“Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo”

di Gabriella Gabrinidiario dall’ospedale Maggiore di Cremona

Secondo i dati aggiornati del ministero della Salute, i casi di contagio da Corona Virus nel mondo sono stati 11.841.326 e 544.739 i morti. In Europa, Italia inclusa, 2.836.686 i casi confermati e 201.345 le persone decedute. Con 2.923.432 casi e 129.963 morti gli Stati Uniti sono il Paese più colpito del pianeta.

Questi i grandi numeri. E dentro questi freddi, ma lo stesso spaventosi numeri, le anonime storie di testimoni di un evento epocale che sta sovvertendo certezze ed equilibri.

Noi continuiamo a raccontare la pandemia facendoci guidare da Gabriella Cabrini e dalla sua esperienza personale offerta nel diario che ha scritto e fatto leggere in diretta mentre a marzo veniva curata per il Covid 19 a Cremona, la città dove vive. (p.c.)

Ancora uno scatto di Gabriella Gabrini dal reparto di Chirurgia dell’ospedale Maggiore di Cremona dove è stata curata per il Covid 19 e da cui, durante la degenza, ha stretto un legame affettivo con le centinaia di persone che seguivano il suo diario pubblico su Facebook

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«Cari italiani, il vostro esempio è prezioso per tutta l’Europa»

di Ursula von der Leyen

«Cari italiani, voglio dirvi che non siete soli. Il vostro sforzo e il vostro esempio sono preziosi per tutti i cittadini europei».

Questo è il messaggio che la presidente della Commissione europea ha diffuso oggi via Twitter per esprimere  “preoccupazione” ma anche “ammirazione” nel confronti dell’Italia alle prese con le drastiche misure assunte dal Governo per fermare il contagio da Corona Virus.

Il video e il testo che segue sono condivisi dal canale Youtube del quotidiano “La Stampa”. (Paola Ciccioli)

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In Vietnam, alla corte dell’imperatore a cui l’amante spagnolo fece conoscere Gaudì

Testo e foto di Maria Elena Sini

Da oggi, 1° settembre 2019, partiamo per un lungo viaggio intorno al mondo tra città, natura, storia e opere d’arte. È d’obbligo farci guidare da Maria Elena Sini, viaggiatrice per eccellenza di Donne della realtà, che anche oggi stimola la nostra curiosità e la nostra voglia di conoscere con un originale reportage dal Vietnam, Paese dal quale è da poco tornata. Questa è la prima parte, buona lettura.

Dettaglio delle ceramiche che rivestono le pareti del mausoleo dell’imperatore Khai Dinh, penultimo imperatore del Vietnam, nei dintorni di Huè che fu la capitale del Paese asiatico dal 1802 al 1945. Tutte le foto di questo reportage sono state scattate da Maria Elena Sini, che ringraziamo.

Del viaggio in Vietnam porterò con me i colori dei mercati, il profumo dei fiori di frangipane, la sontuosità della natura lussureggiante e il misticismo degli edifici religiosi che nel tumulto della vita moderna ispirano lentezza e contemplazione. Ma non voglio parlare della bellezza di questo Paese e delle tante ragioni per cui merita una visita, in particolare voglio raccontare una storia che mi ha colpito, che affonda le radici nel passato, ma forse è collegata al presente e ai costumi di vita del Vietnam più di quanto si possa immaginare.

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Il viaggio in Germania di zia Adina: sola, analfabeta e con il bagaglio dell’amore

di Eliana Ribes

Ma quale forza può sprigionarsi da una donna? Oggi la domanda riguarda Adina Malpiedi, la nostra zia Adina, che ha vissuto a Urbisaglia, nelle Marche, paese dove è nata anche l’autrice del post. Moglie di Virginio Agostinelli e madre delle gemelle Marina e Rosina, questa donna semplice e sorridente, ha sfidano (ma senza saperlo) pregiudizi e consuetudini, per stare accanto alla figlia emigrata che stava per partorire. Ecco la seconda e ultima parte del racconto di Eliana Ribes.

Adina Malpiedi, zia Adina, con le figlie Marina e Rosina (che ringraziamo di tutto cuore per aver fornito a Eliana Ribes questa foto dell’archivio privato)

Zia Adina era una bella donna, alta, robusta, con i capelli neri sempre legati a crocchia dietro la nuca. Da giovane aveva lavorato in filanda, ma da quando questa era stata chiusa non le metteva pensiero alcun genere di fatica. Si prestava anche ad aiutare nonno che faceva il cementista, un mestiere pesante. Me la ricordo con dei manicotti grigi fin sopra il gomito, che si infilava per preservare la pelle dall’irritazione del cemento e per non sporcarsi. Sempre silenziosa e attenta alle indicazioni di nonno che era molto esigente. Facevano tutto a mano, con delle forme di metallo o di legno, anche l’impasto, perché non c’era certo l’impastatrice. Comunque, un’ora prima che ritornasse a casa il marito, zio Virgì, che faceva l’operaio e andava a lavorare in bicicletta (doveva percorrere una quindicina di chilometri), lasciava perdere tutto e gli preparava la cena. Il profumo di quello che cucinava invadeva tutta la casa e mi faceva venire l’acquolina in bocca.Per me, comunque, l’impresa più memorabile è stata quando ha affrontato da sola, senza sapere né leggere né scrivere, il viaggio per la Germania. Continua a leggere

Sorpresa! Il Trio des Alpes rende omaggio alle compositrici grandi e sconosciute

di Mario Chiodetti*

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Rebecca Clarke (Harrow, 27 agosto 1886 – New York, 13 ottobre 1979)

È il disco delle sorprese questo “20th Century Women Composers” pubblicato dalla Dynamic di Genova con protagonisti il Trio des Alpes e il soprano Lorna Windsor. La prima riguarda i contenuti, le opere di tre donne musiciste, l’inglese Rebecca Clarke (1886 – 1979), la francese Lili Boulanger (1893 – 1918) e l’americana Amy Beach (1867 – 1944), la seconda, la strepitosa qualità dell’interpretazione da parte del pianista Corrado Greco, della violinista Mirjam Tschopp e del violoncellista Claude Hauri, componenti del trio italo-elvetico fondato nel 2010 e impegnato in una intensa attività concertistica in Europa e Stati Uniti, ma anche del soprano italo-britannico Lorna Windsor, allieva del grande basso Hans Hotter nonché di una delle leggende del ‘900 canoro, Elisabeth Schwarzkopf.

Lili Boulanger (Parigi, 21 agosto 1893 - Mézy, 15 marzo 1918). Sue musiche verranno eseguite martedì 6 settembre al Conservatorio "Giuseppe Verdi" di Milano nell'ambito di MITO 2016: «Lili Boulanger, pianista e compositrice, morì prematuramente. Nadia, sua sorella, diventò la più celebre insegnante di composizione del Novecento. Alcuni dei grandi frequentarono le sue lezioni; altri non furono accettati come allievi»

Lili Boulanger (Parigi, 21 agosto 1893 – Mézy, 15 marzo 1918). Sue musiche sono state eseguite martedì 6 settembre al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano nell’ambito di MITO 2016: «Lili Boulanger, pianista e compositrice, morì prematuramente. Nadia, sua sorella, diventò la più celebre insegnante di composizione del Novecento. Alcuni dei grandi frequentarono le sue lezioni; altri non furono accettati come allievi» (http://www.mitosettembremusica.it/)

Pregiudizi e ignoranza hanno spesso cacciato in un angolo la creatività femminile in musica, limitandola ad alcuni esempi come quelli di Clara Wieck Schumann, Fanny Mendelssohn, Alma Mahler, Germaine Tailleferre, Cecile Chaminade o della nostra Elisabetta Oddone, senza risalire ai tempi di Nannerl, la sorella di Mozart, di Barbara Strozzi e Isabella Leonarda, o arrivare a noi con la russa Sofija Gubajdulina, la più eseguita nei concerti di musica contemporanea.

Ecco allora che i componenti del Trio des Alpes si sono messi sulle tracce di altre tre magnifiche donne compositrici, la cui storia personale affascina quanto i loro lavori. Nell’Inghilterra puritana di fine ‘800, Rebecca Clarke fu una delle prime donne a studiare composizione, materia che abbinava alla viola, strumento che le avrebbe dato da vivere in qualità di orchestrale, altra anomalia per il periodo.

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«È la prepotenza che ha fatto abbassare l’asticella del sentimento di umanità»

«Ma in questo nostro mondo esistono cose intollerabili. Per accorgersene occorre affinare lo sguardo, scavare. Ai giovani io dico: cercate e troverete. L’indifferenza è il peggiore di tutti gli atteggiamenti, dire: «Io che ci posso fare, mi arrangio». Comportandoci in questo modo, perdiamo una delle componenti essenziali dell’umano. Una delle sue qualità indispensabili: la capacità di indignarsi e l’impegno che ne consegue».

(Indignatevi!, Stéphane Hessel)

Premio Pulitzer da Repubblica. it

«Foto di Yannis Behrakis (Reuters) 11 agosto 2015. Un gommone al tramonto pieno di profughi siriani alla deriva nelle acque del Mar Egeo, tra Grecia e Turchia, dopo un’avaria al motore al largo dell’isola di Kos. Il New York Times e l’agenzia Reuters hanno vinto il premio Pulitzer per la sezione fotografica Breaking News grazie agli scatti con cui hanno raccontato la crisi dei migranti in Europa». (da http://www.repubblica.it)

di Erica Sai

Non c’è bisogno di affinare troppo lo sguardo, ahimé, per accorgersi di quante cose intollerabili accadono intorno a noi. E non è necessario neanche, doppio ahimé, per rendersi conto di quanta indifferenza soffoca il mondo.

Concentrandoci sul macro-fenomeno dell’immigrazione in Europa, quindi dei flussi migratori da Paesi extraeuropei, si apre un enorme libro di indignazione e indifferenza.

Da indignata, trovo che l’Europa dovrebbe riflettere un po’ su se stessa perché, come ben scrive l’antropologa Amalia Signorelli, «ad onta delle sue orgogliose e miserabili rivendicazioni del ruolo di culla della civiltà, dell’arte, della filosofia, del diritto, della scienza e di tutto il resto che dovrebbe distinguere l’uomo dalla bestia, si sta rivelando incapace, ipocrita, immorale, feroce».

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«L’apparizione di un cammelliere nel deserto afghano. E le avventure che gli ho fatto vivere»

Testo e foto di Lucia Vastano 

Lucia, cammelliere

Il cammelliere con i dromedari nel deserto afghano. La sua visione ha ispirato un romanzo a Lucia Vastano

Nella vita accade spesso che le cose importanti ci succedano per caso, proprio quando non le andiamo a cercare. Non dico che quell’incontro durato qualche manciata di minuti in mezzo al deserto afghano abbia realmente cambiato la mia vita, ma di fatto qualche conseguenza l’ha provocata. Sicuramente più di innumerevoli inutili ore trascorse con conoscenti, colleghi, intellettuali veri o presunti e purtroppo anche amici. Sterili, come dei muli. Le ore, intendo.

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«Quei ragazzi tristi che hanno dovuto lasciare l’Europa»

di Antonella Pagnanelli, da Calgary*

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Le incredibili parole del ministro del Lavoro mi hanno spinta ad aggiornare questa testimonianza della manager Antonella Pagnanelli. Giuliano Poletti, riconfermato nel governo Gentiloni dopo le dimissioni di Matteo Renzi in seguito alla sconfitta referendaria, a proposito della cosiddetta “fuga dei cervelli” il 19 dicembre 2016 ha dichiarato: «Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi». «Chiedo scusa a mio figlio e ai giovani » gli ha fatto eco il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi dalla cui pagina Fb proviene questa immagine

Stasera ho cenato in un bar/ristorantino in centro a Calgary: città molto ricca (qua ci sono gas e petrolio alla grande e infatti è piena di americani). La mia cameriera era una ragazza scozzese, sulla venticinquina: passa nel ristorante 13/14 ore a giorno, delle quali tre nel pomeriggio sono di pausa (ma lei vive troppo lontano dal centro per andare a riposarsi un po’ a casa). Prende 9 dollari canadesi, circa 7 euro, LORDI, l’ora. È qui da due mesi, con il suo ragazzo che ha un lavoro “normale”.

Lei mi ha ripetuto cento volte, in pochi minuti, di essere tanto stanca. Mi ha fatto vedere le braccia piene di eczema per lo stress… Le ho chiesto se mangiasse adeguatamente e mi ha risposto mica tanto e che ha perso quattro chili in due mesi.

Queste (anche) sono le storie dei ragazzi che oggi lasciano l’Europa in cerca di un lavoro… Se sei qualificato, magari all’estero guadagni anche molto bene. Ma se non lo sei, ti sfruttano e basta.

Anche a Vancouver avevo incontrato un ragazzo giovane, che aveva lavorato un anno a New York e poi era da un anno a Vancouver, impiegato come responsabile della qualità in una buona azienda. Eppure, dietro l’apparenza sbarazzina e “scafata”, aveva tanta malinconia e voglia di rientrare in Italia… perché in Italia ci sono i suoi fratelli, la madre anziana… Mi diceva: «Qua si sta benissimo, ottima qualità della vita, un buon lavoro, civiltà e rispetto… ma dentro mi sento spezzato in due».

A questi ragazzi abbiamo rovinato la vita e negato un futuro sereno a casa loro… La vita dell’emigrante è dura, per lavoro ne ho conosciuti tantissimi, di prima, seconda, terza generazione… Quasi tutti ti dicono che non tornerebbero mai in Italia a vivere, ma tutti quando parlano dell’Italia hanno i lucciconi agli occhi.

Il punto è che c’è stata una generazione che ha vissuto la guerra, che ha lottato per la Libertà e per il lavoro… Poi è arrivata una generazione che è campata di rendita, pensando che il benessere acquisito fosse ormai irreversibile.

Invece non lo era.

Mi sembra di vedere tante aziende, rese grandi da chi le ha fondate e le ha fatte crescere, con passione, con fatica e dedizione… E poi è arrivata la seconda generazione: belle macchine, bella casa, bella vita… ruoli dirigenziali senza aver prima lavorato un giorno nella vita… soldi a bizzeffe, aziende su cui i padri avevano investito, munte dai figli come fossero vacche…

L’Italia di oggi la vedo così e mi dispiace tanto per questi ragazzi. Andare all’estero è la cosa più bella del mondo, se lo fai per scelta.

Ma se lo fai per necessità…

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Antonella Pagnanelli durante una emozionante vacanza in Zimbabwe

* Antonella Pagnanelli è export manager di una grande azienda italiana. È sempre in viaggio e sulla sua pagina Facebook racconta avventure e disavventure ma anche le impressioni che le danno le città e gli incontri. Salendo e scendendo dagli aerei, ha sempre l’occhio puntato su quel che succede in Italia e inevitabilmente fa il confronto con la realtà degli altri paesi. Questa sua riflessione, del 29 ottobre 2013, mi sembrava appropriata per il nostro blog e le ho chiesto il permesso di pubblicarla. Purtroppo è più che mai attuale. (p.c.)

AGGIORNATO IL 20 DICEMBRE 2016