di Alba L’Astorina

La chitarra, in una piazza gremita da 100 mila persone, esibita a mo’ di fazzoletto da Domenico, il figlio dell’autrice, nel momento del saluto (foto dal Mattino di Napoli)
«Può capitare di avere tutto il proprio passato sulla punta della lingua come un gigantesco inammissibile lapsus. Una straripante bolla di amnesia può trattenerlo per decenni, poi qualcuno da qualche parte butta una sigaretta dal finestrino e quel po’ di brace ne buca la superficie scatenando l’alluvione.»
È stata proprio come la sigaretta buttata dal finestrino, per me, la morte di Pino Daniele, avvenuta nella notte tra il 4 e il 5 gennaio scorso per un ennesimo affanno del suo cuore. Ed è un sentimento a lungo trattenuto quello che «l’alluvione», come la chiama Francesca Ramos nel suo bellissimo passo con cui ho voluto cominciare questo mio ricordo personale dell’artista, ha liberato: l’amarezza per una separazione consumatasi già molto tempo fa, quando il cantore napoletano si era allontanato da molti di noi, o noi da lui Continua a leggere