«In Kandinsky tutto è chiarezza»

di Philippe Sers

Desideriamo che anche chi non può esserci di persona possa comunque sentirsi parte della straordinaria mostra aperta fino al 1° marzo 2020 al Palazzo Reale di Milano. Guggenheim – La collezione Tannhauser, da van Gogh a Picasso presenta infatti (come abbiamo segnalato nell’Agenda del blog e negli altri canali informativi di Donne della Realtà) cinquanta autentici capolavori, tra i quali Paola Ciccioli ha scelto l’emozionante “Montagna blu” di Wassily Kandinsky. Si tratta di una tela fondamentale nella storia dell’arte moderna e nel percorso artistico del pittore russo del quale ci “parla” il filosofo Philippe Sers nell’introduzione a Wassily Kandinsky, Dello spirituale nell’arte. Scritti critici e autobiografici, Teatro, Poesie, pubblicato in Italia per la prima volta nel 1974 da Feltrinelli grazie alla collaborazione di Nina Andreevskaya, moglie dell’inventore dell’astrattismo. 

Vassily Kandinsky, “Montagna blu” (1908 – 1909), olio su tela «Kandinsky lasciò la sua Russia natia all’età di trent’anni per studiare pittura a Monaco, allora uno dei principali centri culturali d’Europa. Lì, nel 1911 collaborò alla fondazione del “Blaue Reiter”, un gruppo di artisti internazionali uniti attorno a un interesse comune per il potenziale espressivo del colore, le associazioni simboliche dell’arte e, per Kandinsky e pochi altri, i valori spirituali. Il motivo cavallo-e-cavaliere, visto qui, simboleggia la sua crociata contro i valori estetici convenzionali e il suo sogno di creare un futuro migliore ed utopico attraverso i poteri trasformativi dell’arte. “Montagna blu”, esposta alla Galleria Thannhauser di Monaco nel 1014, è stata successivamente aggiunta alla collezione personale di Solomon R. Guggenheim. Oggi il Museo Guggenheim possiede oltre 150 opere di Kandinsky». (Dalla mostra in corso al Palazzo Reale di Milano, foto di Paola Ciccioli)

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Quando Mozart fingeva di essere la sorella Nannerl

di Mario Chiodetti

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Recensione d’autore: il musicofilo Mario Chiodetti ci presenta “Il diario di Nannerl Mozart”, a cura di Olimpio Cescatti (immagine dal film “La soeur de Mozart” di René Féret http://blog.ritacharbonnier.com/)

«Nella rossa sua veste bordata/ e me ne duole assai/ la Nannerl non fa bella figura/ né da presso né da lungi», scrive Wolfgang Amadeus Mozart intervenendo di straforo nelle pagine di diario della sorella maggiore Maria Anna Walburga Ignatia, nata a Salisburgo nel 1751 e scomparsa, assai anziana per l’epoca, nel 1829.

Proprio il diario di Nannerl, vezzeggiativo che sta per Nannina o Nannarella, è una vera miniera di notizie, curiosità e aneddoti sulla vita del genio e della sua famiglia, e un importante affresco sulla società salisburghese dell’epoca che Leopold Mozart e i suoi due straordinari figli si trovavano a frequentare.

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Il segreto del talento di un ragazzo sovrappeso e cattivo

di Wisława Szymborska*

“Rebecca. La prima moglie” del 1940 è uno dei nove film della rassegna “Alfred Hitchcock. Capolavori in bianco e nero”, in programma allo Spazio Oberdan di Milano dal 29 luglio al 6 agosto 2017 (http://www.cinetecamilano.it/rassegna/alfredhitchcock)

Hitchcock deve essere stato l’incubo di ogni dietista. È vissuto fino a tarda età, sebbene per tutta la sua vita adulta si sia dovuto portare sul gobbo svariate decine di chili in sovrappeso. Mangiava incredibili quantità di carne grassa, ricchi intingoli e dolciumi. L’alcol fu il fedele compagno delle sue giornate, dalla mattina fino a notte fonda. E per di più visse incessantemente in preda allo stress. Ebbe duri scontri con produttori, sceneggiatori e attori. Fu un esempio ambulante di come non si dovrebbe vivere, se solo si desidera rimanere in salute e lavorare con efficienza. Ma lui lavorava, eccome. Pochi altri nel mondo del cinema possono eguagliarlo, da questo punto di vista. Girò cinquantatré film, una decina dei quali sono entrati stabilmente nella storia del cinema. E si tratta di film che ancora oggi tengono lo spettatore con il fiato sospeso. Aggiungiamo i numerosi lavoretti effettuati per la televisione e i film che non riuscì a realizzare, nonostante li avesse preparati per mesi. Alla fine morì ma, se la memoria non mi inganna, sono cose che capitano anche alle persone che hanno molta cura di sé…

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Emily, il genio vestita da zitella

di Natalia Ginzburg*

Natalia Ginzburg (Palermo 1916 - Roma 1991)

Natalia Ginzburg (Palermo 1916 – Roma 1991)

Tempo fa sono stata ad Amherst, il paese della Dickinson: un paese situato non molto lontano da Boston, nel Massachusetts. Ho visto la sua casa. Ho visto anche un suo vestito in un armadio, un vestito bianco avorio a ricami, che sembrava una camicia da notte, e un plaid a lunghe frange che si metteva sulle ginocchia quando scriveva. Ma allora non conoscevo le poesie della Dickinson, né le sue lettere, e il mio sguardo era vuoto e distratto. Avevo letto alcuni suoi versi, e forse anche qualche sua lettera, ma avevo capito poco di lei. Non avevo un solo suo verso nella memoria. Amherst è un paese molto bello, tutto prati verdi, casette verniciate di bianco sparse fra le querce, fra l’edera, le magnolie e le rose. Mi parve però che avesse, nella sua grazia, qualcosa di lezioso e professorale. Dietro a questo aspetto professorale e lezioso c’era una noia desolata e spettrale. L’aspetto professorale il paese deve averlo preso dopo la morte della Dickinson, e in seguito alla coscienza d’esser la patria d’un grande poeta. Lo spettro della noia deve esserci stato sempre. Ricordo d’aver pensato che l’America è cupa e crudele nelle sue grandi città, e dove non è cupa e crudele, soggiace in una noia sterminata. Era estate e c’erano molte zanzare. Le zanzare dell’America sono diverse dalle nostre. Non hanno quel ronzio pigro e dolce, ma si avventano e sciamano sui visi umani in pieno giorno e in un protervo silenzio. Il silenzio e l’ombra della noia si stendevano a perdita d’occhio su quei prati fioriti e freschi.

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