Le rughe del tempo si specchiano nella pelle liscia della giovinezza

di Erica Sai*

Erica si specchia nella nonna Rosina (foto di Matteo Cozzi)

Erica si specchia nella nonna Rosina (foto di Matteo
Cozzi)

«Ericaaa… c’è un concorso in Bicocca! Primo premio 1000 euro!!!». Ebbene sì, bisogna dirlo, è iniziato tutto così. Un messaggio di Matteo mi informava di un concorso fotografico nella nostra università, con premio annesso. Poi ci siamo appassionati anche al tema del concorso, intendiamoci, ma non si può nascondere che in principio quei mille euro hanno avuto il loro ruolo nel solleticare la nostra curiosità. Continua a leggere

“Imagine” il giorno degli avanzi a Central Park

Testo e foto di Alba L’Astorina da New York

rockoftherock (17)

Nei miei ricordi di quando vivevo a Napoli, il giorno successivo a Pasqua, la Pasquetta, è sempre stata una giornata delirante. Bellissima, per carità, salutare! Chiunque decida di uscire dalla propria casa e godere di una giornata di moto all’aria aperta fa una cosa a mio avviso buona. Solo che nel giorno della Pasquetta vigeva per i napoletani una sorta di obbligo a trascorrere la giornata fuori casa che, come è possibile immaginare, rendeva molto affollate le località classiche verso cui tutti si dirigevano: Ischia, Procida, il bosco di Capodimonte, il monte Faito, la spiaggia di Miseno, e intasava di traffico le strade per raggiungerle. Ovunque si andasse, la giornata aveva per tutti un clou comune: il consumo degli avanzi del cibo di Pasqua, che non erano mai parchi: casatielli, tortano, ricotta salata, salame, uova sode, cioccolato e, ovviamente, la pastiera napoletana!

La nostra Pasquetta al Central Park di New York è stata decisamente più sobria e incentrata sul nutrimento dello spirito piuttosto che su quello del corpo; niente pastiera, casatiello e abboffate post feste, al massimo un hot dog o un gelatino presso i venditori ambulanti che si trovano nel parco. E soprattutto niente imbottigliamenti nel traffico, perché New York è una città dove ci si muove con facilità e a costi contenuti con i mezzi pubblici, sia che si vogliano percorrere brevi distanze, sia che ci si voglia spostare verso Long Island, Coney Island o a Brooklyn sull’Est River, ad est di Manhattan. Continua a leggere

Da Hershey’s, sulla 42esima, dove il cioccolato ha il sapore che mio padre portava a casa

di Alba L’Astorina da New York*

Alba a Central Park

Alba al Central Park (foto di Antonio Finizio, che è suo marito)

Tra una visita e l’altra ci capita sempre di passare da Times Square, sulla 42esima, dove sorgono negozi colossali multipiano dedicati alle grandi marche del divertimento e dell’industria dolciaria, tra questi M&Ms e la fabbrica di cioccolato Hershey’s  (la più grande compagnia di produzione in USA), anche noto per essere il cioccolato ufficiale delle forze armate statunitensi. Ha una formula particolare la cioccolata Hershey’s, che pare non fosse tanto gradita dai consumatori non americani, al punto da non essere riuscita a sbarcare oltre oceano, soprattutto in Italia, ma solo nelle basi NATO sparse per il mondo. Ed è da quella di Bagnoli che la cioccolata è transitata per arrivare nelle nostre case a Napoli. Continua a leggere

A Ellis Island, dove i nomi della mia famiglia sono stati “abitati” da altre persone

Testo e foto di Alba L’Astorina da New York

Statua Libertà Ellis Island

Anche se può suonare strano da una napoletana come me, ma la mia visita a New York durante il periodo di Pasqua 2014 ha molto a che fare con i ricordi della mia infanzia. Il legame più importante è di certo con mio padre, che per anni ha lavorato come civile presso il Comando delle Forze Alleate del Sud Europa di Bagnoli, una delle più grandi basi NATO d’Italia. Attraverso la mensa ufficiali, dove mio padre prestava servizio, arrivavano a casa nostra i sapori e le tradizioni tipiche degli americani che frequentavano la base. Ma in questa immersione in emozioni del passato che è diventato il mio soggiorno a New York, molto c’entra anche il versante materno, con le sue storie di emigrazione da Napoli verso l’Inghilterra, prima, e l’America poi. Milano Napoli NY andata e ritorno, 16-28 aprile 2014

Continua a leggere

«Ribelle, mi piace questo nome!»

di Luis Sepúlveda*

Luis Sepulveda Lumaca

La lumaca si rattristò a sentire la storia della tartaruga e divenne ancora più triste quando lei, sempre cercando lentamente fra le tante parole che conosceva, le disse che stava attraversando quel prato, fra esseri strani a volte gentili e a volte ostili, per sempre lontana da quella che era stata la sua casa, perché era diretta in un luogo vago che aveva per nome la parola più crudele. Si chiamava esilio.

«Ti posso accompagnare?» sussurrò la lumaca.

«Dimmi prima cosa cerchi» rispose la tartaruga, e la lumaca le spiegò che voleva conoscere i motivi della propria lentezza e anche avere un nome, perché l’acqua che cade dal cielo si chiama pioggia, i frutti dei rovi si chiamano more e la delizia che cola dai favi si chiama miele. E poi le spiegò che la sua domanda e il suo desiderio irritavano le altre lumache, al punto che avevano minacciato di cacciarla dal prato, e che lei aveva preso la decisione di andarsene e di non fare ritorno finché non avesse avuto una risposta e un nome.

La tartaruga cercò con più calma del solito le parole per replicare e le raccontò che durante la sua permanenza presso gli umani aveva imparato molte cose. Per esempio che quando un umano faceva domande scomode, del tipo: «È necessario andare così in fretta?» oppure «Abbiamo davvero bisogno di tutte queste cose per essere felici?», lo chiamavano Ribelle. Continua a leggere

Grazie a quelle che aspettavano a casa e a quelle che combattevano

di Elisabetta Baccarin

«La nostra storia ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati, attraverso la responsabilità di tutto un popolo.
Dovremmo riflettere sul fatto che la democrazia non è solo libere elezioni, non è solo progresso economico. È giustizia, è rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne. È tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. È pace».

(Tina Anselmi, staffetta partigiana)

Tina Anselmi, nome di battaglia Gabriella

Tina Anselmi, nome di battaglia Gabriella (Castelfranco Veneto, 25 marzo 1927 – 31 ottobre 2016)

E chi se lo aspettava di scoprire una sera per caso al Leoncavallo un minuscolo librettino sugli scritti di don Milani?
E di non riuscire a staccare gli occhi fino a quando le parole conclusive di Carlo Galeotti (il curatore del libro) hanno lasciato non punti interrogativi ma solo punti fermi.
Certezze.
Certezza di sapere a cosa non avrei voluto partecipare e a cosa ancora oggi non intendo prestare né la mia mano né il mio fianco ma neppure l’altra guancia.
«…in questi cento anni di storia italiana c’è stata anche una guerra “giusta” (se guerra giusta esiste). L’unica che non fosse offesa dalle altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana. Da un lato c’erano i civili, dall’altra i militari. Da un lato soldati che avevano obbedito, dall’altra soldati che avevano obiettato».
Queste parole sono uscite da quella beata bocca pensante che aveva don Lorenzo Milani. Molte altre ne ha dette, rischiando e affrontando processi, chiedendo ai cappellani militari con quale faccia, con quale morale, con quale diritto potevano accusare gli obiettori; quale fosse il loro concetto di patria e del verbo ripudiare usato nella Costituzione. Continua a leggere

Bella Ciao ce l’aveva nel cuore

di Elisabetta Baccarin

image

Quest’anno è diverso: per tanti motivi, per poche ragioni.
Un motivo…
Ci siamo trovati a cantare sulla Cisa, venendo via da un inferno sapendone uno migliore.
Almeno da vent’anni non cantavamo insieme ed è stato un bel modo per dirsi qualcuna delle ultime cose sentendone ogni stonatura. E poi Ettore mi ha chiesto: ma noi siamo partigiani perchè siamo partiti?
La sua testa, mannaggia… ma tanto Bella Ciao ce l’aveva nel cuore e se l’è ricordata tutta!
Sarà più difficile questo 25 Aprile: ce n’è uno in meno che canta con noi. Quest’anno scrivo poco, ma canterò più forte dalle Langhe di quel Johnny che gli piaceva molto.

*Questo è il secondo “appunto partigiano” di Elisabetta, datato 2004.

Appunti partigiani

di Elisabetta Baccarin

 

Elisabetta Baccarin

Elisabetta Baccarin

L’altroieri un tassista, circa 50 anni: tragitto lungo per lavoro in milano nel traffico. Partiti da un commento a una radio, arrivati parlando di radiopopolare e della cronoscalata delle grazielle. E in mezzo gli appunti partigiani e la diversità delle nostre considerazioni.

«…e che balle mio nonno… E quel cazzo di fucile, che ogni venerdì sera tornato a fine della settimana di lavoro, lo tirava fuori e lo puliva e lo ingrassava. Solo nel ‘77, quando lui stava male, glielo abbiamo buttato. Sarà ancora giù, nel Villoresi. E un bottiglione se ne andava tutte le volte che iniziava a parlare… sono stufo ancora adesso di tutte le volte che da piccolo mi ha raccontato la storia della sua brigata!».
Voci. Continua a leggere

Donne e uomini su Facebook, corpi e volti

di Marco Biella*

Marco Biella

Marco Biella

Che cosa mi rappresenta meglio? Le mie idee o il mio aspetto? Chi vince nell’eterna lotta tra essere e apparire? Queste domande, spesso lasciate a una filosofia approssimativa, possono trovare risposta se chi se le pone indaga con metodo.

Negli ultimi anni sono apparsi alcuni studi su come le persone si presentano e sugli effetti che le varie strategie hanno su chi si presenta (Saguy e colleghi 2010) e su chi osserva. Ciò ha riportato in luce strumenti che possono tornare utili per determinare se un soggetto, nella presentazione di sé attraverso le immagini, attribuisce maggior importanza al viso (nel quale vengono generalmente rappresentati i tratti propri delle idee e degli stati mentali) o al resto del corpo (generalmente legato all’aspetto fisico). L’indice di prominenza facciale relativa ideato da Archer nel 1983 è quello che ho scelto per questo lavoro in quanto si adatta perfettamente all’ambiente e al materiale esaminato.

Se la letteratura scientifica ha fornito ottimi strumenti per l’implementazione della mia ricerca, ha trascurato il campo in cui essa si muove. Nonostante la proliferazione di lavori di analisi del contenuto proposto dai vari mass-media, ci si è concentrati prevalentemente su quelli più classici come riviste (Hatton e Trautner, 2011), programmi televisivi, immagini pubblicitarie (Archer 1983), e così via trascurando in nuovi e sempre più ingombranti media emergenti i quali sono caratterizzati da una comunicazione bidirezionale e interattiva, a differenza del vecchio sistema che prevede una comunicazione unidirezionale, e non seguono una linea “editoriale” indirizzata da un unico editore di riferimento ma sono costruiti dal basso, grazie alla partecipazione degli utenti. Continua a leggere

Felicità, che l’ultima prepotenza fu quella di troppo e il velo andò alle ortiche

di Adele Colacino

Adele Colacino con le donne della sua realtà

Adele Colacino con le donne della sua realtà

Parlerò di loro e delle storie che a loro appartengono e che, per averle vissute venendone a conoscenza o soffrendole o godendole insieme, sono diventate anche storia mia.

Le battezzerò con i nomi che, secondo il mio istinto e la mia fantasia, sarebbero stati più adatti, come abiti cuciti sulla pelle e non acquistati da un calendario o già usati da una nonna .

Metto la mano nel sacchetto come si fa a Natale quando si gioca a tombola e rimesto facendo tintinnare il contenuto, momenti sospesi, le immagino intorno a me con gli occhi amati e i sorrisi ironici, in attesa di vedere cosa combino mescolando la mia memoria alle emozioni vissute in comune, ma che certamente hanno lasciato segni diversi nella storia di ognuna.

E improvvisamente le mie dita sono timide e lontane dalla tastiera, sarò capace di raccontare senza sbavature, senza urtare negli spigoli che la memoria nel tempo arrotonda o affila fino a cambiare la forma dell’avvenuto?  Continua a leggere

Dalla nostra inviata tra le vignaiole della passione

di Elena Novati

Elena Novati con Rita, la "nuora del Cancelliere"

Elena Novati con Rita, la “nuora del Cancelliere”

E’ terminata il 7 aprile la manifestazione Vinnatur 2014 nella cornice di Villa Favorita, a Sarego (Vicenza), uno degli eventi più importanti a livello europeo per i vignaioli produttori di vini naturali, giunta alla decima edizione e a migliaia di visitatori da tutte le parti del globo terracqueo (non sto esagerando: 140 vignaioli provenienti da otto Paesi, qui il sito http://www.vinnatur.org/). Cosa siano i vini naturali me lo ha spiegato Angiolino Maule, il fondatore e presidente di VinNatur (acronimo di Associazione Viticoltori Naturali) e titolare/produttore di vini naturali dell’azienda La Biancara di Gambellara (Vicenza), incontrato nel mezzo dell’evento (ok, me l’ha segnalato il mio ragazzo, ma io ho attribuito questo colpo di fortuna al cornetto acquistato a Napoli poco tempo addietro e molto disponibile a parlarmi della sua filosofia di vino/vita: «I giovani oggi vogliono uscire dall’omologazione dei vini tipici di 15/20 anni fa; gli anni 2000, sino al 2010, sono stati gli anni fondamentali degli errori, delle prove, degli esperimenti di fermentazione spontanea. Il vino naturale mira ad aumentare le difese immunitarie della pianta stessa, in una continua ricerca dell’equilibrio e senza il ricorso agli additivi chimici come rame (impoverisce la fertilità del terreno, perché debella i funghi e le muffe naturali) e zolfo (perché è un residuo della lavorazione del petrolio nel 99 per cento dei casi, quindi uccide la massa di cellule presenti nel mosto); si controllano solo pulizia e temperatura degli ambienti di produzione: ecco perché questa tipologia di vini risulta tanto eterogenea al suo stesso interno. Investiamo molto in ricerca scientifica, a oggi ve ne sono aperte tre e l’obiettivo è quello di eliminare completamente l’utilizzo di rame e zolfo».  Continua a leggere

Argentini d’Italia, «In questo sfondo infinito siamo…»

di Paola Ciccioli

Una domenica mattina, domenica 6 aprile, va il Cd di Ivano Fossati. Ma la canzone che si impone, e vuole essere ascoltata e riascoltata, è una soltanto: “Italiani d’Argentina”. «Ecco, ci siamo. Ci sentite da lì…».

Vado a cercare il video su Youtube e trovo immagini in bianco e nero di partenze, valigie, vecchi e poveri cappelli, uomini ammassati su bastimenti verso l’avvenire, bambini dagli occhi spauriti.

«In questo sfondo infinito siamo…».

Voglio condividere, nel significato più praticato di questi tempi. E allora posto il video e la canzone sulla mia pagina Facebook, digitando anche cinque nomi, che si illuminano di blu per il contatto telematico sul social network: Francesco Pulitanò, Alejandro Librace, Francesca Capelli, Alberico Capitani, Liliana Severini.  Continua a leggere

«Il piccolo lanciacacca si è montato la testa»?

di Lucia Vastano*

Lucia Vastano fotografata da Paola Ciccioli alla fine  degli Anni '90 nella vecchia casa milanese di Paola

Lucia Vastano fotografata da Paola Ciccioli alla fine
degli Anni ’90 nella vecchia casa milanese di Paola

Forse voi tutti farete fatica a crederlo, ma il mio primo lavoro non è stato per niente edificante: gettavo escrementi sulle scarpe dei turisti per conto di una shoe shine di Connaught Place, lo stesso al quale poi si rivolgevano le vittime designate per farsele pulire.

«E’ una vergogna, sahib, ma cosa ci vuole fare, questi piccoli disgraziati si divertono come possono. Sono figli della strada. Non hanno un padre e una madre che li educhi. Faranno tutti una brutta fine» mugugnava servilmente il mio capo.

«Ma non si preoccupi, sahib, noi indiani non siamo tutti così, noi rispettiamo gli ospiti stranieri. Le scarpe io gliele pulisco gratis, anche quella che non è stata offesa. Saranno entrambe più belle di prima, sahib».

Non era un caso che il mio boss utilizzasse con tanta generosità il termine sahib per riferirsi agli stranieri. Sapeva che quella parola della nostra lingua la conoscevano tutti molto bene e si sentivano gratificati a sentirsi chiamare così. PadroneContinua a leggere

Makramè, il tessuto del benessere imbastito di asimmetrie

di Antonella Piccolo e Wanda Di Pierro

Makramè apertura

Donne del mondo creano insieme. Tutte le foto sono dell’associazione Macramè

«Makramè – tessere percorsi relazionali –  è un’associazione che nasce nel settembre 2005 e che inizia

la sua attività operando nei campi della convivenza, dell’integrazione e del disagio psicologico, sociale e istituzionale.

L’immagine del makramè, come tessuto costituito da fili di diverso spessore intrecciati e annodati, rappresenta per noi l’idea delle possibili connessioni tra la pluralità di persone, relazioni, spazi e significati all’interno del tessuto sociale. Fondiamo dunque la nostra azione a partire dall’assunto che il benessere delle persone sia strettamente connesso all’appartenenza a reti sociali plurali.

Le proposte di lavoro dell’associazione nei primi anni si concentrano sulla promozione del benessere psicofisico e intercettano differenti tipologie di destinatari: dagli anziani, agli adolescenti, ai bambini. Ma sin da subito, un occhio di riguardo viene dedicato alle donne tutte, italiane e migranti, nel tentativo di attivare percorsi che restituiscano alle donne un’adeguata visibilità e la possibilità di ottenere un riconoscimento del proprio ruolo e del proprio spazio sociale. Continua a leggere

Napoli in chiaroscuro, con in testa la domanda: «Dopo cosa farai?»

Testo e foto di Elena Novati

San Gregorio Armeno

San Gregorio Armeno

Ecco finalmente il momento tanto atteso: laurea. Vuol dire che «finalmente me ne vado di qui» (qui: l’Università), vuol dire che finisci di brindare e pensi al dopo, un generico e inconsistente periodo di tempo che può variare tra un minuto e i prossimi 30 anni. Parto per prendermi un fine settimana di stacco dopo mesi passati su dati&articoli; vado a Napoli, ho deciso per un tour dedicato a visita della città e visita (ipercalorica) alla sua cucina: tanto quel che gli altri non ti vedono ingurgitare, non conta. Dunque parto accompagnata dal fidanzato (ignaro della destinazione sino al momento della partenza: sì, doveva essere un regalo di compleanno con un onesto mese di ritardo) e curiosa di visitare quanto previsto dal mio programma di viaggio; arriviamo a Napoli verso le 17, l’ora del tè diventa immediatamente l’ora della riccia o della frolla (le due versioni della sfogliatella): ci si adegua con estrema facilità a questo cambio d’abitudine, con gioia delle papille gustative (sarà forse questo, il “Miracolo di San Gennaro” per chi, come noi, è più vicino al paganesimo che ad altra confessione?…).  Continua a leggere