di Rosalba Griesi
Ognuno di noi credo abbia un mondo segreto nascosto a tutti. Un mondo dove sono riposti i pensieri più reconditi. Il luogo in cui prendono vita le emozioni, i battiti, le proprie debolezze.
di Rosalba Griesi
Ognuno di noi credo abbia un mondo segreto nascosto a tutti. Un mondo dove sono riposti i pensieri più reconditi. Il luogo in cui prendono vita le emozioni, i battiti, le proprie debolezze.
a cura di Paola Ciccioli
Al Palazzo Madama di Torino è aperta fino al 1° luglio 2019 la mostra “Leggere” di Steve McCurry di cui noi avevamo parlato così in occasione di una precedente esposizione.
Blogger, scrittrici, studiosi, collaboratrici e collaboratori, soci, amici, musicisti, pensionate, precarie, docenti, giornaliste, ex allievi, giovani professioniste e professionisti: l’appello è incompleto, d’accordo, però siamo in parecchi. E ognuno di noi, transitando su questo blog, ha lasciato una traccia del proprio rapporto con la lettura. Perché per noi leggere, e incoraggiorare a farlo, è importante. Anche per questo la mostra di Steve McCurry che verrà inaugurata a Brescia il 7 marzo già ci piace: si intitola “Leggere”!
di Rosalba Griesi
Che la poesia sia eterna è risaputo, ma quella del nostro Dante lo è ancor più. La sua “Commedia divina”, con i suoi cerchi concentrici, il suo viaggio tra selve oscure, sino a giungere in cielo al cospetto di cotanta divina luce, è quanto mai attuale, quanto mai riproponibile, tanto da ritrovarlo in ogni genere letterario, in molte opere pubblicate, all’interno di un vasto fenomeno conosciuto come dantismo creativo, di terzo millennio.
di Rosalba Griesi
«È come vivere ancora». Io direi invece: «È come leggere la prima volta». Ho letto il libro e poi riletto e mi è parso, ogni volta, come la prima! In piscina fra l’erba, in auto, durante il tragitto per l’ufficio, nel silenzio della sera… lo porto ancora in borsa, maneggevole, colorato…
Il libro si beve come acqua fresca e leggera di fonte che ti disseta ma ne vuoi ancora. Chissà, forse di Mariagrazie ce ne sono poche, il Signore la benedica e la conservi! Un patrimonio, una ricchezza, come avere un tesoro in cassaforte, un pezzo di storia a due gambe, queste sono le signore “vecchiottine” come lei.
di Rosalba Griesi
«La strada si riempì di pomodori, mezzogiorno, estate, la luce si divide in due metà di pomodoro, scorre per le vie il sugo. In dicembre si libera il pomodoro, invade le cucine, entra nei pranzi, siede tranquillo nelle credenze, tra i vasi, i piatti del burro, le saliere azzurre.
Ha luce propria! Maestà benigna.
Disgraziatamente dobbiamo assassinarlo. Si immerge il cucchiaio nella sua polpa vivente, è una rossa viscere, un sole fresco, inesauribile, riempie le insalate del Cile, si sposa allegramente con la chiara cipolla, e per celebrarlo si lascia cadere l’olio, figlio essenziale dell’ulivo, sui suoi emisferi socchiusi, il pepe aggiunge la sua fragranza, il sale il suo magnetismo: sono le nozze del giorno, il prezzemolo aggiunge il suo aroma, le patate bollono vigorosamente, l’arrosto colpisce con il suo profumo attraverso la porta: è l’ora, andiamo!
E sulla tavola, nel cuore dell’estate, il pomodoro, astro di terra, stella ripetuta e feconda, ci mostra le sue circonvoluzioni, i suoi canali, l’insigne pienezza e l’abbondanza senza osso, senza corazza, senza squame né spine, ci consegna il regalo del suo colore focoso e la totalità della sua freschezza».
(Pablo Neruda, Al matrimonio di pomodoro e cipolla)
Gli anni dell’esilio furono per il poeta cileno Pablo Neruda intensi, anni di viaggi e latitanze, anni di profonda nostalgia per la sua terra. Ricorre il pomodoro tra le sue odi elementari, in veste simbolica, quella della sua patria, l’amata e indimenticabile terra, il Cile, con i suoi odori e i suoi sapori. Sono ricordi sensibili, fatti di esperienze vere e vissute: «La luce si divide, la strada si riempì di pomodori». In Cile l’invasione dei pomodori avviene nel mese di dicembre, nell’estate dell’emisfero australe. In quel periodo il pomodoro diventa il re della tavola. Sua Maestà benigna che troneggia “sull’alzatina bianca” e che diventa poi il termine di paragone, il momento della crudeltà che sempre si accompagna ai sentimenti e alla religione.
di Rosalba Griesi*
Siamo diretti presso l’orfanatrofio di Ifatsy, un piccolo centro a 15 chilometri da Vohipeno, nel sud-est del Madagascar. Le suore ci accompagnano e confesso che con loro mi sento al sicuro. Ormai ho capito bene la loro forza, la loro ecletticità, la loro fede… Suore Ospedaliere della Misericordia, sono giunte in poche presso queste terre nel maggio del 1983 e da allora sono cresciute di numero e non si sono mai arrese alle difficoltà. Questi angeli dei bambini sono instancabili, garantiscono l’assistenza sanitaria e provvedono alla mensa scolastica, assicurano ai piccoli ospiti almeno un pasto completo, sono ovunque ci sia qualcosa da fare, in questo angolo di mondo, sperduto tra meridiane e parallele, scomparso dalle mappe, ma non da quelle del cuore, ed è col cuore che si costruisce l’indelebile.
di Rosalba Griesi
Era una festa! I tini in zinco fuori dalle porte, lungo la strada, riempiti d’acqua, secchio a secchio dal rubinetto di casa e i manti in lana di pecora lasciati in ammollo. Così, si aprivano i materassi, di questi tempi, quando gli uomini si apprestavano alla mietitura, quando il sole splendeva caldo e pungente dall’alba sino al tramonto, quando i girasoli gli facevano capolino con le loro buffe faccette, quando le garrule rondini sfrecciavano nel cielo terso.
di Rosalba Griesi
Presto, presto, occorre far presto! Passo il rossetto sulle labbra senza guardare… infilo gli orecchini, l’anello, mentre scendo a due a due le scale. Afferro il cappotto e, veloce, in macchina. Sarà deformazione, sarà lentezza, ma riesco sempre a far tardi. L’appuntamento è per le ore 18. Dovrò darci dentro con l’acceleratore, ma non troppo, viste le nostre strade sconnesse.
Dopo 20 chilometri di curve e tornanti, arrivo a Genzano di Lucania. Percorro la via principale e, in una delle ultime traverse, svolto a sinistra. Ecco finalmente la sede dell’associazione culturale “Amici del Teatro – Presidio del Libro” di cui è presidente la mia amica saggista Franca Amendola. Di lei Anna Santoliquido ha scritto: quando sono nata/straripò la fiumara/cantarono i galli/ e i fringuelli […] Ed è tutto vero poiché la verve, l’irruenza e l’inventiva le appartengono.
di Rosalba Griesi
Via Sette Dolori n° 10… nessuno sa dov’è, e nemmeno il navigatore… intanto si gira a zonzo per le stradine di Matera che conducono ai Sassi. Tra un senso unico e l’altro arriviamo in vico Piave… Il clacson di un’auto ci invita ad accostare, e ci ritroviamo a farlo proprio accanto alle transenne che delimitano il crollo di un anno fa e dalle quali pendono come trofei fiori, biglietti, pelouche… Avverto per un attimo la densità di una tragedia consumata in pochi minuti, macerie sotto le quali tutto s’è perso…
di Rosalba Griesi
La mia amica Rosa si è laureata e io ne sono immensamente felice perché ha realizzato un sogno, uguale al mio, perché ha raggiunto un traguardo, come il mio, perché abbiamo percorso insieme la stessa strada, perché ci siamo tenute quasi per mano… sono felice ed orgogliosa della mia amica e le voglio tanto bene!
La sua laurea è in giurisprudenza. Rosa ama quel campo, tant’è che si è sempre appassionata a quei ghirigori di leggi… i diritti civili, penali, del lavoro… una gran testa la mia amica. Quanti articoli da ricordare e ad ogni esame teneva testa a tutti. Sì, perché ci siamo raccontate di ogni esame. Quante risate a pensare a noi mamme, lavoratrici, tra i banchi universitari di fianco ai ragazzi che avrebbero potuto essere figli nostri. Davvero un bel coraggio, davvero determinate. Talvolta per non rubarci tempo, quel prezioso tempo centellinato, ci sentivamo per telefono per aggiornarci sugli eventi. Tuttavia un caffè al bar di qualche sabato, nessuno ce lo toglieva. Ci abbracciavamo e veniva a piovere per quell’evento meraviglioso. Mi diceva sorridendo: «Tutta colpa tua se ora mi ritrovo indaffarata con gli esami». Ma lo diceva con tale affetto e tale trasporto, come a dirmi invece grazie per aver dissodato questo terreno.
È stata davvero brava la mia amica.
Un giorno mi dedicò le parole di Nelson Mandela per dirmi di brillare e di non scoraggiarmi mai nel percorrere la mia strada senza mai nascondermi per il timore di apparire troppo: «La nostra paura più profonda non è di essere inadeguati. La nostra paura più profonda è di essere potenti oltre misura. È la nostra luce, non le nostre tenebre, ciò che più ci spaventa. Ci domandiamo chi sono io per essere brillante, splendido, ricco di talento, favoloso? In realtà chi non devi essere? Sei un figlio di Dio. Farti piccolo non serve al mondo. Non vi è nulla di illuminante nel restringersi cosicché gli altri intorno a te non si sentano insicuri. Noi siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio che è dentro di noi; è in tutti. Facendo brillare la nostra Luce, inconsciamente diamo agli altri il permesso di fare lo stesso. Mentre noi ci liberiamo della nostra paura, la nostra presenza automaticamente libera gli altri». (1)
di Rosalba Griesi
«Pronto? È lei la signora Rosalba? Sono Mariapia», mi sento dire al telefono una mattina d’inizio luglio. Qui c’è lo zampino di Rosy, penso.
«Ho letto i suoi libri e volevo complimentarmi per i suoi versi leggeri e profondi… mi hanno reso emozioni. Lo sa che amo la poesia?».
Mariapia è un’anziana signora, una ex professoressa di Latino e Greco, ma la sua voce esprime una vitalità incredibile, un’energia insolita, un entusiasmo nuovo, tanto che non le darei affatto 86 anni, come lei stessa mi dice di avere. Col suo accento torinese, mi parla di sé. Lombarda di nascita, sposa un piemontese. Insegna in un liceo classico, ama Orazio e il Sud ed è affascinata dal nome “Ripacandida”…
Ogni nuvola prima o poi si dissolve in pioggia, oppure un vento passeggero la soffia via. Dalla mia, un bel momento, ho deciso di scendere, per lasciarla andare incontro al suo destino. Ricordate? La nuvoletta sulla quale mi ero posata dal giorno della mia laurea. Sentivo che era giunto il momento di agire.
«Ai miei sogni, a quelli realizzati a quelli che verranno come la neve d’inverno come il raggio stizzito a primavera», scrivevo sulla prima pagina della tesi. E la primavera era ormai inoltrata, e i miei progetti scalpitavano! Ripensavo al mio lavoro finale, per l’appunto, all’argomento trattato, che mi dischiudeva un mondo che da sempre mi ha affascinato, che da sempre ho desiderato conoscere. L’incanto antico, di genti e terre lontane, dispersi nella notte dei tempi, quella misticità, quei colori sgargianti, capaci di scandagliare il mistero della vita che è, in fondo, in ognuno di noi, nell’essere uomo. Avevo intrapreso un viaggio nel viaggio, quello dalla Tradizione sino ai giorni nostri. Il viaggio infinito dell’uomo che si ripete nelle vite di ognuno, che siano cicli, di ere o di samsara, ossia rinascite.
Aveva un bel volto, la fronte larga, capelli fluidi e occhi a mandorla. Un bel sorriso, generoso e grande che partiva dal cuore e dalla bocca s’allargava alle guance sino agli occhi. Gli anni? Non abbastanza per concluderli.
Amava la bellezza e sapeva porgerla con eleganza e sobrietà. Leggera, ma non di superficialità, piuttosto di farfalla che si posa di fiore in fiore per carpirne i segreti più profondi.
Non ricordo mai d’averla vista adirata. Metteva il broncio che si scioglieva dopo pochi minuti. Non riusciva ad avercela con nessuno.
Nicoletta d’un tratto cantava a squarciagola in auto… Che poi, il suo tono di voce era basso, soffocato quasi… Le piacevano Fiorella Mannoia, Zucchero, Fabrizio De André…
Quante foto scattate insieme! In autunno i caldi colori ci avvolgevano, in primavera quei soffi nuovi ci risvegliavano.
«Nicol, aspetta, stoppa… qui ci sta uno scatto!».
Gemme di pesco o un campo di colza, come di sole frantumato. Quante soste al mattino, e a scuola si arrivava sempre in ritardo.
La mia Nicol dal sorriso dolce, Nicol e la gioia di vivere. Continua a leggere
Testo, foto e ricerca immagini di Rosalba Griesi*
Il mio paese si chiama Palazzo San Gervasio. Palazzo perché il principe Manfredi, figlio di Federico II, lo Stupor Mundi, fece costruire il maniero fra i nostri boschi, su di un morbido colle. Ed era qui che sostava per riprendersi dai suoi malori che poi lo condussero alla morte in giovane età. Gervasio, poiché qui furono rinvenute le statue dei santi martiri milanesi, Gervasio e Protasio.
Anche quest’anno la festa di Sant’Antonio ha riportato quell’aria allegra e colorata in paese.
Le luci dell’illuminazione, le bancarelle, i fuochi d’artificio, la banda, la processione, l’orchestra che ha intonato le “arie” rossiniane del Barbiere di Siviglia… l’odore dei gigli, candidi più che mai. Persino la kermesse di eventi creativi locali di arte varia sono stati davvero interessanti, e hanno aggiunto ai festeggiamenti l’interesse sociale e culturale della nostra terra.
Dagli anziani si sente dire: «Non è più il Sant’Antonio di una volta». «Perché, una volta com’era?», verrebbe da chiedere. Ebbene, credo che tutto sia rapportato alla situazione storica e sociale che si sta vivendo. Continua a leggere
Sto sulla nuvoletta da due mesi e più e non mi riesce di scendere. Da quassù è tutt’altra cosa, i contorni sono netti, i colori nitidi. Non c’è traffico, non ci sono scontri: tutto fila liscio come olio. Malumori? Non se ne vedono. Amarezze? Nemmeno l’ombra… soltanto qualche nuvola più grande della mia, ma fugace, passeggera.
Rivedo lo sguardo del presidente della Commissione di laurea, che d’improvviso si leva dalle scartoffie e tra lo stupito-ammirato, perfino compiaciuto, constata che trattasi di signora candidata e non signorina. Rivedo un altro sguardo, quello di un professore che per tutto il tempo smanetta su un notebook, levarsi interessato verso quella insolita signora dai capelli rossi e ricci che sta disquisendo.
Insomma, cara Paola, mi chiedo come mai la mia laurea abbia suscitato tanto scalpore, e chissà perché…
Io sono abbastanza rilassata e decisa a vuotare il sacco sul Ramayana e Kaikeyi, l’affascinanate e intrigante regina indiana. Chiedo infine di declamare alcuni dei versi del poema che ho tradotto per la mia tesi. In effetti vorrei rendere piacevole questo momento accademico… troppo accademico direi, tanto da appensantire l’entusiasmo generale. Continua a leggere