di Alba L’Astorina
Ricordo come fosse ieri il concerto di Patrizia di Malta e Francesca Ramos, al Cicip & Ciciap, quando il vivace circolo femminile milanese era ancora nella storica sede di via Gorani 9. Continua a leggere
di Alba L’Astorina
Ricordo come fosse ieri il concerto di Patrizia di Malta e Francesca Ramos, al Cicip & Ciciap, quando il vivace circolo femminile milanese era ancora nella storica sede di via Gorani 9. Continua a leggere
di Gianluca Suanno*
Il ruolo dei giocattoli e la moltiplicazione delle discriminazioni: continua l’analisi sui “mattoncini colorati” e sulla loro “evoluzione” (forzata).
Le ragazze Lego Friends vivono in un mondo dalle sfumature rosa, guidano decappottabili rosa, scorrazzano per le vie lastricate di mattoncini sulle loro cabriolet, sono equipaggiate di ogni accessorio fashion, abitano in case rosa e cavalcano un cavallo marrone che vive in una stalla rosa. Sorseggiano un drink a bordo piscina, vanno a fare shopping, dal parrucchiere e alla mostra canina, persino la cuccia del cane è rosa! Niente sceriffi, poliziotti, super eroi o principi di Persia, ma cinque amiche belle, alla moda, dalla vita stretta e dagli zigomi alti Continua a leggere
di Gianluca Suanno*
All’inizio dell’anno, precisamente dal 4 al 10 gennaio 2014, ho deciso di registrare e analizzare tutte le pubblicità di giocattoli che io e i miei nipoti vedevamo trasmesse sui canali dedicati ai cartoni animati del Digitale terrestre: Boing, Cartoonito, Rai YoYo, Rai Gulp, Super!, Frisbee, K2. Ammetto che il periodo di ricerca sia stato senza dubbio limitato, ma ha alle spalle una pluriannuale visione di cartoni (e quindi di pubblicità) con i miei nipoti Continua a leggere
di Stéphane Hessel*
Chi comanda, chi decide? Non è sempre facile distinguere fra le tante correnti che ci governano. Non abbiamo più a che fare con una piccola élite della quale comprendiamo chiaramente gli intrighi. Il nostro è un mondo vasto. Del quale intuiamo la non indipendenza. Viviamo in un contesto d’interconnettività senza precedenti. Ma in questo nostro mondo esistono cose intollerabili. Per accorgersene occorre affinare lo sguardo, scavare. Ai giovani io dico: cercate e troverete. L’indifferenza è il peggiore di tutti gli atteggiamenti, dire: «Io che ci posso fare, mi arrangio». Comportandoci in questo modo, perdiamo una delle componenti essenziali dell’umano. Una delle sue qualità indispensabili: la capacità di indignarsi e l’impegno che ne consegue Continua a leggere
di Angela Giannitrapani
Foto di Valeria Sinesi e Katia Zambelli
La Casa delle donne di Milano, a poco più di un anno dalla sua fondazione, ha debuttato in BookCity, la manifestazione dedicata ai libri che, anche nell’edizione 2014, ha “invaso” la città con incontri con gli autori e le loro parole.
di Paola Ciccioli
“Médée furieuse” di Ferdinand-Victor-Eugène Delacroix (Charenton-Saint-Maurice 1798 – Parigi 1863). Ho scelto questa rappresentazione di Medea per illustrare il post perché credo che un dibattito completo e intellettualmente onesto sulla violenza debba includere la violenza che a volte anche le donne esercitano. A cominciare da quella psicologica sui figli.
La madre che ho incontrato per caso il 14 agosto nella Milano semideserta è stata arrestata. E in un carcere minorile è ora rinchiuso anche il ragazzo di 17 anni che, secondo l’accusa, avrebbe tentato di uccidere il marito della donna, ingaggiato a questo scopo proprio da lei.
Tentato omicidio.
La svolta è di qualche settimana fa ma ho aspettato di parlare con l’avvocato del marito prima di scriverne sul blog. E dare conto più nel dettaglio del capovolgimento della situazione, di cui ho peraltro già informato chi ci segue, fermo restando che la tremenda imputazione è ancora tutta da provare processualmente.
Lei non ha compiuto quarant’anni e ha messo al mondo tre figli, ancora minorenni.
Il suo sfogo, lucido e senza lacrime, era cominciato alla fermata dell’autobus che fa il giro della circonvallazione interna di Milano. Io avevo appena lasciato il mio dentista, lei arrivava da un noto ospedale della città dove ha sede anche un centro che assiste le donne vittime di violenza domestica.
di Tahar Ben Jelloun*
Tahar Ben Jelloun è tra gli scrittori presenti a La Milanesiana 2019 (http://www.lamilanesiana.eu/)
Il razzismo esiste ovunque vivano gli uomini. Non c’è nessun paese che possa pretendere che non ci sia razzismo in casa sua. Il razzismo è nell’uomo. È meglio saperlo e imparare a respingerlo, a rifiutarlo. Bisogna controllare la propria natura e dirsi: “Se ho paura dello straniero, anche lui avrà paura di me”. Si è sempre lo straniero di qualcuno. Imparare a vivere insieme, è questo il modo di lottare contro il razzismo.
– Ma babbo, io non voglio imparare a vivere con Céline, che è cattiva, ladra e bugiarda…
– Tu esageri. È troppo per una ragazzina della tua età!
– Lei è cattiva con Abdou. Non vuole sedersi vicino a lui in classe, e dice cose spiacevoli sui negri.
– I genitori di Céline hanno dimenticato di darle una buona educazione. Forse loro stessi non sono beneducati. Ma non bisogna comportarsi con lei come fa lei con Abdou. Bisogna parlarle, spiegarle perché ha torto.
– Da sola, non ci riuscirò.
– Chiedi alla maestra di discutere del problema in classe. Sai, bambina mia, è soprattutto con i bambini che si può intervenire per correggere il modo di comportarsi. Con le persone grandi, è più difficile.
– Perché, babbo?
– Perché un bambino non nasce con il razzismo nella testa. Per lo più un bambino ripete quello che dicono i suoi parenti, più o meno prossimi. Con assoluta naturalezza un bambino gioca con gli altri bambini. Non si pone il problema se quel bambino africano è inferiore o superiore a lui. Per lui è prima di tutto un compagno di giochi. Possono andare d’accordo o litigare. È normale. Ma non ha niente a che vedere con il colore della pelle. Per contro, se i suoi genitori lo mettono in guardia contro i bambini di colore, allora, forse, si comporterà in un altro modo.
di Adele Colacino
Scene di vita familiare: Adele Colacino a tavola con il marito Arturo nella casa al mare (foto di Paola Ciccioli)
La situazione mi sfuggiva di mano. Al mattino alzarmi dal letto costava già fatica. Mi ritrovavo sempre più spesso seduta o allungata sul divano. Mi restava comunque il senso vigile di rendermene conto. Continuavo a sentirmi ripetere che quel protocollo di farmaci portava con sé il rischio della depressione e alcuni medici continuavano a evidenziarmelo. Testardamente e a ragione insistevo: «Non sono depressa, sono stanca!».
Me la mandò a casa qualcuno, informandomi brevemente sulla sua correttezza e sulla sua “anomalia” familiare.
Ascoltai senza commentare quella soap opera di quartiere periferico in una città di provincia che superava di gran lunga ogni fantasia hollywoodiana.
Era veloce, puntuale, s’impadronì del ritmo della casa, in poco tempo diventò memoria visiva di ogni oggetto casalingo, di ogni scadenza, scrivendo e parlando le sfuggiva qualche strafalcione, ma conosceva perfettamente il costo di ogni detersivo e calcolava prima della mia calcolatrice il costo di ogni frazione di tempo.
Aveva un bambino, era quanto sapevo di lei, oltre ai suoi dati anagrafici .
di Alba L’Astorina
Il motivo per cui Silvia Cenerazzi ha insistito perché andassi alla Festa dei Boccali, che si tiene ogni anno in Costiera amalfitana, l’ho compreso bene solo da poco, quando cioè ci sono finalmente andata.
Non si trattava solo dell’invito a una bella mostra di ceramiche artistiche che si tiene in uno scenario “sospeso tra terra e mare”, non lontano da Salerno, dove lei abita. La mia amica voleva farmi conoscere una parte “creativa” di sé, che la lega a un mondo di relazioni umane che la nostra distanza non mi consente di apprezzare se non attraverso i suoi racconti. Uno dei tanti scotti che devo pagare per essere lontana da Napoli. Silvia ci teneva a presentarmi Lauretta Laureti, che da nove anni organizza questo evento di fine settembre.
di Roberta Valtorta*
«Saranno stati il caldo oppure un’improvvisa tempesta ormonale, fatto sta che il ragazzino, incensurato e di buona famiglia, nel giro di poche ore è praticamente entrato a far parte del Guinness dei primati. A scatenare in lui quello che a tutti gli effetti è definibile come un raptus di follia sarebbero state le forme particolarmente gradevoli e accattivanti dell’adolescente, la prima ad essere stata adescata, che lui stesso ha definito «una fighissima, con la minigonna».
“Tenta di stuprare tre ragazze: «Erano belle…”, Il Giornale (1)
Questo è un esempio di ciò che è possibile trovare sui giornali che sfogliamo ogni giorno. Sempre più spesso, infatti, capita di leggere articoli che, nel descrivere un fatto di cronaca, altro non fanno che giustificare il carnefice colpevolizzando la vittima. L’immagine dell’uomo che ne traspare è così quella di un primitivo totalmente incapace di controllare i propri impulsi di fronte a una donna che, stando a quanto si legge, per il solo fatto di indossare una minigonna suscita reazioni “da stupro”. Ecco che allora la vittima del reato diventa, nella maggior parte dei casi, l’istigatrice e la responsabile della violenza. Partendo da queste osservazioni, il mio lavoro vuole analizzare il linguaggio utilizzato da alcuni quotidiani del nostro Paese, con lo scopo di rilevare il modo in cui viene presentata l’immagine della donna in relazione a un fatto di cronaca.
di Rosalba Griesi
«Pronto? È lei la signora Rosalba? Sono Mariapia», mi sento dire al telefono una mattina d’inizio luglio. Qui c’è lo zampino di Rosy, penso.
«Ho letto i suoi libri e volevo complimentarmi per i suoi versi leggeri e profondi… mi hanno reso emozioni. Lo sa che amo la poesia?».
Mariapia è un’anziana signora, una ex professoressa di Latino e Greco, ma la sua voce esprime una vitalità incredibile, un’energia insolita, un entusiasmo nuovo, tanto che non le darei affatto 86 anni, come lei stessa mi dice di avere. Col suo accento torinese, mi parla di sé. Lombarda di nascita, sposa un piemontese. Insegna in un liceo classico, ama Orazio e il Sud ed è affascinata dal nome “Ripacandida”…
di Anna Achmàtova*
No, non sono io, è qualcun altro che soffre.
Io non potrei esser così, ma quel che è successo
Neri drappi lo ricoprano,
E portino via le lanterne…
Notte.
* Dedicato a tutti coloro che sanno piangere e urlare ogni singola morte per ingiustizia, violenza, guerra, crudeltà, disamore, invisibilità, abbandono.
I versi sono tratti da: Anna Achmàtova, Poema senza eroe e altre poesie (Einaudi, 1966).
( a cura di Paola Ciccioli)
Giovedì 17 ottobre 2019, in occasione della mostra di Olga Politchtchouk nella sede dell’Associazione artisti del quartiere Garibaldi di Milano, la pittrice nata a San Pietroburgo e la giornalista Paola Ciccioli leggeranno, prima in russo e poi in italiano, alcune poesie di Anna Achmàtova. A partire dalle 18,30, in via Varese 6.
AGGIORNATO IL 15 OTTOBRE 2019