“L’onda nera che minaccia la città di Fo e Quasimodo”

di Leonardo Coen*

Questo ritaglio del “Corriere della sera” del 17 giugno 1968 proviene dall’archivio di microfilm della Biblioteca Sormani di Milano. Fu uno dei più grandi intellettuali italiani, Carlo Bo, a firmare il ricordo di Salvatore Quasimodo, scomparso il 14 giugno a Napoli. Il ritardo nella pubblicazione si deve al fatto che c’era in quei giorni uno sciopero dei giornali, infuriava il ’68 e lo stesso poeta Premio Nobel ne aveva scritto nelle ore precedenti la sua morte nell’ultimo dei suoi “Colloqui” per il settimanale “Tempo”. Tutto questo è raccontato nel libro “Assolo sul padre” che riporta testimonianze private e documenti inediti di Alessandro Quasimodo e di cui l’autrice Paola Ciccioli leggerà un’anticipazione sabato 17 novembre in corso Garibaldi a Milano (https://www.facebook.com/events/759577767714123/)

L’altro giorno, in un bar di Porta Romana, ho sentito dire che forse “è un bene stia tornando il fascismo. Così tutti questi immigrati metteranno la testa a posto”. Altrimenti, gli sparano alla testa, avrebbe ironizzato Dario Fo, come hanno fatto in Calabria. D’altra parte, Milano è la città dove ad un anarchico arrestato capitò una morte accidentale, volando giù dal quarto piano della Questura.

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Gli Stati Uniti, tre romanzi e la forza generatrice delle migrazioni

di Carla Bielli

Tre bei romanzi: “Keyla la rossa”, “Middlesex”, “Sognando la luna”. Li elenco

La demografa Carla Bielli con il suo ebook reader con cui ha felicemente sostituito i libri di carta. Senese di origine, abita da molto tempo a Roma e anima, insieme con Maria Luisa Marolda, il gruppo “Il vizio di leggere”

in ordine alfabetico: è anche l’ordine nel quale li ho letti, senza soste, molto rapidamente, segno che li ho trovati avvincenti. Isaac Bashevis Singer, Jeffrey Eugenides, Michael Chabon, tre autori, il primo è un premio Nobel, gli altri due premi Pulitzer. Tutti e tre sono portatori di esperienze migratorie: Singer è un immigrato, Eugenides e Chabon sono figli e/o nipoti di immigrati.  Nei tre romanzi vengono narrate storie di migrazioni; ecco il motivo per il quale, oltre all’intrinseco piacere della lettura, vi scopro una specie di “valore aggiunto”: un invito a riflettere su effetti e conseguenze delle esperienze migratorie, all’inizio del secolo scorso, da una parte nelle storie di vita dei personaggi (a loro volta migranti essi stessi, o nati da genitori migranti), dall’altra nella società americana.

Approdare negli States significava per molti, come per i migranti qui narrati, raggiungere un rifugio, scampare alla miseria nel migliore dei casi, molto spesso sopravvivere a una qualche forma di persecuzione.

Ma andiamo per ordine. Una breve presentazione di trame e personaggi, prima di tornare alle considerazioni accennate.

Keyla la rossa (Adelphi). Protagonista, fin dal titolo è una prostituta. Il clima narrativo è colorato e cupo nello stesso tempo. Prima Varsavia, ghetto ebraico, descritta con tinte e sapori dell’epoca, poi New York tra persone appena arrivate, idiomi originari e un inglese incomprensibile, povertà ma libertà.

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«Ai giovani dico: guardatevi attorno, e troverete gli argomenti che giustificano la vostra indignazione»

di Stéphane Hessel*

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Stéphane Hessel (Berlino, 20 ottobre 1917 – Parigi, 27 febbraio 2013) . “Un giusto”

Chi comanda, chi decide? Non è sempre facile distinguere fra le tante correnti che ci governano. Non abbiamo più a che fare con una piccola élite della quale comprendiamo chiaramente gli intrighi. Il nostro è un mondo vasto. Del quale intuiamo la non indipendenza. Viviamo in un contesto d’interconnettività senza precedenti. Ma in questo nostro mondo esistono cose intollerabili. Per accorgersene occorre affinare lo sguardo, scavare. Ai giovani io dico: cercate e troverete. L’indifferenza è il peggiore di tutti gli atteggiamenti, dire: «Io che ci posso fare, mi arrangio». Comportandoci in questo modo, perdiamo una delle componenti essenziali dell’umano. Una delle sue qualità indispensabili: la capacità di indignarsi e l’impegno che ne consegue Continua a leggere

Barzellette: le risate aggressive che colpiscono le donne (e non solo)

di Giada Sofia Conti*

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Tutte le immagini sono tratte dal Web e inserite dall’autrice di questo post nella sua ricerca su “Barzellette di genere e rafforzamento degli stereotipi”

È possibile che le generalizzazioni semplicistiche che fanno sorridere per la loro imprevedibilità possano finire per essere considerate dati di fatto? E che le eccezioni servano solo a confermare la regola e non a prendere in considerazione un punto di vista alternativo?

La mia ricerca muove da tali domande e vuole indagare il rapporto tra umorismo e rafforzamento dello stereotipo di genere. Come scrive Charles Brenner, «La tecnica della battuta generalmente serve a provocare la liberazione, o lo scarico, di tendenze inconsce, le quali altrimenti non avrebbero avuto il permesso di esprimersi o che, almeno, non avrebbero potuto esprimersi in maniera così completa».

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Mafia Tour a Milano. I “Cento Passi” di Costanza, Martina, Margherita, Ottavia, Matilde, Paola…

Un gruppo di liceali, soprattutto ragazze, ha organizzato un viaggio domenicale nei luoghi simbolo della penetrazione mafiosa a Milano. Lo racconta Nando dalla Chiesa in un altro interessantissimo contributo al nostro blog.  

Lo riproponiamo oggi perché il 20 gennaio 2017 all’Università Statale di Milano è stato presentato il corso di dottorato in Studi sulla criminalità organizzata, il primo in Italia.

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Università Statale di Milano, 20 gennaio 2017: il professor Nando dalla Chiesa, la presidente della Commissione nazionale antimafia Rosy Bindi e i dottorandi alla presentazione del primo dottorato di ricerca in Studi sulla criminalità organizzata (foto da Facebook)

Pazza idea per una domenica diversa

di Nando Dalla Chiesa
Un’idea così poteva venire solo a dei diciottenni svitati e geniali. Un mafia tour per Milano, in una domenica pomeriggio di sole, nel grande ponte del 2 giugno, senza avvertire i giornali. Per divertirsi e denunciare in pubblico. In venti, con quattro biciclette e qualche macchina fotografica o telecamera al seguito. Ogni tanto interrompendo il cammino, mettendosi a cerchio ad ascoltare uno o una di loro che prende il ruolo del cantastorie e spiega ad alta voce in che luogo ci si trova.
Sono i ragazzi che stanno crescendo nel nuovo clima milanese, i più attivi su questo fronte liceale. Perché le associazioni giovanili che fanno politica a queste cose non ci pensano mai, la mafia la mettono in fondo ai loro pistolotti, a mo’ di riempitivo, dice Jacopo (mail “compagnojacopo”) del Manzoni, uno dei più agguerriti, con tanto di libri e dossier nello zaino.
Si parte da piazza Diaz, cuore di Milano, dove sta l’hotel Plaza, oggetto della prima grande inchiesta sui colletti bianchi, l’operazione San Valentino del 1983. Prende la parola Costanza del Berchet e snocciola i nomi delle discoteche del centro dove si spaccia, si vede che loro lo sanno, l’osservatore adulto non le ha mai nemmeno sentite nominare. Continua a leggere