Maria Montessori e la chiamata delle donne al voto (nel 1906)

di Marco Severini*

Il 6 maggio 1952 moriva a Noordwijk aan Zee, in Olanda, Maria Montessori, la donna italiana più nota nel mondo.

«Fu sepolta nel locale cimitero cattolico e sulla sua tomba sta scritto: “io prego i cari bambini che possono tutto di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e nel mondo”».

Lo scrive Marco Severini nella scheda da lui firmata del Dizionario biografico delle donne marchigiane (1815 – 2021), curato dallo stesso storico dell’Università di Macerata insieme con la docente Lidia Pupilli.

Il Dizionario, che si ispira all’analoga ricerca dedicata alle donne lombarde da Rachele Farina, è pubblicato da “Il lavoro editoriale” e proprio in queste settimane è uscita la quinta edizione aggiornata.

Foto di Paola Ciccioli.

Maria Montessori era nata a Chiaravalle, in provincia di Ancona, il 30 agosto 1870. Pubblichiamo, con il consenso dell’autore, che ringraziamo, un brano centrale della scheda biografica dedicata alla grande pedagogista.

(…)

Tra il 1900 e il 1906 insegnò Antropologia e igiene all’Istituto superiore di magistero femminile di Roma, approfondendo studi filosofici, pedagogici e antropologici (si iscrisse nel 1903 alla Facoltà di Filosofia) e stringendo nuovi e significativi rapporti. L’impostazione culturale decisamente post-positivistica la portò a riflettere sul pensiero di Nietzsche, sulla scia di pensatrici con cui si sarebbe confrontata, come le suffragiste Ellen Key e Anna Maria Mozzoni (di cui firmò, nel 1906, la nota petizione per il diritto di voto).

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«Quando tornai, la mia famiglia era riunita attorno al tavolo a pregare»

di Anna Caltagirone Antinori

«Era l’8 dicembre, la mia famiglia era riunita attorno al tavolo e recitava le preghiere della novena alla Madonna Immacolata per implorare il nostro ritorno». Queste parole di Anna Caltagirone ci hanno spinto a scegliere, per la seconda parte del suo racconto, l’immagine della Madonna della Basilica di San Francesco d’Assisi, a Palermo, alla quale la sua città di origine è sempre devotissima (https://www.comune.palermo.it/noticext.php?id=16492)

È il 1943 e una ragazza  palermitana di 16 anni cerca una via d’uscita alla guerra e alla fame raggiungendo, da sola, il fratello nelle Marche. Ecco: questa non è la Storia che si studia sui libri ma la testimonianza, scritta al computer per noi, di una donna di novant’anni che trascorre le proprie giornate a leggere, studiare, ricordare. Di seguito la seconda parte del suo emozionante racconto. Grazie, signora Anna. Auguri a lei e tutt* noi per un 2018 di serenità e soddisfazioni!

L’estate passò in fretta, molti eventi si susseguirono portando nel paese e nelle famiglie cambiamenti che sconvolsero la vita di tutti: la caduta del fascismo, lo sbarco degli alleati in Sicilia, l’armistizio dell’8 settembre. Mi toccavano particolarmente perché non potevo più comunicare con la famiglia in Sicilia e in settembre, con l’armistizio, i militari dovettero decidere se collaborare o darsi alla macchia. Nei mesi di luglio e agosto avevo avuto modo di conoscere la fidanzata di mio fratello e la sua famiglia, bravissime persone che si offrirono di ospitarmi a Macerata mentre mio fratello si univa ai partigiani tra le montagne di Acquaviva Picena. Lino, pur stando lontano, mi seguiva affettuosamente e provvedeva alle mie necessità.

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«Eccola, la mia Trieste»

di Lelio Luttazzi*

Lo “Studio Luttazzi” raccoglie documenti del percorso artistico del musicista, attore, regista, scrittore triestino. Nato da una donazione della moglie Rossana, lo Studio, terminati i lavori di ampliamento, è di nuovo aperto al pubblico. Il disegno del manifesto è di Walter Molino (http://www.bsts.librari.beniculturali.it/QR/index.html)

Oggi, 11 agosto (ore 21,25), su Rai1 va in onda lo speciale sul Premio Luttazzi per giovani musicisti, registrato al Blue Note di Milano: noi c’eravamo.

Ma Trieste sono io, con le mie nevrosi, con i miei livori senili, con le mie idiosincrasie, col mio usare l’italiano come lingua scolastica, non madre.
E dire che per metà sarei laziale, perché mio padre approdò a Trieste con le truppe “irredentrici” del 1918.
E il cognome Luttazzi (in passato Lutazi) (Cfr. Lutazio Catulo – Battaglia delle Egadi – Guerre Puniche) è così latino che di più non si potrebbe.

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I quaderni di Amina

di Fuad Aziz*

Tratta dal libro libro “Sole e Mare” dell’illustratore, poeta e favolista di origini curde Fuad Aziz, questa immagine struggente è dedicata alle bambine e bambini che, in pace come in guerra, sono privati del diritto all’istruzione, alla felicità e alla crescita. Non dimentichiamo che «6 milioni di bambini in Siria vivono in condizioni drammatiche. Più di 2 milioni e mezzo sono stati costretti a scappare a causa della guerra che ha devastato il Paese in questi 5 anni» (https://terredeshommes.it/bambini-in-fuga/)

Una bambina in fuga tra la macerie dopo un bombardamento, alla ricerca dei suoi quaderni.

La storia di Amina è stata ispirata da un evento reale ma, quello che accade a lei, accade purtroppo molto spesso in tante altre parti del mondo.

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«Cosa ti è rimasto di me, la tua maestra?»

di Anna Caltagirone Antinori

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Anna Caltagirone Antinori con Paola Ciccioli quando “la maestra Antinori”, così i suoi allievi la chiamano e la ricordano, ha insegnato nella scuola elementare della frazione Convento di Urbisaglia, nel Maceratese (foto dall’archivio privato della giornalista che ha inventato e dirige questo blog)

Da bambina il mio gioco preferito era fare la maestra. Ripiegavo più volte un foglio di carta e ritagliavo con le forbici il profilo della sagoma di un pupazzetto e veniva fuori una fila di femminucce con le sottane o maschietti con i pantaloncini, li coloravo e li mettevo seduti in fila su scatole di cartone. Sul tavolino preparavo la mia cattedra: una sveglia, un quaderno per il registro, il calamaio e la penna. Al muro appendevo una lavagnetta che mi era stata regalata e con il gessetto scrivevo i nomi degli alunni. Facevo l’appello e mettevo vicino ad ogni nome chiamato una crocetta o un segno meno, io stessa rispondevo: presente o assente. Scimmiottavo la mia maestra che ammiravo moltissimo e di cui avevo tanta soggezione.

Col passare degli anni mi convinsi sempre di più che ero portata per l’insegnamento. Frequentai l’Istituto magistrale e a 18 anni mi diplomai. Nel 1946 cominciai ad insegnare nelle scuole sussidiate: niente stipendio, a fine anno veniva il Direttore didattico ad esaminare gli alunni. Per ogni promosso il Comune ci assegnava un compenso. Era importante raggranellare punti per andare avanti in graduatoria e dopo 4 anni di sacrifici, ottenni l’incarico annuale che per me voleva dire stipendio mensile e indipendenza.

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Lettera alla nipotina della nonna Grande Ufficiale della Repubblica

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Una “spaziale” novità editoriale: http://www.scienzaexpress.it/ Rosa Oliva, meglio conosciuta come Rosanna, ha fondato la “Rete per la Parità” che tuttora presiede ed è stata nominata da Giorgio Napolitano Grande Ufficiale della Repubblica.

di Monica Marelli e Rosa Oliva*

Quando Irene arrivò davanti al portone, si alzò leggermente sulle punte e premette il pulsante del citofono. Salì le scale rapidamente, nonostante il pesante zaino sulle spalle.

La nonna Rosanna l’aspettava sulla porta: era appena tornata da una riunione in Comune, dove aveva discusso come ottenere l’apertura di un parco pubblico nel quartiere al posto di un centro commerciale.

L’assessore non la finiva più di parlare e Rosanna aveva temuto di non tornare a casa in tempo per accogliere la nipotina. Era in pensione ma il suo impegno per le questioni sociali era sempre presente nella sua vita. Così, dopo aver dato un bacio a Irene e averla aiutata a liberarsi le spalle dal pesante carico, le disse di andare subito a lavarsi le mani perché il pranzo era pronto.

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«La bambina mi prende per mano e io trovo la mappa del cuore»

di Rosalba Griesi*

Madagascar apertura

Giuseppe Catalano tiene per mano una piccola ospite della missione di Ifatsy, vicino a Vohipeno, in Madagascar, dove il dentista lucano ha svolto attività di volontariato la scorsa estate.

Siamo diretti presso l’orfanatrofio di Ifatsy, un piccolo centro a 15 chilometri da Vohipeno, nel sud-est del Madagascar. Le suore ci accompagnano e confesso che con loro mi sento al sicuro. Ormai ho capito bene la loro forza, la loro ecletticità, la loro fede… Suore Ospedaliere della Misericordia, sono giunte in poche presso queste terre nel maggio del 1983 e da allora sono cresciute di numero e non si sono mai arrese alle difficoltà. Questi angeli dei bambini sono instancabili, garantiscono l’assistenza sanitaria e provvedono alla mensa scolastica, assicurano ai piccoli ospiti almeno un pasto completo, sono ovunque ci sia qualcosa da fare, in questo angolo di mondo, sperduto tra meridiane e parallele, scomparso dalle mappe, ma non da quelle del cuore, ed è col cuore che si costruisce l’indelebile.

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