Gli occhi verdi di Chiara nel faticoso “paradiso” di Ibla

di Angela Giannitrapani*

Angela Giannitrapani davanti alla sede di Zuleima a Ragusa Ibla

Angela Giannitrapani davanti alla sede di Zuleima a Ragusa Ibla (foto di Giampiero Masi)

C’è una terra a forma di triangolo che galleggia, isola, al sud dell’Europa e di fronte le coste africane. Da secoli incrocio di genti, il più delle volte in scontri furiosi e in crudeli giochi di potere. Ma anche, a ben vedere nelle pieghe meno note della storia, frutto di alleanze lungimiranti e integrazioni astute che hanno generato gioielli d’arte, deliri di architettura e le pagine più ricche della sua stessa cultura. A sud di questa terra a sud dell’Europa, il fiume Irminio ha scavato con tenacia e discrezione una breccia tra severi costoni di roccia bruna e sbitorzoluta. Dal risultato del loro incontro, oggi, si possono attraversare canyon, ma è bello dire “cave”, come le chiamano i locali, sinuose e inquietanti.

Gli uomini e le donne, nati o migrati in quelle zone da tempo immemorabile, non ne ebbero paura; anzi chiesero asilo e protezione a quello zoccolo duro: lo penetrarono inventandosi lì le loro case. Così, il Vallo di Noto è disseminato di borghi scavati arroccati o sovrastati dalla roccia scura. Quando cominciarono ad uscire dalle abitazioni delle cave, che oggi restano vuote e buie come delle piccole bocche spalancate dallo stupore d’essere state abbandonate, quelle genti presero a costruire fuori, creando strade come gironi danteschi, attorno ai cocuzzoli. E, benché i più poveri continuarono ad abitare parte di quegli antri fino agli anni cinquanta del secolo scorso, nel 1500 e nel 1600 costruirono e costruirono. Vennero anche i nobilotti di contee vicine che conquistavano o vincevano quelle terre brulle in sorte di disfide o matrimoni. Come liberati dal buio protetto delle loro abitazioni cave e squadrate, si lanciarono in costruzioni destinate alla luce del sole, alte maestose ricche e sovrabbondanti, a riscattare un passato buio e nascosto. Ma non tradirono quella pietra che li aveva protetti, perché di quella ornarono frontali e balconi, portali e stemmi gentilizi.

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Mia mamma non mi ha lasciato. Mia mamma è morta

di Daniela Natale

Abstract speaker silhouette with lettersNon capisco cosa ci sia di tanto difficile nel dire che una persona è morta. Ci si arrampica sugli specchi, si cerca di trovare le parole giuste, partono voli pindarici infiniti per arrivare poi alla sostanza, a quella parola. Morta.

In questo primo anno di “orfananza” ho parlato con tanta gente, per i motivi più diversi, e dall’altra parte, che fosse il personale di un ufficio, l’operatore di un call center, il fioraio, il marmista o chi vi pare, l’atteggiamento è stato, ed è, sempre lo stesso. Prima o poi, in qualunque discorso, arriva il momento della fatidica domanda Continua a leggere

A Teheran, nella parte femminile dell’autobus

reportage di Marina Severini*

Il manifesto dice che il velo "è una protezione, non una limitazione".

Il manifesto dice che il velo “è una protezione, non una limitazione”.

Ho avuto la fortuna di fare un viaggio in Iran nel mese di agosto e di essere ospitata da amici e dai loro amici e parenti in varie zone del paese: Teheran, Isfahan e Rasht (città che si trova a nord, a ridosso del mar Caspio). Ho incontrato pochi turisti occidentali, anche in luoghi che per il loro splendore potrebbero essere mete simili al Colosseo o alle nostre città d’arte; negli scambi occasionali che ho avuto con loro è sempre emerso che la difficoltà di fare un viaggio in Iran è molto legata a un senso di paura per un paese che ci viene mostrato solo attraverso immagini di manifestazioni antioccidentali. Quello che ho scoperto è al contrario la grande ospitalità degli iraniani, non solo di chi mi ha effettivamente ospitata ma anche di quelli semplicemente incontrati per la strada o nella visita a una moschea… riconoscevano immediatamente in me una straniera (nonostante il mio foulard e le maniche lunghe); molti mi hanno fermata per la strada per chiedermi da dove venivo e dirmi solamente benvenuta in Iran.

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Uomini che (odiano) amano le donne

fronte-cop-uomini-che-ok-18-1-webMercoledì 9 ottobre 2013, ore 17.30

Unione femminile nazionale, Corso di Porta Nuova 32, Milano

presentazione del libro di

Monica Lanfranco

Uomini che (odiano) amano le donne
Virilità, sesso e violenza: la parola ai maschi

Interviene con l’autrice:

Marco Deriu

dell’associazione Maschile plurale

Monica Lanfranco dal suo blog sul “Fatto Quotidiano” ha lanciato agli uomini sei domande: che cos’è per te la sessualità? Pensi che la violenza sia una componente della sessualità maschile più che di quella femminile? Cosa provi quando leggi di uomini che violentano le donne? Ti senti coinvolto, e come, quando si parla di calo del desiderio? Essere virile: che significa? La pornografia influisce, e come, sulla tua sessualità? Continua a leggere

Milano contrasta con l’arte la violenza sulle donne

?????????????????????????????????????????Sistema Bibliotecario Urbano /Milano

No al silenzio! Basta violenza sulle donne

Mostre/ incontri/ letture/ performance e interventi musicali

La campagna

Il Sistema Bibliotecario Urbano di Milano, in collaborazione con l’editore OSA Books & Media, presenta una campagna di sensibilizzazione e di informazione sul tema della violenza sulle donne.

L’iniziativa prende il titolo dalla mostra No al Silenzio! Basta violenza sulla donne del satirist Furio Sandrini, alias Corvo Rosso, ideatore, curatore e promotore dell’iniziativa Continua a leggere

Alle donne rivoluzionarie che sanno dire: “io”

“Io sono Bellissima”: un progetto di Loredana De Vitis per smontare gli stereotipi della bellezza femminile

di Daniela Natale

Loredana de Vitis

Loredana de Vitis

Tutto ha inizio quando Loredana, scrittrice e giornalista leccese, incontra se stessa allo specchio. Si guarda e finalmente si vede, in tutta la sua bellezza. Una bellezza non appariscente né tanto meno rispettosa dei canoni che i media e la società ci propinano come “giusti”. La stessa bellezza imperfetta che caratterizza tutte le donne ma di cui le donne non sempre sono consapevoli Continua a leggere

EU Prize for Women Innovators 2014

La Commissione UE ha lanciato la seconda edizione dell’EU Prize for Women Innovators che si chiude il giorno 15 ottobre. Scopo del premio è ampliare nel pubblico la consapevolezza della necessità di impiegare un maggior numero di donne nel campo dell’innovazione.

Possono partecipare tutte le donne residenti in uno Stato EU (o Stato Associato), fondatrice (o co-fondatrice) di una impresa attiva. Il primo premio è pari a  100mila euro.
Per informazioni più dettagliate:
http://ec.europa.eu/research/innovation-union/pdf/women-innovators/contest_rules.pdf

“Quando comunicazione fa rima con discriminazione”

Foto di Ico Gasparri (www.icogasparri.net)

Martedì 17 Settembre 2013
Ore 14.30 – 18.30
Sala Alessi – Palazzo Marino
Piazza della Scala 2 – Milano
Quando comunicazione fa rima con discriminazione
La pubblicità riveste un ruolo dominante nella nostra società: costruisce immagini, veicola messaggi, influenza idee. Ancora troppo spesso pubblicità e media tendono ad abusare dell’immagine delle donne, svilendone il ruolo e offendendone la dignità Proprio per questo motivo, il Comune di Milano, ha messo al centro dell’attenzione non solo il tema della violenza contro le donne, ma anche quello della pubblicità sessista Continua a leggere

Margherita Marconi: “Collages”, in mostra dal 13 settembre a Cividale del Friuli

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Venerdì 13 settembre, ore 18.30
vernissage di
MARGHERITA MARCONI
Presenterà la giornalista e docente Paola Ciccioli
seguirà vin d’honneur
La mostra sarà allestita presso i nostri spazi dal 13 Settembre al 13 Ottobre
Azienda Agricola Il Roncal
Via Fornalis 148 – Colle Montebello – 33043 Cividale del Friuli +39.0432.730138
www.ilroncal.it info@ilroncal.it

Il nostro post su Margherita è qui

Melpignano, la Taranta e la pagnotta (che vuole sempre la sua parte)

testo e foto di Daniela Natale

Melpignano, 24 agosto 2013

Melpignano, 24 agosto 2013

Non ero mai stata al concerto conclusivo della Notte della Taranta. I racconti di chi ci è andato mi hanno sempre scoraggiata, come il pensiero di ficcarmi nel traffico, sudare polvere e vino tra ascelle pezzate e fumi di ignota (o quasi) provenienza. La prospettiva non mi entusiasma. O meglio: non mi entusiasmava. Quest’anno ci sono andata. Perché dopo due anni di permanenza milanese mi è sembrato doveroso firmare il “patto di ritorno” con la mia terra Continua a leggere

Se scegliete Buenos Aires, non fatelo per un moroso (nel senso di uomo)

di Francesca Capelli da Buenos Aires

Francesca Capelli

La giornalista e scrittrice Francesca Capelli (http://www.grandefabbricadelleparole.it/francesca-capelli/#)

Non mi sento un cervello in fuga, nel senso non sono candidata al Nobel e nessuna università statunitense mi ha offerto un budget di milioni di dollari per fare ricerca. Un cervelletto però sì. O forse una gallina. Non ho nessuna storia di sopruso subìto in Italia che mi abbia spinto ad andarmene. Facevo la giornalista freelance, guadagnavo bene (una delle poche, forse perché questa strada l’ho scelta anziché subirla), scrivevo libri per ragazzi, qualche testo teatrale, traducevo romanzi. Poi un giorno ho deciso che tutto questo avrei potuto continuare a farlo altrove. A metà del 2011 ho preso la decisione, mentre una voce dentro di me diceva: «Via via via dall’Italia prima possibile». Gli eventi dei mesi successivi mi hanno convinto che quella vocetta aveva ragione. Mi sono trasferita in una città che amavo e dove mi sono sempre sentita a casa, Buenos Aires. Vivo qui dall’inizio del 2012. Perché Buenos Aires? Continua a leggere

Tolsi le forcine

un racconto di Paola Ciccioli*

Paola Ciccioli, 16 agosto 2013 (foto di Fernando Palmieri)

Paola Ciccioli, 16 agosto 2013 (foto di Fernando Palmieri)

«Adesso non mi chiedere com’ero da piccola, se mia madre mi amava, se mi sentivo sola, se giocavo oppure no, se sognavo di vivere proprio quello che ho vissuto o cos’altro sognavo, e le solite storie. Non farmi domande. Sorvoliamo, ti prego, il momento delle confessioni e dei ricordi. Ho voglia di dormire. Perché non spegni la luce?».

Lui era immobile, disteso sul fianco, la testa appoggiata al braccio. E non parlava. Mi guardava con uno sguardo neutro, nessuno stupore, né offesa, né perplessità. Guardava. Tirai su il lenzuolo, l’amore era finito, che bisogno avevo di mostrarmi ancora? Quel silenzio era imprevisto. Mi aspettavo proteste, nuove carezze, scontate curiosità. E lui invece, semplicemente, teneva i suoi occhi su di me».

«Hai intenzione di andare avanti così tutta la notte?», gli chiesi. Avevo lanciato il guanto della sfida, però ero stata costretta a raccoglierlo da sola. Ero io a chiedere, ad affidarmi alle parole Continua a leggere