di Mariagrazia Sinibaldi

Lauretta Sinibaldi davanti ai mobili dorati del salone
Ripongo la foto con Zipì e rimango con uno strano silenzio interno. C’è ancora tanto di me, lì, dentro lo scatolone! Cosa ho detto all’inizio del mio racconto? Che ci vogliono coraggio, buon senso, ottimismo e senso dell’umorismo… ecco la chiave! Ottimismo e umorismo. E come risvegliandomi da un sonno comatoso mi trovo a frugare, a frugare e a frugare in mezzo alle foto… alla ricerca di quella capace di risvegliare, sia pur vagamente, una qualche sensazione e che come un talismano stretto nella mano un po’ tremante, abbia la forza di trascinarmi nel mondo vago dei sogni e preciso dei ricordi… e… ECCOLA, finalmente! È vero siamo fuori tempo massimo, è una foto natalizia, ma che volete, è lei che si è presentata per prima e mi ha afferrato e trascinato via con sé. Ecco: nella foto ci siamo nonna, papà, mamma, una delle cugine (non riesco a capire quale, ha la testa girata) e io che accendo le candeline (quelle vere, quelle che si accendono col fuoco) le candeline, dicevo, di un albero di Natale, immenso, che arriva quasi al soffitto… il soffitto a cassettoni del grande salone di via dell’Ara Coeli.
Lauretta, ricordo, scattava la foto… io avevo vent’anni… lo riconosco dal vestito… perché in famiglia i periodi, gli anni del calendario, sono sempre stati determinati dai vestiti indossati, oppure dai terribili “febbroni” che qualcuno aveva sofferto… mai un numero preciso ma sempre collegamenti tra fatti della vita: perché questi sono importanti Continua a leggere →
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