di Rosalba Griesi
«La strada si riempì di pomodori, mezzogiorno, estate, la luce si divide in due metà di pomodoro, scorre per le vie il sugo. In dicembre si libera il pomodoro, invade le cucine, entra nei pranzi, siede tranquillo nelle credenze, tra i vasi, i piatti del burro, le saliere azzurre.
Ha luce propria! Maestà benigna.
Disgraziatamente dobbiamo assassinarlo. Si immerge il cucchiaio nella sua polpa vivente, è una rossa viscere, un sole fresco, inesauribile, riempie le insalate del Cile, si sposa allegramente con la chiara cipolla, e per celebrarlo si lascia cadere l’olio, figlio essenziale dell’ulivo, sui suoi emisferi socchiusi, il pepe aggiunge la sua fragranza, il sale il suo magnetismo: sono le nozze del giorno, il prezzemolo aggiunge il suo aroma, le patate bollono vigorosamente, l’arrosto colpisce con il suo profumo attraverso la porta: è l’ora, andiamo!
E sulla tavola, nel cuore dell’estate, il pomodoro, astro di terra, stella ripetuta e feconda, ci mostra le sue circonvoluzioni, i suoi canali, l’insigne pienezza e l’abbondanza senza osso, senza corazza, senza squame né spine, ci consegna il regalo del suo colore focoso e la totalità della sua freschezza».
(Pablo Neruda, Al matrimonio di pomodoro e cipolla)

Nella foto di Luca Bartolommei, il rito della salsa fatta in casa. “Al matrimonio di pomodoro e cipolla” di Pablo Neruda è tratta da “Ode al vino e altre odi elementari” (Passigli Poesia) e Rosalba Griesi l’ha scelta come incipit del suo articolo ben prima che venisse recitata da voce suadente in un noto spot
Gli anni dell’esilio furono per il poeta cileno Pablo Neruda intensi, anni di viaggi e latitanze, anni di profonda nostalgia per la sua terra. Ricorre il pomodoro tra le sue odi elementari, in veste simbolica, quella della sua patria, l’amata e indimenticabile terra, il Cile, con i suoi odori e i suoi sapori. Sono ricordi sensibili, fatti di esperienze vere e vissute: «La luce si divide, la strada si riempì di pomodori». In Cile l’invasione dei pomodori avviene nel mese di dicembre, nell’estate dell’emisfero australe. In quel periodo il pomodoro diventa il re della tavola. Sua Maestà benigna che troneggia “sull’alzatina bianca” e che diventa poi il termine di paragone, il momento della crudeltà che sempre si accompagna ai sentimenti e alla religione.
Il pomodoro, diventa anche lui vittima, oggetto del sacrificio che è immolato sulla tavola che diviene ara, mentre il frutto spaccato mostra le sue rosse viscere. E pare che da questo sacrificio, che ci collega, per assurdo, alla tradizione delle religioni precolombiane del Sud America e che sembrerebbe portarci verso ricordi di episodi truci e disumani, rinasce la serenità, la tranquillità legata alla disponibilità del cibo. Il pomodoro, dunque, rigenera «le cilene insalate» e «tutta la loro vita».

«Dalla Puglia al Piemonte, passando per la Lucania, il Lazio e la Campania, i braccianti immigrati sono sempre più spesso vittime di un caporalato feroce». Questo racconta il libro “Ghetto Italia” di Yvan Sagnet e Leonardo Palmisano (Fandango Libri). Immagine da osservatoriomigrantibasilicata.it
Ed è a quella polpa sanguigna e succulenta che il nostro Sud è legato. Ettari di campi, nella piana, rosseggiano a settembre. I pomodori, maturi e aciduli, vengono colti da mani nere e clandestine, volti scuri, abiti logori, che abitano baracche, case diroccate. Taniche azzurre, piene d’acqua ondeggiano sulle loro teste, al passo lungo e lento della savana. Il pomodoro, vittima e oggetto di sacrificio, immolato sull’altare dell’immigrazione, legato ad una possibilità di rinascita…

Rosalba Griesi durante “Notti d’estate. Reading di poesie d’amore” che si è tenuto il 5 agosto 2016 a Palazzo San Gervasio
Il pomodoro si sposa con la paffuta cipolla in sontuose nozze, benedette dall’olio d’oliva. Diviso in due emisferi si mostra come un cervello aperto, e si offre col suo profumo, con l’idea della sua freschezza , con l’abbondanza della sua polpa, col suo colore rosso, colore dell’amore e della passione, che appaga e rasserena. Le corazze, l’osso, le spine e le squame sono da intendersi quelle della società. Il pomodoro è il popolo, i sentimenti veri che appagano per intero, dal profondo, laddove non vi è né corazza, né spine o squame, ma solo succulenta polpa.
Le mani nere affondano nei rossi pomi, il volto chino sulla terra, mentre le strade, le nostre – sterrate – si riempiono di pomodori.
AGGIORNATO IL 26 SETTEMBRE 2016