Rosalìe, una tra i Mille

di Angela Giannitrapani – da Marsala

Le due foto del post (insieme ad altre che pubblicheremo in seguito) ci arrivano da Marsala e si riferiscono al monumento dedicato ai Mille garibaldini che resero l’Italia unita. Tra i nomi incisi sulle lastre metalliche c’è anche quello di una donna, Rosalìe Montmasson Crispi, e a farcelo scoprire è questa mail di Angela Giannitrapani che a Marsala è nata e che anche questa estate ci ha fatto una regalo di conoscenza durante le sue vacanze (https://www.turismocomunemarsala.com/monumento-ai-mille.html)

Carissime Vera e Paola,
vi ho lasciate con l’anticipazione della presenza di una donna, l’unica, tra i 1088 uomini che salparono da Quarto alla volta di Marsala, durante la Spedizione di Garibaldi nel maggio del 1860. E così è. Ve ne racconto brevemente: si tratta di Rosalìe Montmasson Crispi, moglie di cotanto uomo!
Nata in Alta Savoia, dopo i suoi primi vent’anni scorrazzò in lungo e in largo raggiungendo e collegando le cellule rivoluzionarie in Sicilia, Malta e Inghilterra in preparazione dei moti che precedettero e prepararono lo sbarco di Garibaldi e le successive battaglie.

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«Noi, bambini d’anteguerra, ci sentivamo i padroni della strada»

di Alba Tiberto Beluffi*

La Milano Pop di Italian Code, con i tram che continuano a sferragliare nella città in trasformazione, è in mostra nella libreria Mondadori di piazza Duomo fino al 2 settembre (https://www.agi.it/blog-italia/punta-di-pennello/tram_milano_arte-4167120/post/2018-07-17/)

Della mia infanzia voglio ricordare la via dove abitavo in una villetta, Via Catalani, una strada profumata da un gigantesco glicine che si arrampicava con garbo e con eleganza ai cancelli di una villa. La Via Catalani è praticamente tagliata in due da Via Porpora, un’arteria dove allora passava il tram N. 3 che portava diritto sotto le guglie del Duomo nel suo lato più suggestivo, l’abside. All’angolo fra Via Catalani e via Porpora c’è un edificio di notevoli proporzioni, una grande villa, che quasi chiudeva la serie di villette piccole e aggraziate che rendevano particolarmente attraente il tratto di via Catalani dove abitavo. In questo edificio abitava la famiglia Omodeo con cui molto tempo dopo mi sarei imparentata. Gli Omodei nostri coetanei erano tre fratelli il maggiore dei quali portava il nome dello zio, Adolfo, stretto e stimatissimo collaboratore e allievo di Benedetto Croce, di cui ho appreso il pensiero e la filosofia nei tempi dell’Università.

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Mary Shelley e il respiro dell’aria di Genova

di Massimo Bacigalupo*

Ho preso in affitto una casa per Hunt e me, fuori una delle Porte: è grande, pulita e con un podere annesso, pagheremo circa 80 corone tutti insieme, sicché spero che troverò tranquillità dalle preoccupazioni questo inverno, anche se potrebbe essere l’ultimo così libero della mia vita. Eppure non lo spero, anche se lo dico; non mi aspetto che del male per me – speranza è una parola che non appartiene alla mia situazione. Lui, il mio amato, l’esaltato e divino Shelley, mi ha lasciata sola in questo mondo triste e odioso, su questa terra che produce erba solo perché essa possa sempre di nuovo perire – questa terra su cui si stende l’eterno cielo stellato – dove lui è – dove, oh Dio, sì – dove io un giorno sarò.

Mary Shelley a Maria Gisborne,

Genova, 15 ottobre 1822

Genova – “… Splendida città che ti specchi nelle acque azzurre del Mediterraneo. Le rocce e i promontori, il cielo luminoso e gli allegri tuoi vigneti erano il mio mondo…” Come ricorda questa targa ,l’autrice di “Frankenstein soggiornò per un anno a Genova nella villa Negretto in Albaro (http://www.societadelleletterate.it/)

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