«Le donne spostano qualcosa quando non si fanno trovare al loro posto»

di Maria Elena Sini

Libro

Il libro di Anna Simone è stato al centro del convegno che si è tenuto all’università di Sassari: Maria Elena Sini ce ne dà conto in questo articolo

Il titolo del convegno che si è tenuto a Sassari il 13 maggio nell’aula magna dell’Università, organizzato dalla sezione cittadina della Fidapa (Federazione italiana donne arti professioni e affari), ha origine dal libro I talenti delle donne, scritto da Anna Simone, sociologa e ricercatrice presso l’università di Roma 3. Si tratta di una riflessione sul presente e sul futuro del femminile che cerca di leggere i mutamenti sociali del presente attraverso ventuno profili esemplari di donne, evitando il più possibile la retorica della vittimizzazione o, al contrario, l’esaltazione di un femminile da cui estrarre solo plusvalore economico. Le voci di Emma Bonino, Chiara Saraceno, Norma Rangeri, Ilaria Cucchi, Lucrezia Reiclin e di altre donne piene di talento e passione per quello che fanno raccontano il proprio percorso per dimostrare quanto le loro singole biografie, le loro esperienze e le loro scelte siano irriducibili alle narrazioni di superficie che, per fortuna o per sfortuna, a seconda delle circostanze, toccano l’universo femminile.

Attraverso questo mosaico di testimonianze l’autrice indaga i rapporti di potere che si realizzano nella politica, nel mondo del lavoro, nella vita quotidiana per dimostrare come possa essere possibile, nonostante tutto, per passione e per talento, riuscire a fare ciò che si desidera anche se si è donne.

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In Romania per il battesimo del mio “quasi” nipotino. Con musica zingara, fango e tanta palinca

 Testo di Erica Sai – Foto di Franco Sai

Erica danzante

Erica Sai fotografata dal padre Franco mentre danza a Câmpulung la Tisa, in Romania, alla festa per il battesino del “quasi” nipotino Lucas Franco. Il bambino è il figlio di Alexandra, una signora rumena che in passato ha vissuto a lungo in casa della famiglia Sai ed è “quasi” una sorella per l’autrice di questo interessante reportage

Un fiume scuro si snoda, con due anse bellissime, tra colline intensamente verdi che sono quasi montagne. Questa è la prima immagine della Romania che sbuca dalle nuvole mentre stiamo atterrando all’aeroporto di Cluj Napoca.

Non ero mai stata in nessun luogo di questa nazione ed ero curiosa di vederla almeno un po’, ho preso volentieri le ferie per organizzare un breve viaggio qui insieme ai miei familiari. La destinazione è Câmpulung la Tisa, un posto abbastanza sperduto nelle vicinanze della città più grande Sighetu Marmaţiei, nel distretto del Maramureș. Siamo a due passi dal confine con l’Ucraina nella storica e famosa zona della Transilvania. La scelta non è casuale, andiamo qui per partecipare al battesimo del nostro quasi nipotino Lukas Franco. Alexandra è venuta a casa nostra per molti anni in passato, poi si è fidanzata con Alin, con lui ha avuto Madalin e Lukas e si è sposata. Insomma è quasi una sorella di fatto, anche se non di sangue, abita in Romania con tutti loro e si è mossa solo due volte negli ultimi anni, si sta configurando come più facile andare noi a trovarli una volta all’anno.

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Emigrati italiani: «una razza inferiore»

di Salvatore Quasimodo*

Una commissione paritetica italiana si sta interessando degli emigrati nella Svizzera. Nel «giorno dell’emigrante», una conversazione tenuta alcuni giorni fa, si è parlato molto di loro. La cronaca ci ha riferito di argomenti davvero tristi. Non solo in Svizzera gli italiani sono considerati degli «estranei» – e sarebbe almeno ammissibile – ma addirittura una razza inferiore. Uomini e donne sono costretti infatti a leggi disumane e inutili. Perché la non coabitazione fra marito e moglie?

Forse la Svizzera crede di difendere così i propri confini. E decreta delle «grida» medioevali. Anche il lavoro che si può dare o non dare è un problema provvisorio, non della storia. Gli italiani in Svizzera intanto compiono i lavori più faticosi. Si parla, come al solito, di diversità di natura, di una necessaria divisione, come se si trattasse di difendere la purezza di una stirpe nobilissima. Si ripete una vicenda che è già stata vissuta in America e in altri paesi. Forse gli emigranti sono ancora degli avventurieri che tentano timidamente la vita senza avere radici sociali? L’Italia non si esprime chiaramente, parla in nome di alcuni retorici ideali di patria, ormai sconfitti dal denaro e dalla corruzione. Invece gli emigranti devono essere difesi: essi chiedono almeno un controllo umano: la loro è vita italiana che si svolge fuori dalla patria.

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«I only wanted to one time to see you laughing», Volevo solo vederti ridere una volta

a cura di Luca Bartolommei

prince

I never meant to cause you any sorrow
I never meant to cause you any pain
I only wanted to one time to see you laughing
I only wanted to see you
Laughing in the purple rain

Purple rain, purple rain, purple rain, purple rain, Purple rain, purple rain
I only wanted to see you bathing in the purple rain

I never wanted to be your weekend lover
I only wanted to be some kind of friend
Baby, I could never steal you from another
It’s such a shame our friendship had to end

Purple rain, purple rain, purple rain, purple rain, Purple rain, purple rain
I only wanted to see you underneath the purple rain

Honey, I know, I know
I know times are changing
It’s time we all reach out
For something new, that means you too

You say you want a leader
But you can’t seem to make up your mind
I think you better close it
And let me guide you to the purple rain

Purple rain, purple rain, purple rain, purple rain
If you know what I’m singing about up here, c’mon, raise your hand

Purple rain, purple rain, I only want to see you
Only want to see you in the purple rain

(Purple rain – Prince and the Revolution – Album Purple rain, 1984)

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«cioè vera vita»

di Maria Pia Quintavalla*

è nello spirito              nell’onda

tiepida e veloce ma contenta, nel

tempo del risveglio che continua,

che una volta animate le

cose i templi (onde, sabbia, futuro)

usava portar con sé – quell’onda e

 

movimento – ogni altra forma ogni altra

vita se non paura millenaria

deflagrata e còlta fin dalle più intime

essenze e parvori, cioè vera vita.

locandina donne e poesia

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Quel giorno a pranzo con la signora Andrée, la madre di Marco Pannella

di Sergio Angelo Picchioni

Pannella fanciullo (all'estrema destra) con la sorella Liliana e la madre Andrée Estachon.

Marco Pannella bambino in una foto di famiglia con la madre Andrée Estachon e la sorella Liliana. Il leader radicale è morto ieri a Roma all’età di 86 anni

Era un mezzogiorno di cinquant’anni fa, ed ero a pranzo da amici di amici, nel quartiere africano di Roma. Un tavolo quadrato, non grande, ed io di fronte ad una signora con la quale si parlava francese. Sulla destra un giovane ricciuto e taciturno, in camicia, apparentemente stanco, curvo sul piatto. Era appena tornato da Parigi, e sembrava assorto in qualche suo pensiero che lo estraniava dai presenti. Non ricordo di aver scambiato con lui nemmeno una parola, né  di averlo in fondo considerato importante. Quel giovane era Marco Pannella, e la signora sua madre. Ho poi conosciuto la sorella Liliana, musicologa, con la quale strinsi una buona amicizia fatta di esperienze concertistiche e corali.

Da lei, dopo molti anni e quando Marco era già all’apice della sua esperienza politica,  ho saputo che in famiglia avevano serie difficoltà finanziarie con la casa e più in generale col menage quotidiano. Ho poi incontrato Marco, fuggitivamente, durante un suo comizio, fu estremamente gentile, e mi invitò a rivedere la sorella che non frequentavo più da tempo. Marco ha avuto un atteggiamento decisamente anticlericale, e non glielo perdono. Ma penso che fra tutti i politici mangia mangia che proclamano il Vangelo lui sia stato uno dei pochi onesti. Mi dispiace dunque di non averlo più incontrato, e che ora non ci sia più.

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“Book of Saturday”, la canzone per parlare a lei

di Luca Bartolommei

"Lark’s Tongues in Aspic" è un album dei King Crimson del 1973. Questo post di Luca Bartolommei era pronto da tempo ma oggi la pubblicazione si è imposta con la notizia che il gruppo britannico che ha fatto la storia del progressive rock sarà in Italia in autunno.

“Lark’s Tongues in Aspic” è un album dei King Crimson del 1973. Questo post di Luca Bartolommei era pronto da tempo ma oggi la pubblicazione si è imposta con la notizia che il gruppo britannico che ha fatto la storia del progressive rock sarà in Italia in autunno (p.c.)

Quante volte abbiamo dedicato una canzone a qualcuno? A volte lo abbiamo fatto palesemente, in diretta, a volte senza farci riconoscere, a volte lo abbiamo fatto soli, nella nostra stanza, senza nemmeno che il destinatario/la destinataria lo sapesse. Uomo o donna, amico o amica, possibile relazione, amore consolidato o storia senza speranza, era un’esigenza nostra, nient’altro era importante, solo dedicargliela. Qualche volta, gliel’abbiamo fatta ascoltare.

In genere non mi piace descrivere i miei sentimenti o le mie sensazioni con le parole di altri, preferisco le mie. Preferisco sbagliare da solo. Preferisco giocare vincente un cavallo che mi piace, anche se poi arriverà ultimo, piuttosto che affidarmi alla “dritta” di un altro. Stupido due volte: una perché il cavallo è rimasto al palo, comunque ultimo, due perché non ho ragionato con la mia testa.

Quella volta, invece, mi è tornata in mente una canzone complessa, non complicata, complessa, e ho deciso che valeva la pena di rischiare, anche tanto.

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La musica e il “carattere dell’anima”

di Daniel Barenboim*

faraj-suleiman

Piano City Milano torna per la sua sesta edizione il 19, 20 e 21 maggio 2017. Da oggi, 13 gennaio (e fino al 28 febbraio), sul sito http://www.pianocitymilano.it, sarà possibile iscriversi online come pianista, per mettere a disposizione il proprio spazio o per tenere un concerto a casa propria. E questa sera alle 19 si festeggia l’apertura delle iscrizioni con un concerto del compositore e pianista palestinese Faraj Suleiman (foto) nella Sala Polifunzionale della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli (immagine da  https://www.youtube.com/watch?v=rOtflMo7P3M)

Sono fermamente convinto che sia impossibile parlare della musica. Ne sono state date numerose definizioni che in realtà descrivono solo una reazione soggettiva alla musica. A mio parere l’unica definizione davvero precisa e obiettiva è quella data da Ferruccio Busoni, il grande pianista e compositore italiano, il quale disse che la musica è “aria sonora”. Con ciò si dice tutto e il contrario di tutto. Schopenhauer, invece, vide nella musica un’idea del mondo. In musica, come nella vita, possiamo parlare davvero solo delle nostre reazioni e delle nostre percezioni. E se provo a parlare della musica, è perché l’impossibile mi ha sempre attratto più del difficile. Non fosse altro perché tentare l’impossibile è, per definizione, un’avventura, e mi comunica una sensazione di energia che trovo assai attraente. Inoltre c’è il vantaggio che il fallimento non solo appare tollerabile ma è addirittura previsto. Quindi tenterò l’impossibile e cercherò di individuare alcuni collegamenti fra l’inesprimibile contenuto della musica e l’inesprimibile contenuto della vita.

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L’empatia di Wisława Szymborska e la vita psichica dei cani

di Wisława Szymborska*

Alla Szołayski House di Cracovia resterà aperta fino al 30 dicembre 2020 la mostra Szymborska’s Drawer (La scrivania di Szymborska) che presenta pezzi di arredamento della poeta Premio Nobel e alcuni dei suoi mitici collage che nel 2016 furono esposti a Bologna. 

Collage © Fondazione Wislawa Szymborska

Uno dei collage di Wisława Szymborska: fa parte della mostra ” La fiera dei miracoli”, allestita da Sebastian Kudas nella sala Ercole del Palazzo d’Accursio di Bologna. Da oggi fino al 31 maggio (Collage courtesy Fondazione W. Szymborska http://www.istitutopolacco.it)

In questo libro sulle malattie canine troviamo una trattazione completa di quasi tutti i disturbi umani, dall’anemia all’itterizia. I cani soffrono e muoiono proprio come gli uomini. Si sforzano di tenerci compagnia persino in questo ambito. Naturalmente soffrono in maniera molto più discreta: non ci raccontano ogni dettaglio dei loro malanni, non sono vittima di insopportabili attacchi di ipocondria, e nemmeno si accorciano la vita fumando sigarette o bevendo vodka. Ciò non significa che da un punto di vista statistico la loro salute sia migliore di quella umana, dal momento che, oltre alle malattie comuni all’uomo, i cani sono afflitti anche da morbi specificamente canini. Non per nulla il libro ha più di quattrocento pagine e dà l’impressione di essere un’opera fondamentale al riguardo. Tuttavia non lo è. L’autore ha tralasciato le più frequenti affezioni tra i cani, vale a dire psicosi e nevrosi d’ogni sorta. Un tempo la scienza veterinaria non stava a perdersi dietro a cose del genere, adesso invece la vita psichica degli animali domestici è divenuta oggetto di specifiche ricerche. Peccato che a questo proposito nel libro non troviamo nulla. Verremmo senz’altro a sapere che, al nostro fianco, i vari Fido e Rex non se la passano benissimo. Per tutta una vita tentano di capirci, di adattarsi alle norme di comportamento che imponiamo loro, di cogliere nelle nostre parole e nei nostri gesti ciò che li riguarda. Si tratta di uno sforzo immenso, di una tensione continua.

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«… questo tuo essere re delle mie giornate»

di Amelia Rosselli*

amelia

«Amelia Rosselli nasce il 28 marzo del 1930 a Parigi, figlia di Marion Cave, un’attivista del partito laburista britannico, e di Carlo Rosselli, esule antifascista (fondatore di Giustizia e Libertà) e teorico del Socialismo Liberale. Nel 1940, ancora bambina, è costretta a fuggire dalla Francia in seguito all’assassinio, compiuto dalle cagoulards (le milizie fasciste), del padre e dello zio Nello» 

Vorrei darti il mio sangue tutto

Ma esso corre in piccoli inestricabili

rivoletti, e non graffia la tua porta

d’entrata con abbastanza tenerezza

per tenerci a galla.

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Un pittore della fotografia e una giornalista con il cuore da poeta: due grandi in Cappadocia

di Donatella Bisutti*

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Donatella Bisutti è tra l’altro autrice del long seller “La poesia salva la vita” (Feltrinelli) e lo scorso novembre ha fondato poesiaeconoscenza.it

Il 19 aprile è morto a 89 anni un grande fotografo, Fulvio Roiter. Abitava da anni al Lido di Venezia ed era diventato famoso soprattutto per le foto che aveva dedicato a Venezia e al suo Carnevale. Ma in realtà per anni la sua grande passione era stata viaggiare e aveva percorso mezzo mondo ricavandone una serie di libri fotografici che si distinguevano per il rigore e l’originalità compositiva con cui trasformava il reportage in opera d’arte secondo uno stile del tutto personale. Roiter era in certo modo un “pittore della fotografia”.

Io l’avevo conosciuto tantissimi anni fa e da allora eravamo diventati amici, anche con la moglie belga. Io allora ero una ragazza molto giovane e, per circostanze familiari – mio padre aveva fondato a Istanbul una società per conto della Pirelli – abitavo con i miei in Turchia, un Paese che mi affascinava e a cui per questo mi sento ancora legata. Ma siccome volevo tornare in Italia e costruirmi una vita mia – mi ero appena laureata, in Belgio, sempre per via del lavoro all’estero di mio padre – e sognavo di diventare giornalista, scrissi di mia iniziativa il diario di un viaggio alla scoperta delle antiche colonie greche dell’Asia minore, principalmente Smirne ed Efeso. Allora non c’era in quella regione alcuna attività turistica e gli archeologi francesi e tedeschi stavano solo cominciando a disseppellire rovine che ridisegnavano quelle città facendole risorgere da un paesaggio deserto, da cui nei secoli il mare si era ritirato. Fu così che scoprii, tra parentesi, l’archeologia – che fino ad allora avevo associato al chiuso un po’ muffito dei musei – come un’eccitante avventura.

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“Dal buio della terra” (Empiria) è la nuova silloge poetica di Donatella Bisutti. Verrà presentata oggi 5 maggio a Milano nella Biblioteca Sicilia (ore 18,30) da Mariacristina Pianta, letture di Alessandro Quasimodo. «Dal buio della terra/ succhio l’ansia e l’angoscia/ come la ginestra/ fiorisco».

Mandai questo articolo all’unica rivista che avevo allora a portata di mano, e cioè alla rivista Pirelli, una rivista insigne che per qualche tempo aveva avuto come direttore anche un grande poeta come Vittorio Sereni. Il direttore di allora che credo fosse Castellani, dopo aver precisato che non pubblicava l’articolo per via di mio padre ma perché gli era piaciuto – e questo mi riempì di orgoglio, e riempì mio padre di stupore – a riprova di questo fatto inviò sul campo Fulvio Roiter che allora era ovviamente un giovane fotografo. Lui arrivò con la moglie Louise detta Lu, che per combinazione era belga, Paese in cui io avevo vissuto per anni. Facemmo subito amicizia. Fulvio Roiter allora non era ancora famoso, ma chi se ne intendeva lo considerava già un grande fotografo. Lui e la moglie erano una giovane coppia povera, perché lui era molto selettivo: non voleva lavorare per giornali e settimanali come avrebbe potuto, ma solo per due riviste che secondo lui gli davano la garanzia di una qualità di stampa ottimale, la rivista Pirelli appunto e la storica rivista svizzera Du. Avendo pochi soldi alloggiarono in qualche sorta di ostello e ricordo che venivano a fare la doccia a casa nostra.

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Grazie a Eddo, il mio “confessore” di computer

di Mariagrazia Sinibaldi

A Eddo, mio pazientissimo e sempre presente maestro

Mariagrazia e il maestro 1

Mariagrazia Sinibaldi e il suo maestro di computer Eddo Ferrarini, fotografati da Paola Ciccioli giovedì scorso durante “un ripasso” nella Bibilioteca comunale di Cologno Monzese

Avete fatto caso che le cose, le cose meglio riuscite,  sono quelle che arrivano per caso?

E nelle quali, arrivate per caso, ci buttiamo a capofitto senza valutarne le conseguenze?

E il cui ottimo risultato è dato dal fatto che questo giunge assolutamente inaspettato?

Ecco: questo NON è il mio caso!

L’unica cosa casuale è stata il mio sguardo pigramente poggiato su un volantino che diceva: «S’impartiscono lezioni di computer face to face».

Mi trovavo in biblioteca dove ero andata, non per caso, a chiedere un libro non per caso consigliatomi dalla mia amica. E dirò di più: la parola computer non mi aveva punto per niente!

Ma il face to face… questo sì che m’intrigava! Lezioni private, dio mio che bello! Che se non capisco una cosa posso chiedere spiegazioni senza essere presa per scema! Ecco, sì, quasi un confessore! Mi sono iscritta, rapida e sicura.

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