di Igort*
Non poteva più parlare, Anna, nemmeno con gli amici. La Cecenia, quasi un’ossessione per lei, era argomento sgradito.
“Scrivo ciò che vedo”, una dichiarazione di intenti, di più: un metodo. Anna aveva fatto della ricerca sul campo un percorso professionale, che poi era diventato esistenziale.
La sua empatia, la capacità di ascoltare e condividere, l’aveva portata a superare i confini del suo stesso metodo. Non poteva più solo “vedere” e “scrivere”, da quel momento si era posta nella condizione di chi assiste le vittime di un massacro.
Un altro, al suo posto, si sarebbe probabilmente rifugiato nella distanza olimpica del cronista, di chi osserva con scrupolo. Lei aveva risposto alle atrocità che registrava giorno dopo giorno, nel modo più semplice, che è anche il più doloroso, il più difficile. Si era denudata della distanza del giornalista, per rimanere semplicemente un essere umano.
E questo l’aveva condannata a morte.
*Da Quaderni russi. Sulle tracce di Anna Politkovskaia. Un reportage disegnato di Igort (Coconino Press 2015). Sto leggendo e guardando in questi giorni, ma a piccole dosi, questo fumetto colto ed emozionante, che racconta della giornalista russa uccisa il 7 ottobre del 2006 ma anche della “democratura” russa, cioè della «democrazia travestita dell’era di Putin» e delle torture cecene. Di Anna Politkovskaia si parlerà durante il Festival dei diritti umani che si terrà alla Triennale di Milano dal 2 al 7 maggio 2017 e che è stato presentato oggi alla stampa. A lei sarà dedicata gran parte del programma del 3 maggio, Giornata mondiale della Libertà della stampa.