto queste parole della sindaca di San Severino Marche, Rosa Piermattei, sul quotidiano online Cronache Maceratesi (qui l’intero articolo).

Sono certa che il Comune marchigiano, la Caritas, le istituzioni scolastiche aiuteranno Charity Oriachi, la vedova di Alika Ogorchukwu, ucciso venerdì a Civitanova, e il loro bambino di 8 anni.

Sono altrettanto certa, però, che quell’orfano con la pelle nera abbia assoluto bisogno di un atto riparatorio pubblico, che lo aiuti a crescere nonostante le immagini che porterà per sempre negli occhi del corpo di suo padre sotto un lenzuolo lungo la strada.

Aiuti e sostegno economico sono necessari. Indispensabile è la dignità, il rispetto di chi ci vive accanto. La sindaca di San Severino Marche indossi la fascia tricolore, prenda per mano questo piccolo cittadino senza diritti, tenga lontani chiasso e opportunismi politici, proclami il lutto nella sua bella città e, così facendo, consoli la famiglia ferita e chiunque creda nell’umanità.

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La bambina nello studio di Antonietta Raphaël, «la signora che dava del tu al mondo»

di Patrizia Carrano

Dal nuovo libro della scrittrice, giornalista e sceneggiatrice Patrizia Carrano, La bambina che mangiava i comunisti (Vallecchi, 2022), un estratto dall’ultima parte intitolata “Autunno”. Lo pubblichiamo con il consenso dell’autrice, alla quale vanno i nostri complimenti e il nostro grazie. #siscrivedonna

Patrizia Carrano nella sua casa di Roma con l’ultimo degli oltre venti romanzi che ha scritto nel corso della sua brillantissima carriera (foto di Giliola Chisté).

«Tu bravissima a stare molto ferma. Ancora una piccola mezza ora e io finito miei schizzi. Molto bella tua testa disordinata, con capelli vivi, e piccolo naso che punta la luce. Alza lo sguardo verso vetrata…».

Elisabetta non ha mai visto una signora anziana vestita come Antonietta: pantaloni larghi, maglione lungo, un gilet, i capelli legati da un nastro rosso sulla sommità della testa… Quando è venuta ad aprire la porta aveva una crema bianca sul viso, e ha subito detto: «Credevo arrivavi fra mezza ora, un momento che lavo mia faccia…».

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Piccole donne a Botteghe Oscure

di Paola Ciccioli

La bambina che mangiava i comunisti, il nuovo libro di Patrizia Carrano (Vallecchi), esce giovedì 31 marzo 2022.

Ed è un’avventura che si vorrebbe far continuare a lungo fin dalla dedica: «Per Sara. Ricordando con lei sua madre Miriam Mafai e sua nonna Antonietta Raphaël».

-Sara è la giornalista Sara Scalia.

-Miriam Mafai è la scrittrice, resistente, esponente del PCI, parlamentare e giornalista tra le più autorevoli che la stampa italiana abbia mai avuto.

-Antonietta Raphaël è la pittrice e scultrice di origine lituana, moglie di Mario Mafai, madre di Miriam e nonna di Sara.

Ce n’è in abbondanza per costruire – come ha fatto Patrizia Carrano – un originale affresco della Roma anni ’50, tra baracche e appartamenti ai Parioli, Botteghe Oscure e sezioni di periferia, artisti rigorosamente squattrinati, sublimi poeti ai margini, funzionari e giornalisti, “Paese sera” e “L’Unità”. Una favola vera attraversata con occhi vigili da una bambina secca secca e da una madre sempre impegnata e sui tacchi.

Complimenti, cara Patrizia.

Nell’immagine di Palazzo Merulana, “La fuga”, scultura in bronzo di Antonietta Raphaël (1958), Collezione Elena e Claudio Cerasi, che il museo romano ha dedicato ai profughi dell’Ucraina.

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«Coltivare la memoria è un vaccino prezioso contro l’indifferenza»

«Finché io sarò viva, tu, stellina, continuerai a brillare nel cielo. Stai tranquilla, io non morirò. Io sarò sempre con te».

È stato questo dialogo immaginario con una stella a salvare la mente di Liliana Segre nel campo di Auschwitz-Birkenau, dov’era stata deportata all’età di 13 anni con un treno per il trasporto di animali partito il 30 gennaio 1944 dal binario 21, nei sotterranei della stazione Centrale di Milano: lì ora c’è il Memoriale della Shoah, perché «coltivare la memoria è un vaccino prezioso contro l’indifferenza».

La senatrice a vita lo racconta nel libro Fino a quando la mia stella brillerà, scritto insieme con Daniela Palumbo, tra le più apprezzate autrici per l’infanzia e l’adolescenza, che alle ore 10 di venerdì 18 marzo sarà a Urbisaglia per parlarne con le allieve e gli allievi della scuola media.

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Lettera a un bambino appena nato

Sonetto di Paolo Marconi – Illustrazione di Patrizia Melonari

Un giorno ti dirò di questi giorni

che stai vivendo senza averli visti,

per te racconterò di fatti tristi

che avranno perso ormai tutti i contorni.

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“Vedo”

di Fabio Tracogna

Vedo.

Vedo le immagini di quelle Donne. 

Donne che ho conosciuto, che hanno lasciato il loro paese, i loro affetti per cercare un futuro per i loro figli.

Donne che si sono prese cura della mia povera mamma Rosanna, con amore, con affetto, con tenerezza, come se fosse stata la loro mamma.

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#SignoraPresidente, un hashtag subito perché 7 anni passano in fretta

di Iole Natoli

Paola Ciccioli, l’essermi imbattuta occasionalmente nella professoressa Daria de Pretis (vedi post precedente, ndr) mi ha suscitato una riflessione. Quando le proposte per la nuova presidenza della Repubblica erano in fase finale e bollente, tu insistevi nel Gruppo Facebook perché si facessero dei nomi. Tutte noi avevamo qualche difficoltà a reperirne qualcuno che non fosse ricusabile da un qualche partito, perché legato a questa o a quella corrente ideologica.

Personalmente avevo scritto che sarebbe bastato cercare tra le costituzionaliste per trovare una Donna adatta allo scopo. Aver letto che Daria de Pretis non solo è giudice costituzionale e attualmente vicepresidente della Consulta, ma anche docente ordinaria di diritto amministrativo presso l’Università di Trento, mi spinge ad avanzare una proposta in vista dell’elezione futura (anni 7, sigh!).

Premesso che Donne della realtà mi sembra la sigla più adatta allo scopo di trovare donne del nostro tempo che abbiano le competenze necessarie per essere elette alla presidenza, ti suggerirei di istituire una rubrica volta a individuare fin d’ora le personalità femminili che si ritiene siano proponibili, possibilmente al di fuori dei partiti. Partirei dal gruppo delle Costituzionaliste (in Consulta e/o in Università), passando poi eventualmente ad altre tipologie.

Muoversi all’ultimo minuto non serve, perché c’è da guadagnare i consensi di molte parti politiche e questo è un lavoro lungo e non di brevissimo termine.

Se ti va bene, basta formulare una sigla con hashtag, per raccogliere sotto questa voce tutte le indicazioni motivate da una ricerca e non lanciate a caso, e ritrovarle poi per inviare una proposta/manifesto a tutte le forze politiche, quando sarà il caso di coinvolgerle in prossimità della nuova elezione.

Parto dal video qui sotto.

Che ne pensi?

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