“Dal 28 al 28”, a Dongo voci di donne contro il fascismo

di Paola Ciccioli

Il 28 ottobre 1922 la marcia fascista su Roma e la presa del potere da parte di Benito Mussolini.

Il 28 aprile 1945 l’esecuzione della condanna a morte del dittatore a Giulino di Mezzegra, non lontano da Dongo, sulla sponda occidentale del lago di Como, dove il duce era stato arrestato dai partigiani il giorno prima mentre cercava – travestito da soldato tedesco – di scappare dall’Italia devastata dalla guerra da lui stesso voluta.

L’ANPI Dongo e l’ANPI Lario Occidentale, avvertendo tutto il peso di queste due date, ha promosso una serie di iniziative che, con il titolo “Dal 28 al 28”, intendono approfondire la storia del fascismo, iniziando e chiudendo il ciclo di incontri con focus sul ruolo avuto dalle donne nella Resistenza e poi nell’Assemblea Costituente e nella stesura della Costituzione.

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La Resistenza cattolica lasciata scomparire

Testo e foto di Paola Ciccioli

Pubblichiamo tre interventi in tema di Memoria partigiana e di uso blasfemo di parole (leggi qui) e di simboli religiosi da parte di esponenti della destra italiana: i tre post sono stati anticipati dalla coordinatrice del nostro blog sul proprio profilo Facebook il 14, 18 e 19 agosto 2022.

È stata lasciata sparire, ma è esistita e ha avuto i contorni dell’eroismo. Mi riferisco alla Resistenza dei cattolici e, più precisamente, dei sacerdoti e delle suore che durante il fascismo aiutarono i partigiani e misero in salvo gli ebrei destinati ai campi di sterminio.

Una lettura parziale e preconcetta della Storia ha consentito che si dimenticassero – come il pannello qui sotto simbolicamente dimostra – figure come, per esempio, don Francesco Rovelli che a Bellano venne arrestato il 21 agosto 1944 perché organizzava il trasferimento in Svizzera dei perseguitati da fascisti e nazisti, insieme con il suo coadiutore don Luigi Lissoni.

Foto scattata a Bellano (Lecco) da Paola Ciccioli il 14 agosto 2022

Quali altre informazioni ci siano su questo cartello non so dirlo perché è diventato illeggibile. L’altro giorno sono scesa dal sentiero del Viandante per andarlo a fotografare di nuovo perché le immagini che avevo erano già desolanti e, purtroppo, ho dovuto constatare che ora lo sono ancora di più. Eppure, l’indicazione del percorso Itinerari della Memoria – Partigiani sulle Grigne è a un metro dall’uscita molto frequentata dell’Orrido, la magnifica gola che attraversa il paese sul lago di Como, ed è a pochi gradini dalla chiesa dei Santi Nazaro e Celso dove i due preti predicavano e praticavano il rispetto delle vite e della libertà.

L’aver lasciato che il peggio della politica nazionale usasse in modo blasfemo la fede e i simboli religiosi a scopi biecamente propagandistici è un errore che cozza con i fatti del nostro passato e con la religiosità di questa regione, disseminata di cappelline votive e con una Madonnina dorata che domina la città del Nord d’Italia più “vicina all’Europa”.

‘Memoria di sacerdoti “ribelli per amore”, 1943 – 1945’ (Centro Ambrosiano di Documentazione e studi religiosi, 1986). Un grazie per la collaborazione a Elena Sormani della Biblioteca di Paderno d’Adda, Sistema Bibliotecario del Territorio Lecchese.

Mi hanno detto che l’acqua del lago custodisce memoria di chi lo ha attraversato. Qualcosa di vero dev’esserci e, se nell’acqua è impossibile scavare, libri e biblioteche ci vengono in soccorso.

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«Macerata è Libera»

di Augusto Pantanetti

Domani, 30 giugno 2021, saranno 77 anni che Macerata è stata liberata dall’oppressione del nazifascismo. L’Amministrazione comunale della città marchigiana, guidata dal sindaco leghista Sandro Parcaroli, con una decisione senza precedenti ha (letteralmente) “snellito” la cerimonia istituzionale in ricordo dello storico 30 aprile 1944 e vietato ai rappresentanti dell’Anpi di tenere il loro discorso. Al punto che l’Associazione nazionale partigiani ha dovuto organizzare un altro incontro pubblico per il pomeriggio, durante il quale verranno letti brani dal libro Il Gruppo Bande Nicolò e la liberazione di Macerata del comandante partigiano Augusto Pantanetti. Vi proponiamo con commozione l’ultimo capitolo.

La bandiera che i partigiani issarono sul Monumento ai Caduti di Macerata la mattina del 30 giugno 1944 dove domani alle ore 19 si terrà la commemorazione delle democratiche e dei democratici maceratesi. La presidente dell’Anpi di Macerata, Lucrezia Boari (della quale trovate un intervento in questo blog) ha scritto: «Una bandiera cucita con la stoffa di un paracadute degli Alleati e dipinta a mano. Un tricolore senza lo stemma della monarchia. La bandiera dell’Italia che sognavano libera e migliore “per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contrario”».

Avanziamo a passo di lumaca. La gente viene avanti con noi continuando a manifestare con gioia, sino all’imbocco della città ormai libera. Con una autocarretta attraversiamo in un lampo la città e laggiù sullo sfondo, anche se piccolissima vista da lontano, laggiù sul monumento alla Vittoria svetta la nostra bandiera. Pino Pinci e i 12 ragazzi del suo gruppo hanno fatto il miracolo; alle ore 11 e 30, cioè ben 5 ore prima che noi si giungesse a Macerata, deponevano il vessillo bianco-rosso-verde sull’Ara che ricorda i caduti in guerra. Ma lasciamo a lui il compito di ricordare quest’ultima azione dei 296 giorni di preludio alla libertà, tanti furono i giorni della nostra guerriglia:

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“Quel manifesto fascista con la mia condanna a morte sui muri di Bellano”

di Antonietta Osio Nogara

Sopra Bellano c’è un Santuario del Seicento che ha alle spalle boschi di castagni profumati e di fronte montagne con le cime candide per gran parte dell’anno, sorgenti dalle acque del lago di Como che nei mesi di sofferenza della pandemia si sono svuotate di vele e suoni. Un piccolo tondo sacro con una Madonnina e il suo bambino conduce qui da secoli persone che cercano o hanno trovato un appiglio di speranza, come testimoniano le centinaia di ex voto appesi dietro l’altare maggiore. Tra questi c’è, incorniciato, un manifesto della Guardia nazionale repubblichina che l11 agosto del 1944 annunciava la fucilazione di “Scalcini Pietro Leopoldo, Cameroni Antonio fu Pietro, Bazzi Giusto di Giacomo, Osio Antonietta nata Nogara e Brumana Bruna fu Giovanni”. Quel manifesto è lì per volontà di Umberto Osio, marito di Antonietta Nogara, appartenente a una facoltosa famiglia di banchieri e diplomatici, che in una lettera scritta alla madre Ester il 22 maggio del 1945 racconta perché i fascisti l’avevano arrestata, condannata a morte e rilasciata soltanto due ore prima della fucilazione. Un documento di eccezionale valore, che sono stata autorizzata a pubblicare, contenuto nel libro Antonietta Osio Nogara 1904 – 1987, Diari e pagine sparse, fatto stampare dall’ambasciatore Bernardino Osio, suo figlio, nel 1989. Con un grazie alla signora Donata della Biblioteca di Bellano per la collaborazione. (Paola Ciccioli)

L’ex voto nel Santuario della Beata vergine di Lezzeno (foto di Paola Ciccioli)

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Il mondo com’era nel diario di Luciana Castellina

a cura e con foto di Paola Ciccioli

Certo che i libri ci hanno sostenuto durante la fase più rigida della nostra quarantena: su Facebook e qui sul blog, i due canali che abbiamo usato di più, c’è stato tra noi uno scambio intensissimo. Tra le letture più belle che ho fatto io in queste settimane c’è La scoperta del mondo di Luciana Castellina (Nottetempo 2011), un racconto appassionante basato sulle pagine del diario che la futura dissidente del PCI e tra i fondatori del Manifesto inizia a 14 anni in coincidenza con una data decisiva per la Storia d’Italia: il 25 luglio 1943. Quel pomeriggio, a Riccione, l’adolescente Luciana stava giocando a tennis con Anna Maria Mussolini quando la figlia del dittatore fu portata via dalla guardia del corpo perché il Duce era stato arrestato. Il libro ha accompagnato me e chi ci segue sui social tra i giorni precedenti il 25 aprile e quelli successivi al 1° maggio 2020, due ricorrenze che abbiamo celebrato sentendoci comunque vicine/i sulla sconfinata piazza del web.

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“Non dimenticate”

Testo e foto di Gabriella Cabrinidiario dall’ospedale di Cremona

“Vi chiedo solo una cosa: se sopravvivete a
quest’epoca, non dimenticate.
Non dimenticate né i buoni né i cattivi.
Raccogliete con pazienza le testimonianze di
quanti sono caduti, per loro e per voi”.

Per salutare le amiche e gli amici sulla sua pagina Facebook, oggi Gabriella Cabrini ha scelto queste parole del giornalista e scrittore antifascista ceco Julius Fučík, ucciso dai nazisti il 18 settembre 1943.

Gabriella Cabrini accompagna con versi trascritti negli anni le pagine del suo diario: «Amo da sempre la poesia perché le poetesse e i poeti sanno dare parole alle mie sensazioni ed emozioni esattamente come le sento, ma con poche semplici parole»

Proseguiamo nella pubblicazione del suo diario pubblico tenuto durante il ricovero nel reparto di Chirurgia dell’ospedale di Cremona da cui ha scattato anche questa foto che vi proponiamo. La nostra scelta è stata quella di  mettere assieme gli appunti di Gabriella Cabrini all’incontrario, iniziando cioè dalla fine, dunque dal giorno in cui è stata dimessa per proseguire le cure contro il virus a casa. (p.c.)

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La Resistenza negli occhi dell’Agnese

di Renata Viganò

Al Mic – Museo interattivo del Cinema di Milano mercoledì 4 dicembre 2019 (ore 15) verrà proiettato il film L’Agnese va a morire di Giuliano Montaldo (qui), tratto dall’omonimo romanzo del 1949 di Renata Viganò che ha come protagonista una lavandaia che, intimamente ferita dalla violenza del nazifascismo, diventa quasi senza accorgersene una valorosa partigiana. La trasposizione cinematografica del bellissimo libro, di cui proponiamo le pagine iniziali, è del 1976, con Ingrid Thulin nel ruolo della protagonista e Massimo Girotti in quello del marito Palita. Musiche di Ennio Moricone.

L’attrice Ingrid Thulin in un fotogramma del film “L’Agnese va a morire” di Giuliano Montaldo (scatto di Paola Ciccioli). Nel 2021 è uscito per Solfanelli il libro di Massimo Recchioni “Una svedese in guerra. La storia de L’Agnese va a morire”.

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«Mia madre Laura che portava da mangiare al partigiano scampato alla fucilazione»

Testimonianza di Clara Schiavoni

Per la festa delle madri oggi vogliamo ricordare la mamma dell’amica scrittrice Clara Schiavoni che è sempre accanto a noi, anche quando lascia la sua Osimo per volare dai nipotini a Dublino, in Irlanda. Per il 25 aprile nel Gruppo Facebook di Donne della realtà sono arrivate molte segnalazioni e abbiamo letto e condiviso tante storie sulla Resistenza e sulla Liberazione. Clara ci ha invitat* alla marcia di Montalto, nelle Marche,  in ricordo dell’eccidio che lì si consumò il 22 marzo 1944: “Ventisette uomini tra partigiani di vecchia data e giovani giunti in montagna da meno di un mese persero la vita per mano di un reparto del battaglione M – IX Settembre, inquadrato nella divisione tedesca Brandenburg”. La nostra amica ci ha segnalato anche il sito www.storiamarche900.it da cui attingere maggiori informazioni su quella strage e sulla circostanza grazie alla quale cinque partigiani riuscirono a salvarsi: «Cominciò la fucilazione e di quattro in quattro, anche i catturati a Caldarola, si trovarono sotto il plotone di esecuzione. Verso la fine il tenente Fischer la sospese, probabilmente non per uno slancio di umanità, ma per ragioni pratiche: la strada era ingombra di cadaveri e i camion che dovevano muoversi erano impossibilitati a farlo, quindi si doveva procedere immediatamente con lo spostamento dei corpi. In questo modo furono risparmiati Marcello Muscolini, Aroldo RagainiAlberto Pretese, Carlo Manente ed Elvio Verdinelli. Si salvò anche uno dei fucilati, Nello Salvatori, che gravemente ferito si finse morto e attese per tre ore che i soldati se ne andassero».

Illustrazione tratta dalla pagina Fb di ANPI Affori, Milano

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In ricordo di Teresa Mattei, che ha salvato la vita a mio padre e consentito a me di esistere

di Antonio Del Lungo

Teresa Mattei (1921-2013)

Teresa Mattei (1921-2013)

Teresa Mattei salvò la vita a mio padre Silvano, classe 1922, e conseguentemente ha permesso al sottoscritto di esistere. Nella foto grande è tra mio padre ed Ettore Bernabei in uniforme. Voglio ricordarne la storia…

Due anni fa se ne è andata Teresa Mattei. Filosofa, partigiana, deputata della Costituente, viene tra l’altro ricordata per aver scelto la mimosa come simbolo della festa della donna e per il coinvolgimento personale nella controversa uccisione del filosofo Giovanni Gentile. Voglio oggi raccontare un aneddoto privato che mi coinvolge personalmente: Teresa salvò il destino e la vita di mio padre nel 1944 permettendo, indirettamente, al sottoscritto di esistere. Continua a leggere

La Resistenza, le nuove resistenze e la nostra “metamorfosi”

di Angela Giannitrapani

Lidia Menapace

Lidia Menapace

«Figlie mie, siate indipendenti. Potrete sposarvi, non sposarvi, cambiare marito ma non dovrete mai chiedergli i soldi per le calze. Perché non si può essere indipendenti dalla testa se non lo si è dai piedi». Questa raccomandazione ricorda Lidia Menapace, tra quelle più importanti di sua madre e la divide con il pubblico di donne che affolla le due sale della Casa delle donne di Milano, dove sabato 11 aprile si è svolto l’incontro: Le Donne, la Resistenza…il Presente, organizzato dal gruppo Libr@rsi e condotto da Francesca Amoni. Protagoniste due inossidabili novantenni: Lidia Menapace e Lidia Custodi. Per un improvviso contrattempo, non è intervenuta Francesca Wronowski Fabbri, la terza invitata a partecipare. Rimando alle loro intense biografie per un approfondimento. Qui mi fermo all’elemento comune che le ha portate all’incontro: entrambe hanno fatto la Resistenza, una delle due con il grado di sottotenente. Entrambe hanno avuto a che fare con la lotta armata; ma tengono a precisare che si sono rifiutate di usare le armi. La Custodi le trasportava soltanto e sorride al ricordo di quella volta in cui, caricati i fucili su un carretto, con le sue compagne completò il carico con la testa e le zampe di un agnello per camuffarlo come trasporto di cibo, facendola in barba ai tedeschi del posto di blocco. Ma ripensa a quanto sarebbe stato bello poter disporre anche della parte mancante dell’animale, perché di fame ce n’era tanta!

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«Ai giovani dico: guardatevi attorno, e troverete gli argomenti che giustificano la vostra indignazione»

di Stéphane Hessel*

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Stéphane Hessel (Berlino, 20 ottobre 1917 – Parigi, 27 febbraio 2013) . “Un giusto”

Chi comanda, chi decide? Non è sempre facile distinguere fra le tante correnti che ci governano. Non abbiamo più a che fare con una piccola élite della quale comprendiamo chiaramente gli intrighi. Il nostro è un mondo vasto. Del quale intuiamo la non indipendenza. Viviamo in un contesto d’interconnettività senza precedenti. Ma in questo nostro mondo esistono cose intollerabili. Per accorgersene occorre affinare lo sguardo, scavare. Ai giovani io dico: cercate e troverete. L’indifferenza è il peggiore di tutti gli atteggiamenti, dire: «Io che ci posso fare, mi arrangio». Comportandoci in questo modo, perdiamo una delle componenti essenziali dell’umano. Una delle sue qualità indispensabili: la capacità di indignarsi e l’impegno che ne consegue Continua a leggere

Grazie a quelle che aspettavano a casa e a quelle che combattevano

di Elisabetta Baccarin

«La nostra storia ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati, attraverso la responsabilità di tutto un popolo.
Dovremmo riflettere sul fatto che la democrazia non è solo libere elezioni, non è solo progresso economico. È giustizia, è rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne. È tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. È pace».

(Tina Anselmi, staffetta partigiana)

Tina Anselmi, nome di battaglia Gabriella

Tina Anselmi, nome di battaglia Gabriella (Castelfranco Veneto, 25 marzo 1927 – 31 ottobre 2016)

E chi se lo aspettava di scoprire una sera per caso al Leoncavallo un minuscolo librettino sugli scritti di don Milani?
E di non riuscire a staccare gli occhi fino a quando le parole conclusive di Carlo Galeotti (il curatore del libro) hanno lasciato non punti interrogativi ma solo punti fermi.
Certezze.
Certezza di sapere a cosa non avrei voluto partecipare e a cosa ancora oggi non intendo prestare né la mia mano né il mio fianco ma neppure l’altra guancia.
«…in questi cento anni di storia italiana c’è stata anche una guerra “giusta” (se guerra giusta esiste). L’unica che non fosse offesa dalle altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana. Da un lato c’erano i civili, dall’altra i militari. Da un lato soldati che avevano obbedito, dall’altra soldati che avevano obiettato».
Queste parole sono uscite da quella beata bocca pensante che aveva don Lorenzo Milani. Molte altre ne ha dette, rischiando e affrontando processi, chiedendo ai cappellani militari con quale faccia, con quale morale, con quale diritto potevano accusare gli obiettori; quale fosse il loro concetto di patria e del verbo ripudiare usato nella Costituzione. Continua a leggere

Quando alle partigiane veniva negato l’onore della Resistenza

di Perry Willson*

«In occasione delle Celebrazioni per la Festa della Liberazione 2017, Fondazione Cineteca Italiana, in collaborazione con ANPI Paderno Dugnano, presenta il film LIBERE di Rossella Schillaci (2017), che racconta, con le voci delle protagoniste, qual è stato il ruolo delle donne nella Resistenza italiana, cosa ha significato quel periodo di lotta, combattuta insieme agli uomini ma anche e soprattutto per la loro stessa liberazione». Il film sarà proiettato al Museo Interattivo del Cinema di Milano e nel sala dell’Area Metropolis 2.0 di Paderno Dugnano dove, la sera del 26 aprile, interverrà la partigiana milanese Laura Wronowski (per ulteriori informazioni: http://www.cinetecamilano.it)

Esiste una storiografia affascinante sul ruolo delle donne nella Resistenza, arricchita dalla raccolta di innumerevoli testimonianze orali e dall’uso di diverse altre fonti memorialistiche. Molte delle storie raccolte sono commoventi, ma anche entusiasmanti. Alcune narrano atti di grande audacia di fronte a pericoli estremi. È anche una storiografia vastissima: i libri e gli articoli sul ruolo delle donne nella Resistenza superano di gran lunga il numero di quelli scritti su altri ruoli svolti dalle donne in tempo di guerra.

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Marisa Ombra, la forza di ribellarsi all’“incantamento” del fascismo

Marisa Ombra

Marisa Ombra

di Maria Elena Sini

Sembra una signora come tante, gli occhi azzurri vivaci e penetranti sotto il caschetto di capelli grigi e una innata eleganza, ma Marisa Ombra, classe 1925, non è una donna comune, ha alle spalle una storia importante: di famiglia operaia antifascista, inizia l’attività clandestina collaborando alla preparazione degli scioperi del marzo ’43 e dopo l’8 settembre diventa staffetta nelle brigate partigiane garibaldine.

Nell’incontro con la cittadinanza organizzato dall’Anpi, con la collaborazione dell’Arci e NoiDonne 2005, che si è tenuto a Sassari il 30 gennaio 2013 nell’Aula magna dell’Università, questa donna minuta e apparentemente fragile ha raccontato con semplicità, come se fosse una cosa normale, la sua vita leggendaria. Continua a leggere

«Nell’Anpi per una nuova primavera dell’Italia»

Lucrezia Boari è presidente della sezione Anpi di Macerata

di Lucrezia Boari*

Ho conosciuto l’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia) circa dieci anni fa, negli anni in cui militavo nella Sinistra giovanile. In quegli anni i giovani iniziavano ad avvicinarsi a questa associazione come simpatizzanti non potendo, da statuto, iscriversi a tutti gli effetti.

Allora erano i dirigenti più lungimiranti dell’Associazione a coinvolgerli, avendo intuito l’importanza e le potenzialità di un contributo dei giovani. Fondamentale per me è stato, in questo senso, l’incontro con il partigiano maceratese Primo Boarelli Continua a leggere