“Pace”, firmato Wisława Szymborska

di Wisława Szymborska

Precederà i comunicati la gioiosa sirena dei cuori.

Più veloce della luce è la notizia,

più veloce della notizia la fede.

Nelle grida, nei discorsi, nei canti

parole tutte deludenti,

tranne una: finalmente.

Cieche fin qui le notti di città

lanceranno segnali al cielo –

su fino agli astri dell’immensità.

Il lutto strappato alle finestre

sarà calpestato dai passanti

che avanzano disposti in schiere.

Altri correranno fuori di casa

per porgere con una rapida stretta di mano

ai loro cari, a chiunque per strada,

la verità come una cosa –

che l’uomo ha portato alla terra

pace – non spada.

Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1 febbraio 2012)

*La poesia è tratta da Canzone nera (Adelphi, 2022), raccolta di versi composti dalla poeta polacca tra il 1944 e il 1948 e segnati dalla seconda guerra mondiale. Il libro è a cura di Andrea Ceccherelli, traduzione di Linda Del Sarto.

Proprio oggi, 2 febbraio, a Cracovia la Fundacja Wisławy Szymborskiej ha comunicato le iniziative che saranno dedicate nel corso del 2023 alla Premio Nobel per la letteratura 1996. E, come informa in una nota Marzia Spanu, gli eventi ufficiali in Italia sono stati assegnati al Teatro Pubblico Ligure, all’Università di Bologna e all’Università “La Sapienza” di Roma. Li seguiremo in tutti i nostri canali.

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La voce di Mariangela Gualtieri per la prima laureata che stupì l’Europa

di Cristina Fumarco

Con il rito sonoro “Voce che apre” la poeta Mariangela Gualtieri renderà omaggio a Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la prima donna laureata nella Storia dell’umanità, il 27 giugno 2022 nell’Aula Magna dell’Università di Padova che festeggia gli 800 anni dalla fondazione.

Elena Lucrezia diventò dottora in teologia il 25 giugno del 1678 e la notizia del suo eccezionale traguardo si diffuse in tutta Europa. Lo attesta anche l’iscrizione sul retro di questo suo ritratto che si trova nei depositi della Biblioteca Ambrosiana di Milano. Grazie alla collaborazione di Carolina Donzelli dell’Ambrosiana, abbiamo letto la scheda del dipinto pubblicata in Musei e Gallerie di Milano (Mondadori Electa 2007) e contattato l’autrice Cristina Fumarco, storica della critica d’arte all’Università Cattolica, che ci ha dato l’autorizzazione a riproporla sul nostro blog. Di seguito, la prima parte (Paola Ciccioli).

Pittore veneto-lombardo, “Ritratto di Elena Lucrezia Cornaro”, (1678-1684 circa), olio su tela; 148,5 x 116,5 cm. Biblioteca Ambrosiana di Milano

Il ritratto raffigura Elena Cornelia Piscopia ovvero Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, prima donna laureatasi in Italia presso l’Università di Padova.

La tela, ora in deposito, è tesa su telaio originale privo di listelli e cornice; si presenta in stato di conservazione mediocre, è piuttosto annerita e mostra in diversi punti, soprattutto al centro, piccole lacune e un sostanziale sollevamento della pellicola pittorica.

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La nuova primavera di Maddalena Casulana

di Daria Perocco*

La città di Bergamo le ha dedicato una strada a Borgo Palazzo. BBC Radio 3 ha festeggiato quest’anno la Giornata internazionale della donna con i suoi madrigali. A fine aprile la sua musica è stata eseguita in un concerto itinerante con Marco Pardini nella Villa Reale di Marlia (Lucca). Elena Casella, direttrice del coro milanese ViadelCanto, l’ha inserita nel programma del concerto di sabato scorso nel Santuario del Santo Crocefisso di Tradate (Varese). E martedì 24 maggio 2022, “Chitarre in trio” eseguirà musiche della prima compositrice pubblicata della Storia nella Villa Tesoriera di Torino. Da parte nostra, celebriamo il genio di Maddalena Casulana con un estratto del saggio «… più di quello che a professione donnesca conviensi» Donne (e musica) nel Cinquecento veneziano di Daria Perocco, docente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che ringraziamo per l’autorizzazione alla pubblicazione. 

Nel Cinquecento non sono poche le figure femminili di cui ci è stata tramandata memoria che conoscevano bene l’arte del canto e del far musica: tra tutte basti ricordare la Barbera, la «cantatrice» per la quale Machiavelli scrive le canzoni da cantarsi fra gli atti della Clizia e della Mandragola, alcune delle quali sono state musicate da Philippe Verdelot.

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Lettera a un bambino appena nato

Sonetto di Paolo Marconi – Illustrazione di Patrizia Melonari

Un giorno ti dirò di questi giorni

che stai vivendo senza averli visti,

per te racconterò di fatti tristi

che avranno perso ormai tutti i contorni.

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«Non vi abbiamo salvato»

da Giulia De Florio*

«Quando cercavo di spiegare la poesia russa e in lingua russa cercavo di spiegare questo».

Lettere aperte delle poete e dei poeti russi e russofoni 

AI NOSTRI COLLEGHI UCRAINI

A nome della letteratura russa indipendente ci rivolgiamo ai nostri colleghi ucraini, a coloro che oggi scappano dalle bombe negli scantinati e nelle fermate della metro, a coloro che attendono di combattere per strada come unità di autodifesa del territorio. Non abbiamo nulla per fermare le truppe che avanzano verso di voi. Di generazione in generazione abbiamo lavorato con la parola: sapevamo che erano in pochi a sentirla, ma sapevamo anche che quella parola aveva un futuro. Ora, però, contro il vostro futuro – e contro il nostro – c’è la guerra.

La nostra letteratura si è già inchinata allo spirito imperialista, alla xenofobia e al servilismo. Tuttavia, al netto di un discreto numero di lacchè senza alcun talento e dell’abiezione di singoli individui, da almeno un secolo la nostra letteratura si stringe intorno all’idea che la violenza di stato è inammissibile. La stessa identica forza ostile ha ucciso Mandel’štam e Stus, ha seviziato Mel’ničuk e Gorbanevskaja negli ospedali psichiatrici, ha avvelenato l’anima e la volontà del popolo russo e di quello ucraino. Da queste prove, però, il popolo ucraino è uscito temprato, e con straordinario coraggio affronta oggi questa mostruosa minaccia. Dal canto suo, oggi il popolo russo subisce la più mostruosa sconfitta della sua storia, e la responsabilità storica di tutto questo ricadrà su di noi. Non vi abbiamo salvato: questo è il debito insostenibile che ci porteremo sempre appresso. Ci auguriamo con tutto il cuore che la vittoria sia vostra.

Dmitrij Kuzmin, Evgenij Nikitin, Elena Fanajlova, Stanislav L’vovskij, Vera Pavlova, Aleksej Cvetkov-staršij, Dmitrij Vedenjapin, Fëdor Svarovskij, Polina Barskova, Lida Jusupova, Anna Glazova, Linor Goralik, Katja Kapovič, Aleksandra Petrova, Tat’jana Bonč-Osmolovskaja, Grigorij Geljuta, Igor’ Belov, Aleksandr Baraš, Šlomo Krol, Marina Tëmkina, Chamdam Zakirov, e altri 23 poeti russi (la lista è in costante aggiornamento).

Immagine dalla pagina Facebook di Elena Fanailova, poeta russa tradotta in 9 lingue.

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Dante, il paroliere delle canzoni del mondo

di Paola Ciccioli

«Amor, ch’al cor gentile ratto s’apprende»: in “Soffio” della cantautrice Roberta Alloisio la citazione dantesca è in genovese. Ma la Divina Commedia – il terzo libro più tradotto al mondo dopo la Bibbia e Pinocchio – continua a frullare nella mente dei parolieri di ogni lingua, dialetto e latitudine. E nella cosiddetta musica leggera italiana spopola addirittura, con tracce dei 14.233 versi di Dante Alighieri nel cabaret di Ettore Petrolini e nelle irriverenze di Elio e le Storie Tese (Dannati Forever), nella canzone d’autore da antologia scolastica (Venditti, Vecchioni, Guccini, Branduardi, Battiato, De Gregori…), tenendo come paradigma il Carlo Martello in salsa medievale cantato da Fabrizio De André su testo di Paolo Villaggio.

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I nostri occhi, “come cavalli bizzarri”, su Macbeth e la sua Lady

di Maria Elena Sini

Il soprano Anna Netrekbo-Lady Macbeth in una delle scene iniziali dell’opera verdiana che ha inaugurato a Milano la stagione scaligera 2021-2022. «… il “Macbeth” della Scala è andato musicalmente in crescendo, e forse solo a un’emozione che diventa fatalmente tensione si può attribuire, per esempio, una cavatina della Lady di un livello assai inferiore a quello cui ci ha abituati, o forse viziati, Anna Netrebko», ha scritto su http://www.classicvoice.com il critico musicale Alberto Mattioli. (Lo scatto è di Paola Ciccioli)

Alla Prima del Macbeth alla Scala noi c’eravamo, intendendo per “noi” le amiche e gli amici che ogni giorno si ritrovano qui sul blog o nel Gruppo Facebook di Donne della realtà. In che senso c’eravamo? In primo luogo seguendo il 7 dicembre la diretta Rai e, nei giorni precedenti, ragionando un po’ insieme sulla tragedia che William Shakespeare scrisse e mise in scena intorno al 1606 e dalla quale Francesco Maria Piave e Andrea Maffei trassero il libretto per l’omonima opera di Giuseppe Verdi che debuttò a Firenze nel 1847.

Rappresentazione dell’abisso in cui può far sprofondare la bramosia del potere, la tragedia e l’opera hanno al centro la figura di Lady Macbeth, che spinge il marito a tradire e uccidere nel sonno il re di Scozia per sostituirsi a lui. In un crescendo di morte e di follia che tre streghe avevano ingannevolmente profetizzato.

Scene I Thunder and lightning. Enter three Witches.

“Scena I Tuoni e lampi. Entrano tre streghe”.

Così inizia la tragedia shakespeariana, ma quante/i di noi la conoscono? Di seguito la stimolante risposta di Maria Elena Sini (Paola Ciccioli).

La domanda posta da Paola Ciccioli, amministratrice del Gruppo, relativa alla conoscenza di Macbeth mi ha suscitato una serie di riflessioni. Ho pensato che la figura di Macbeth mi ha sempre incuriosito da quando alle scuole medie la mia professoressa di italiano fece una bellissima lezione sulla figura di Fra Cristoforo nel IV capitolo dei Promessi Sposi, soffermandosi in particolare sulla descrizione dei suoi occhi «Due occhi incavati eran per lo più chinati a terra, ma talvolta sfolgoravano, con vivacità repentina; come dei cavalli bizzarri condotti a mano da un cocchiere, col quale sanno, per esperienza, che non si può vincerla, pure fanno, di tempo in tempo, qualche sgambetto, che scontano subito, con una buona tirata di morso».

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“Non aver paura”

Sonetto di Paolo Marconi – Illustrazione di Patrizia Melonari

Nella Giornata in cui il mondo si mobilita per arrestare la violenza che quotidianamente umilia, opprime e uccide le donne, proponiamo il frutto nato dalla collaborazione tra due artisti che in questo 25 novembre hanno unito la loro creatività per incoraggiare chi è vittima del falso amore maschile a trovare il coraggio e riprendere a vivere, a sorridere, a sognare.

Ma che t’ha fatto, ma cos’è successo?

Ancora, quel bastardo? Ancora, ancora?

Non perdonarlo più, come finora

hai fatto tante volte, troppo spesso.

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Louise Glück, la rivincita della poesia

di Massimo Bacigalupo*

“At the end of my suffering/there was a door”. Alla fine del mio soffrire/c’era una porta. Louise Glück, “L’iris selvatico”, Il Saggiatore 2020. (Foto di Paola Ciccioli)

Louise Glück , Poetry as Revenge on Circumstances

The Nobel Prize in Literature for 2020 was awarded to former U.S. Poet Laureate Louise Glück, for the “austere beauty” of her work and for “making individual experience universal”. In her thirteen poetry collections she espresses the power oh human consciousness to confront private and public trauma and engage the mysterious salace of nature. Her poetry is singularly appropriate to our times, when millions have been forced by the pandemic to rely on their own resources and resilience and to turn to art for consolation and and answers to pressing questions of life and death.

Il Premio Nobel per la letteratura 2020, assegnato alla settantasettenne statunitense Louise Glück (si pronuncia “glick”), ha richiamato l’attenzione internazionale su questa eccellente eppur defilata “poeta” (oggi si dice così). In patria le tredici raccolte edite fra 1968 e 2021 sono ampiamente note ai (sempre pochi) lettori di poesia; nel 2012 le prime undici sono state accorpate in un volume di oltre seicento pagine. Fin dalle prime prove, le sue liriche scarne, fatte di pochi versi brevi e di immagini e sentimenti forti, e nondimeno misteriose, sono state accolte con favore guadagnandole via via i maggiori riconoscimenti, fra cui il Pulitzer per L’iris selvatico (1992, tradotto in Italia nel 2003) e l’incarico di Poeta laureata degli Stati Uniti.

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La punteggiatura degli affetti in casa Quasimodo

di Clara Schiavoni

Il 14 giugno 1968 muore a Napoli a causa di una emorragia cerebrale Salvatore Quasimodo, al quale nel 1959 era stato conferito il Premio Nobel per la letteratura. I quotidiani, in sciopero, escono con la notizia due giorni dopo e il Corriere della sera affida il ricordo a Carlo Bo, il critico che ne aveva sostenuto la candidatura a Stoccolma. Questi momenti sono rivissuti dal figlio del poeta, Alessandro Quasimodo, nel libro scritto da Paola Ciccioli: Assolo sul padre, Il teatro della vita, la famiglia dietro il Nobel (Aletti 2019). Ringraziamo la scrittrice Clara Schiavoni per questa sua recensione.

La scrittrice Clara Schiavoni ha ottenuto molti riconoscimenti per i suoi romanzi storici e per i libri rivolti alle bambini e ai bambini. I contenuti che la riguardano sono accessibili su questo blog anche in “Contributi”.

Già sulle rive dello Xanto ritornano i cavalli,

gli uccelli di palude scendono dal cielo,

dalle cime dei monti

si libera azzurra fredda l’acqua e la vite

fiorisce e la verde canna spunta.

Già nelle valli risuonano

canti di primavera.

Inizio con questa traduzione di Quasimodo dal suo Lirici greci perché nella poesia sento un inno alla vita, una speranza colorata di primavera che voglio dedicare alla mia amica Paola, come augurio al suo Assolo sul padre e alle sue opere future.

Paola, in passato, mi aveva raccontato di aver conosciuto Alessandro Quasimodo, del progetto ideato insieme, della documentazione acquisita, del libro che ne sarebbe scaturito e che stava cominciando a lavorarci.  

Grazie alla sua determinazione è riuscita nell’intento regalandoci aspetti della vita del Poeta sconosciuta ai più e, soprattutto, con l’arte della sua parola ci fa entrare nella relazione figlio-padre: un rapportarsi non facile nella vita di Alessandro bambino, adolescente, uomo che si è impigliato nella sua anima senza lasciarlo più se afferma: «(…) credo di essere stato abituato “male” da quel che ho avuto in casa».

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“Laudato si, mi Signore, per sora nostra madre terra”

di San Francesco*

Foto di Paola Ciccioli

Altissimu, onnipotente, bon Signore,

tue so le laude, la gloria e l’onore et omne benedictione.

Ad te solo Altissimo, se konfano

et nullu omu ene dignu Te mentovare.

Laudato si, mi Signore, cum tucte le tue creature,

spetialmente messor lo frate sole,

lo quale jorna, et allumini per lui;

et ellu è bellu et radiante cum grande splendore;

de Te, Altissimo, porta significatione.

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Ronda de los aromas/ Girotondo degli aromi

di Gabriela Mistral*

La poeta Gabriela Mistral è stata la prima donna latinoamericana a essere insignita nel 1945 del Premio Nobel per la letteratura. Il suo vero nome era Lucila de María del Perpetuo Socorro Godoy Alcayaga ed era nata il 7 aprile 1889 a Vicuña, in Cile dove oggi il museo a lei dedicato l’ha ricordata con questo manifesto.

RONDA DE LOS AROMAS

Albahaca del cielo,

malva de olor,

salvia de dedos azules,

anís desvariador.

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“Sei una moltitudine di mani che cercano altre mani”

di Salvatore Quasimodo*

Il Corpo sanitario italiano è candidato al Premio Nobel per la pace 2021 e la pacifista Lisa Clark ne ha sostenuto la motivazione con queste parole: «La sua abnegazione è stata commovente. Qualcosa di simile a un libro delle favole, da decenni non si vedeva niente del genere. Il personale sanitario non ha più pensato a sé stesso ma a cosa poteva fare per gli altri con le proprie competenze». Anche noi la pensiamo così e per dire grazie offriamo, dopo quelli di Umberto Saba, i versi che un altro grande poeta ha dedicato a un’infermiera.

Italia 2020. Foto di Paola Ciccioli

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“Marisa è un’infermiera”

di Umberto Saba*

Dedichiamo questi versi al Corpo sanitario nazionale italiano, da oggi ufficialmente candidato al Premio Nobel per la pace 2021 per il lavoro svolto a tutela della salute pubblica durante la pandemia. Grazie.

Aprile 2020, Italia. Foto di Paola Ciccioli

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Salvatore e Alessandro Quasimodo, il figlio si riprende il palcoscenico

di Maria Elena Sini

Lettera-recensione su Assolo sul padre. Il teatro della vita, la famiglia dietro il Nobel (Aletti 2019), in cui Paola Ciccioli ha reso in forma di monologo gli inediti racconti privati di Alessandro Quasimodo.

Cara Paola,

ho trascorso domenica pomeriggio in compagnia di Assolo sul padre, uno squarcio sulla vita privata di un genio, ma, come dice il figlio “un analfabeta affettivo” che  “l’impatto con la profondità dei sentimenti  lo ebbe grazie all’incontro con mia madre”. Emergono aspetti  insospettabili  del poeta Salvatore Quasimodo per chi ne ha sempre avuto quell’immagine un po’ borghese che traspariva dai suoi sottili baffi neri, da  quel suo vestire composto e accurato, con il borsalino in inverno e con il cappello di paglia in estate. Mi pare che questo libro, con una documentazione preziosa, consenta un confronto tra padre e figlio che forse non è stato possibile quando il poeta era in vita. Finora molti di noi conoscevano solo l’immagine pubblica del poeta, che dopo aver avuto una serie di  occupazioni come impiegato riuscì ad affermarsi con la sua poesia sino a diventare quel monumento onorato  e riconosciuto in tutto il mondo tanto da essere insignito del Premio Nobel per la letteratura.

Illustriamo la recensione di “Assolo sul padre” a cura di Maria Elena Sini con l’immagine dell’impronta e degli scritti autografi di Salvatore Quasimodo che sono stati rinvenuti nella biblioteca Acclavio di Taranto. Un rinvenimento salutato dalla città pugliese come segno di buon auspicio per la proclamazione della capitale italiana della Cultura che avverrà domani 18 gennaio 2021 (Foto da http://www.laringhiera.net)

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