«Siamo uscite dall’oblio solo perché servono le nostre gambe, le braccia, i dorsi»

di Ilaria Tuti

«Non so se laggiù il fronte stia tenendo. Ho imparato a diffidare delle notizie urlate dai giornali. Provo fastidio alla vista delle vignette satiriche, così come davanti alle cartoline propagandistiche. Mostrano una guerra che qui non abbiamo mai incontrato, che non esiste, fatta di giganti, di scontri fra titani senza nemmeno lo spargimento di una goccia di sangue, un arto spezzato o perduto, viscere sparse su un campo di carne. È una guerra di cui si stenta a immaginare l’odore, che io mai potrò dimenticare; le è stata tolta la voce con cui continua a urlare nelle notti di noi che invece la viviamo».

Ilaria Tuti, Fiore di roccia (Longanesi 2020), il romanzo che ha come protagoniste le Portatrici friulane, entrate nella storia della Prima guerra mondiale con le loro gerle cariche di armi, coraggio e panni dei soldati da lavare. Ne proponiamo un estratto, insieme – a chiusura del post – con un video emozionante, nel quale è la stessa autrice a fare da guida lungo il sentiero delle Portatrici sul Pal Piccolo, montagna delle Alpi Carniche al confine tra Italia e Austria.

“Fiore di roccia” di Ilaria Tuti è l’ultimo libro letto e discusso dal Gruppo di lettura Bellano. La foto è di Paola Cicciòli.

Ci siamo riunite con il buio, quando gli animali, i campi e gli anziani costretti a letto non avevano più necessità da soddisfare. Ho pensato che da sempre siamo abituate a essere definite attraverso il bisogno di qualcun altro. Anche adesso, siamo uscite dall’oblio solo perché servono le nostre gambe, le braccia, i dorsi irrobustiti dal lavoro.

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Memoria antifascista per la Pace

di Enrico Avagnina

La salita in funivia da Lecco fino allo spettacolo naturale dei Piani d’Erna. La commemorazione della battaglia con cui il 17 ottobre 1943 iniziò la Resistenza armata in Lombardia. Musica, canzoni partigiane, il ricordo della madre della Libertà Vera Ciceri, convivialità e l’impegno di continuare a trasmettere il “ripudio della guerra” sancito dalla nostra Costituzione.

Di seguito il discorso integrale tenuto domenica 15 ottobre 2023 dal presidente dell’ANPI provinciale di Lecco, Enrico Avagnina.

Una mamma, la sua bambina. La bandiera dell’Italia, l’orchestrina che suona canti partigiani: il valore della partecipazione e della trasmissione della Memoria in uno scatto. Questa e tutte le altre foto del servizio sono di Paola Ciccioli.

A nome dell’ANPI Provinciale di Lecco saluto e ringrazio i presenti, il consigliere comunale Alberto Anghileri in rappresentanza dell’Amministrazione comunale, il consigliere provinciale Carlo Malugani in rappresentanza della Provincia.

La cerimonia prevede la posa della corona presso la lapide e poi gli interventi istituzionali. A seguire, dato che intendiamo in occasione dell’ottantesimo di questa data approfondire e costruire maggiore Memoria, ci sarà un incontro con il ricercatore storico Alberto Benini, che tratterà il tema “Gli antifascisti sulle montagne: qualche appunto per una storia ancora da scrivere”. Ringrazio anche i componenti dell’Orchestrina Majakovskij per il pomeriggio musicale che ci offriranno.

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“Coso”, le perle e il blocco navale

di Paola Ciccioli

Una pagina del mio diario social che ho catalogato con il titolo: perché la gente non è ancora stufa di farsi ingannare da imbonitrici e imbonitori che tra i palazzi del potere e gli studi televisivi alzano le mani destre e si mascherano di verde per comandare con ignoranza e prepotenza?

Lo so il titolo è lungo, ma la materia è seria e le poche parole di fronte alla deumanizzazione delle persone migranti non servono e non bastano.

Cose. Non donne, uomini, bambine, bambini con la cui sofferenza empatizzare. Nella foto diffusa dall’Agenzia Ansa, la breve visita a Lampedusa della presidente della Commissione Europea e della presidente del Consiglio italiana, domenica 17 settembre 2023. Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni riprese addirittura di spalle di fronte non a persone, bensì ai barchini su cui l’umanità migrante ha attraversato il Mediterraneo. Uno dei tanti esempi di cinismo politico-mediatico.

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Madame Rosa (che ha voluto conoscere l’amore)

di Romain Gary

La vita davanti a sé, spettacolo tratto dallo straordinario romanzo dello scrittore lituano naturalizzato francese Romain Gary, va in scena questa sera – 29 agosto 2023 – in piazza Olivetti, a Milano, nella prima giornata di Imagine. Festival delle connessioni umane, ideato e organizzato dal Teatro Carcano e con la direzione di Serena Sinigaglia. Alle ore 21, con Arianna Scommegna e, alla fisarmonica, Giulia Bertasi (produzione Atir). Di seguito un brano del libro edito in Italia da Neri Pozza.

Ha scritto Paola Ciccioli, autrice anche di questo scatto: «Generato dalla mente geniale di Romain Gary, Momò – cioè Mohammed, l’io narrante di “La vita davanti a sé” – cresce a Belleville con altri «figli di puttane» nella casa di Madame Rosa, prostituta ebrea tornata viva da Auschwitz che, ormai vecchia e grassa, ha chiuso con il mestiere e prende a pensione i figli delle colleghe in attività. Mentre nel “sottosuolo” di Parigi un mondo venuto da lontano sopravvive a marginalità, sporcizia ed esclusione».

Non so proprio cosa potesse sognare di solito Madame Rosa. Non riesco a capire a cosa serva sognare il passato e, alla sua età, il futuro non lo poteva più sognare. Può darsi che sognasse i tempi della sua giovinezza, quando era bella e non pensava ancora alla salute. Cosa facessero i suoi genitori non lo so, ma so che stavano in Polonia. lei aveva cominciato a fare la vita laggiù e poi a Parigi in rue de Fourcy, rue Blondel, rue de Cygnes e un po’ dappertutto, e poi aveva fatto il Marocco e l’Algeria. Parlava benissimo l’arabo, senza pregiudizi. Aveva fatto perfino la Legione straniera a Sidi Bel Abbès, ma le cose si sono guastate quando è ritornata in Francia perché ha voluto conoscere l’amore e lui le ha preso tutti i risparmi e l’ha denunciata alla polizia francese come ebrea. A questo punto, quando ne parlava, si fermava sempre e diceva: «È roba passata», sorrideva e per lei era un buon momento.

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Quasimodo e «l’intelligenza laica» della Maturità

Alla nuova luna

In principio Dio creò il cielo

e la terra, poi nel suo giorno

esatto mise i luminari in cielo

e al settimo giorno si riposò.

Dopo miliardi di anni l’uomo,

fatto a sua immagine e somiglianza,

senza mai riposare, con la sua

intelligenza laica,

senza timore, nel cielo sereno

d’una notte d’ottobre

mise altri luminari uguali

a quelli che giravano

dalla creazione del mondo. Amen.

(Salvatore Quasimodo)

Foto di Paola Ciccioli

Le ragazze e i ragazzi che affrontano la Maturità oggi – 21 giugno 2023 – sono stati chiamati a misurarsi con «l’intelligenza laica» dell’uomo (qui) che Salvatore Quasimodo evoca nella poesia Alla nuova luna, riportata sopra e tratta dal Meridiano che raccoglie le poesie e i discorsi sulla poesia del Premio Nobel 1959 per la letteratura.

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Silvio Berlusconi e le donne da lui rese “La metà di niente”

Alle ore 15 di oggi – mercoledì 14 giugno 2023 – l’arcivescovo di Milano Mario Delpini celebrerà in Duomo i funerali di Stato di Silvio Berlusconi, morto nella mattinata di lunedì all’età di 86 anni.

Riteniamo del tutto incongrua la scelta di ospitare il rito funebre nella Cattedrale, in primo luogo perché l’ex presidente del Consiglio è stato coinvolto per anni e anni in inchieste riguardanti i suoi rapporti intimi con ragazze minorenni. Abbiamo lanciato sui nostri canali social l’hastag #iononsonoinlutto per dissociarci dalla decisione assunta dal governo di destra di indire per oggi il lutto nazionale e continuiamo con l’impegno di sempre a documentare il degrado, la mercificazione, l’offesa arrecate dal potentissimo politico-editore alle donne e alla loro rappresentazione.

Di seguito la lettera che Veronica Lario, ancora sposata con Silvio Berlusconi, inviò il 31 gennaio 2007 al quotidiano La Repubblica, facendo emergere – dignitosamente – il vero volto privato e pubblico dello spregiudicato padre dei suoi tre figli.

Veronica Lario fa scorta di libri alla “Feltrinelli” di Milano. La foto è stata pubblicata il 29 ottobre 2010 sul sito del settimanale “Oggi”.

Egregio Direttore,

con difficoltà vinco la riservatezza che ha contraddistinto il mio modo di essere nel corso dei 27 anni trascorsi accanto ad un uomo pubblico, imprenditore prima e politico illustre poi, qual è mio marito. Ho ritenuto che il mio ruolo dovesse essere circoscritto prevalentemente alla dimensione privata, con lo scopo di portare serenità ed equilibrio nella mia famiglia. Ho affrontato gli inevitabili contrasti e i momenti più dolorosi che un lungo rapporto coniugale comporta con rispetto e discrezione. Ora scrivo per esprimere la mia reazione alle affermazioni svolte da mio marito nel corso della cena di gala che ha seguito la consegna dei Telegatti, dove, rivolgendosi ad alcune delle signore presenti, si è lasciato andare a considerazioni per me inaccettabili: ” … se non fossi già sposato la sposerei subito” “con te andrei ovunque” (qui).

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«Mi sento ancora l’orfano che indossa la divisa da piccolo partigiano cucita dalla sarta Alba»

di Gianni Cameroni

Un bambino di quattro anni ricorda. Anche se l’autore di questo racconto di anni ne ha adesso quasi 83, la sua vita è stata accompagnata e segnata dagli avvenimenti legati alla Resistenza, durante la quale il padre – il comandante partigiano Ugo Cameroni, tra i primi a salire in montagna per restituire all’Italia la libertà – venne ucciso dai nazifascisti in Valbiandino, nel Lecchese, l’11 ottobre 1944. Non un articolo storico, il suo, ma una corposa serie di appunti annotati tempo fa e ora in parte riordinati per la pubblicazione sul nostro blog. Hanno il pregio di far emergere il contributo di coraggio e resilienza dato all’antifascismo da tante donne e madri, come quella dell’autore, Luigia. Che per sfuggire alle camicie nere prese per mano il figlioletto, si mise in viaggio con lui in treno indossando l’unico vestito che si era fatta prestare, finì col suo bambino in un rifugio antiaereo di Milano durante un bombardamento, riuscì a raggiungere a Bergamo il suocero Antonio, valoroso ferroviere a capo di un’intera famiglia partigiana e tra i componenti della rete clandestina per l’ espatrio in Svizzera di prigionieri alleati ed ebrei. Da Bergano, madre e bambino riuscirono a tornare nella loro casa di Dervio, sulla sponda orientale del lago di Como, per poi apprendere che lei era rimasta vedova e suo figlio orfano.

Questa è la terza e ultima parte di un percorso traumatico che ci riporta agli ultimi mesi della seconda guerra mondiale e al sole, per troppe famiglie offuscato, sorto il 25 aprile del 1945. Ai link che seguono i due capitoli precedenti: Mia mamma (e io) in fuga dai fascisti con un vestito a pois , «Nel rifugio con mamma e altri bambini impauriti, mentre Milano bruciava»

Gianni Cameroni da piccolo mentre a Dervio (Lecco) gioca con la ruota della bicicletta della mamma, con lui nella foto riprodotta da Paola Ciccioli.

Rimanemmo a Bergamo per alcuni mesi, ospiti di alcuni lontani cugini di mia madre, la famiglia Fratus (padre con due figlie che abitavano in via Borgo Palazzo). Lì trovammo mio nonno Antonio, loro ospite da quando aveva lasciato Bellano su suggerimento del Comitato di Liberazione Nazionale per le angherie subite e per non essere di nuovo arrestato. Nonno continuava però ad avere contatti con la Resistenza e, visto che mi piacevano i treni, qualche volta mi portava con sé, da solo o con mamma, alla stazione di Bergamo dove lui si incontrava clandestinamente con il personale viaggiante antifascista delle ferrovie.

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Mia mamma (e io) in fuga dai fascisti con un vestito a pois

di Gianni Cameroni*

Figlio del comandate partigiano Ugo Cameroni, ucciso dai nazifascisti in Valbiandino l’11 ottobre 1944, Giovanni Cameroni – conosciuto come Gianni – risiede con la moglie Marzia Poletti e un archivio grande una vita a Dervio, sulla sponda lecchese del lago di Como. Oggi onoriamo con lui sua madre Luigia e tutte le madri che hanno perso i loro figli e i loro cari nella lotta di Liberazione contro il nazifascismo.

Dall’archivio personale di Gianni Cameroni, un’immagine di lui bambino sulla spiaggia di Dervio, in provincia di Lecco, con la madre Luigia, rimasta vedova a 28 anni. (Foto di Paola Ciccioli)

Mio padre era morto in combattimento il giorno prima e noi eravamo all’oscuro di tutto quando il comandante della piazza di Dervio, Diego Camerano, mandò a chiamare mia madre dicendo che papà era stato fatto prigioniero e che era trattenuto presso l’oratorio del paese, dove c’era un campo di prigionia.

Bisognava che andasse a trovarlo con il figlio poiché – ci era stato detto – mio padre voleva vederci e aveva bisogno delle sigarette. In realtà era una scusa per non prelevarci in mezzo alla gente, correndo il rischio di scatenare qualche reazione.

Per fortuna un soldato del Camerano, che frequentava una ragazza di Dervio, tramite lei ci fece avvisare di nascosto che la chiamata era una trappola per deportarci in Germania e che dovevamo fuggire il più lontano possibile.

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Con Cristina Cattaneo nel Museo dell’identità delle anime migranti

Testo e foto di Paola Ciccioli

Il frammento della lettera di una persona migrante restituita dal mare.

Un minuto di silenzio in tutte le scuole della provincia di Crotone. Un altro corpo recuperato in mare che fa al momento salire a 64 le vittime della strage di anime migranti avvenuta domenica (per cause ancora da accertare) sulla spiaggia calabrese di Steccato di Cutro (qui).

Un minuto di silenzio è segno di rispetto ma non basta a far diventare persone il numero 64 che si aggiunge agli altri numeri che continuano a fare del mare limpido in cui d’estate ci immergiamo un camposanto senza croci.

Credo fermamente che le e gli insegnanti dovrebbero accompagnare le scolaresche nel Museo universitario delle scienze antropologiche, mediche e forensi per i diritti umani (MUSA) di Milano dove, grazie al lavoro instancabile della professoressa Cristina Cattaneo, i corpi-numeri del Mediterraneo ritrovano almeno il loro nome e la loro identità.

Sabato – 4 marzo 2023 – nell’aula magna della facoltà di medicina legale dell’Università degli Studi di Milano (ore 17) ci sarà una performance immersiva mentre Terre des Hommes sta preparando iniziative volte a coinvolgere tutte/i noi.

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«E qual è il mese delle ragazze?»

di Amélie Nothomb

Il 21 febbraio 2023 uscirà in Italia, edito da Voland, Il libro delle sorelle – titolo originale Le livre des soeurs (qui) – dellamatissima scrittrice belga Amélie Nothomb che il 23 e il 24 febbraio parteciperà a due incontri a Napoli e a Firenze: noi la seguiremo nei nostri canali social e vi daremo tutte le coordinate. Intanto le confermiamo la nostra ammirazione con questo breve estratto da Metafisica dei tubi (qui) in cui descrive magistralmente la propria ripulsa verso la discriminazione.

Gattino e “Metafisica dei Tubi” (titolo originale Métaphysique des tubes”) è uscito in Italia nel 2002 per Voland, la casa editrice che pubblica in italiano tutti i libri di Amélie Nothomb, tradotta in tutto il mondo. La foto è di Paola Ciccioli.

Maggio iniziò bene.

Le azalee attorno al Laghetto Verde esplosero di fiori come se una scintilla avesse dato fuoco alle polveri, tutta la montagna ne fu contagiata. Ormai nuotavo in mezzo al rosa acceso.

Di giorno la temperatura non scendeva mai sotto i venti gradi: l’Eden. Stavo quasi per pensare che maggio fosse un mese eccellente, quando scoppiò lo scandalo: i genitori piantarono in giardino un palo in cima al quale sventolava, come una bandiera, un grande pesce di carta rossa che schioccava al vento.

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La “Gilda” del Teatro Gerolamo

di Giovanni Testori*

La Gilda del Mac Mahon è una raccolta di racconti in cui Giovanni Testori descrive la Milano delle nebbie anche umane degli Anni ’50 attraverso figure di donne ai margini. Domani e domenica pomeriggio – 19 e 20 novembre 2022 – nello scrigno milanese del Teatro Gerolamo va in scena “La Gilda”, con Laura Marinoni che cura anche l’adattamento scenico del racconto di Testori.

Foto di Paola Ciccioli

Di seguito un estratto dal capitolo “Aspetta e spera” che ha per protagonista una donna destinata dalla crudeltà familiare a restare “zitella”.

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“Dal 28 al 28”, a Dongo voci di donne contro il fascismo

di Paola Ciccioli

Il 28 ottobre 1922 la marcia fascista su Roma e la presa del potere da parte di Benito Mussolini.

Il 28 aprile 1945 l’esecuzione della condanna a morte del dittatore a Giulino di Mezzegra, non lontano da Dongo, sulla sponda occidentale del lago di Como, dove il duce era stato arrestato dai partigiani il giorno prima mentre cercava – travestito da soldato tedesco – di scappare dall’Italia devastata dalla guerra da lui stesso voluta.

L’ANPI Dongo e l’ANPI Lario Occidentale, avvertendo tutto il peso di queste due date, ha promosso una serie di iniziative che, con il titolo “Dal 28 al 28”, intendono approfondire la storia del fascismo, iniziando e chiudendo il ciclo di incontri con focus sul ruolo avuto dalle donne nella Resistenza e poi nell’Assemblea Costituente e nella stesura della Costituzione.

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“Le carriere erano salve, i bambini no”, Beslan e la Russia di Putin

di Anna Politkovskaja*

Il 1° settembre del 2004 a Beslan è stato commesso un atto terroristico senza precedenti, e d’ora in poi il nome di questa cittadina dell’Ossezia del Nord sarà sinonimo di un incubo che nemmeno Hollywood è stata capace di immaginare.

Paola Ciccioli ha scritto su Facebook: «A Milano c’è un giardinetto intitolato alla giornalista russa uccisa nel 2006 con 5 colpi di pistola nell’androne di casa sua, a Mosca. Si trova proprio vicino all’ascensore che sale nella frequentatissima e scintillante piazza Gae Aulenti e ci ricorda che per fare giornalismo bisogna avere l’inclinazione a stare dalla parte sbagliata. La foto è mia».

La mattina del 1° settembre un commando internazionale di criminali ha preso in ostaggio la scuola n.1 di Beslan, chiedendo di fermare immediatamente la seconda guerra cecena. L’occupazione è avvenuta durante la linejka, la tradizionale festa di inizio anno scolastico che si celebra in tutte le scuole. È una festa a cui partecipa tutta la famiglia, genitori, nonni e zii, e soprattutto coloro che accompagnano il proprio figlio a scuola per la prima volta.

Così era stato anche quel giorno. Per questo i sequestratori avevano potuto prendere in ostaggio quasi millecinquecento persone tra alunni, madri, padri, fratelli, sorelle, maestre, figli delle maestre…

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Dignità, rispetto e «un buon lavoro» per la vedova di Alika Ogochkwu

di Paola Ciccioli

Immagine da @nidcom_gov

Aike Dabiri-Erewa è la presidente della Nigerians in Diaspora Commission (NiDCOM), ente governativo che rappresenta le cittadine e i cittadini nigeriani sparsi in tutto il mondo. Già parlamentare, esperta di giornalismo e comunicazione, studi anche ad Harvard, Alike Dabiri-Erewa è vicinissima al presidente della Nigeria, l’ex generale Muhammadu Buhari, del quale ha favorito la rielezione nel 2019 attraverso il movimento “Nigeria Together”.

Nella foto di apertura – estratta dalla stessa Commissione da un video messo in rete ieri sera – compare accanto a quella, ormai nota in ogni continente, dell’immigrato Alika Ogochkwu, massacrato di botte il 29 luglio 2022 lungo il corso di Civitanova Marche dal 32enne Filippo Ferlazzo.

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Per un piccolo cittadino senza padre e senza diritti

Testo e foto di Paola Ciccioli

Diario dal confine dell’umanità.

Lucantonio di Giovanni Barberetti, “Madonna col bambino”, 1480 – 1490 circa, legno intagliato e dipinto. Al MARec, Museo dell’Arte recuperata di San Severino Marche.

Domenica, 31 luglio 2022.

«Era buono e tranquillo, insieme alla sua famiglia era perfettamente integrato, non ha mai dato alcun problema. Ha chiesto aiuto solo due volte ai servizi sociali… ma niente altro. Era orgoglioso e voleva essere indipendente per provvedere alla sua famiglia».

Ho letto queste parole della sindaca di San Severino Marche, Rosa Piermattei, sul quotidiano online Cronache Maceratesi (qui l’intero articolo).

Sono certa che il Comune marchigiano, la Caritas, le istituzioni scolastiche aiuteranno Charity Oriachi, la vedova di Alika Ogorchukwu, ucciso venerdì a Civitanova, e il loro bambino di 8 anni.

Sono altrettanto certa, però, che quell’orfano con la pelle nera abbia assoluto bisogno di un atto riparatorio pubblico, che lo aiuti a crescere nonostante le immagini che porterà per sempre negli occhi del corpo di suo padre sotto un lenzuolo lungo la strada.

Aiuti e sostegno economico sono necessari. Indispensabile è la dignità, il rispetto di chi ci vive accanto. La sindaca di San Severino Marche indossi la fascia tricolore, prenda per mano questo piccolo cittadino senza diritti, tenga lontani chiasso e opportunismi politici, proclami il lutto nella sua bella città e, così facendo, consoli la famiglia ferita e chiunque creda nell’umanità.

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