Il fascismo e la guerra nel “Quaderno” di una sarta

di Paola Ciccioli

La copertina di “La mia Guerra. Urbisaglia nel buio del fascismo” di Edda Moretti. Foto di Francesco Cianciotta. Progetto grafico di Paolo Rusconi – Grafiche Rusconi, Bellano

Edda era una sarta ed era andata a scuola soltanto fino alla quinta elementare. Per molti anni ha pensato che quel titolo di studio non fosse sufficiente per poter raccontare cos’erano stati il fascismo e la guerra per lei, la sua famiglia e il suo paese.
Quando l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi invitò gli anziani a trasmettere ai giovani il ricordo di quel tragico periodo storico, Edda Moretti prese la biro e il taccuino e si liberò della pena che portava nel cuore, ritrovando nello stesso tempo la gioia provata per il ritorno alla libertà dopo la dittatura.

Curato da Donne della realtà Editrice, il “Quaderno” di Edda Moretti è anche un omaggio che i figli dell’autrice – Riccardo, Rossella e Antonella Pagnanelli – hanno inteso fare alla gente del paese natale della loro amata madre, in questo modo mantenendo fede alla sua espressa volontà. Continua a leggere

«Quei ragazzi tristi che hanno dovuto lasciare l’Europa»

di Antonella Pagnanelli, da Calgary*

giovani

Le incredibili parole del ministro del Lavoro mi hanno spinta ad aggiornare questa testimonianza della manager Antonella Pagnanelli. Giuliano Poletti, riconfermato nel governo Gentiloni dopo le dimissioni di Matteo Renzi in seguito alla sconfitta referendaria, a proposito della cosiddetta “fuga dei cervelli” il 19 dicembre 2016 ha dichiarato: «Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi». «Chiedo scusa a mio figlio e ai giovani » gli ha fatto eco il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi dalla cui pagina Fb proviene questa immagine

Stasera ho cenato in un bar/ristorantino in centro a Calgary: città molto ricca (qua ci sono gas e petrolio alla grande e infatti è piena di americani). La mia cameriera era una ragazza scozzese, sulla venticinquina: passa nel ristorante 13/14 ore a giorno, delle quali tre nel pomeriggio sono di pausa (ma lei vive troppo lontano dal centro per andare a riposarsi un po’ a casa). Prende 9 dollari canadesi, circa 7 euro, LORDI, l’ora. È qui da due mesi, con il suo ragazzo che ha un lavoro “normale”.

Lei mi ha ripetuto cento volte, in pochi minuti, di essere tanto stanca. Mi ha fatto vedere le braccia piene di eczema per lo stress… Le ho chiesto se mangiasse adeguatamente e mi ha risposto mica tanto e che ha perso quattro chili in due mesi.

Queste (anche) sono le storie dei ragazzi che oggi lasciano l’Europa in cerca di un lavoro… Se sei qualificato, magari all’estero guadagni anche molto bene. Ma se non lo sei, ti sfruttano e basta.

Anche a Vancouver avevo incontrato un ragazzo giovane, che aveva lavorato un anno a New York e poi era da un anno a Vancouver, impiegato come responsabile della qualità in una buona azienda. Eppure, dietro l’apparenza sbarazzina e “scafata”, aveva tanta malinconia e voglia di rientrare in Italia… perché in Italia ci sono i suoi fratelli, la madre anziana… Mi diceva: «Qua si sta benissimo, ottima qualità della vita, un buon lavoro, civiltà e rispetto… ma dentro mi sento spezzato in due».

A questi ragazzi abbiamo rovinato la vita e negato un futuro sereno a casa loro… La vita dell’emigrante è dura, per lavoro ne ho conosciuti tantissimi, di prima, seconda, terza generazione… Quasi tutti ti dicono che non tornerebbero mai in Italia a vivere, ma tutti quando parlano dell’Italia hanno i lucciconi agli occhi.

Il punto è che c’è stata una generazione che ha vissuto la guerra, che ha lottato per la Libertà e per il lavoro… Poi è arrivata una generazione che è campata di rendita, pensando che il benessere acquisito fosse ormai irreversibile.

Invece non lo era.

Mi sembra di vedere tante aziende, rese grandi da chi le ha fondate e le ha fatte crescere, con passione, con fatica e dedizione… E poi è arrivata la seconda generazione: belle macchine, bella casa, bella vita… ruoli dirigenziali senza aver prima lavorato un giorno nella vita… soldi a bizzeffe, aziende su cui i padri avevano investito, munte dai figli come fossero vacche…

L’Italia di oggi la vedo così e mi dispiace tanto per questi ragazzi. Andare all’estero è la cosa più bella del mondo, se lo fai per scelta.

Ma se lo fai per necessità…

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Antonella Pagnanelli durante una emozionante vacanza in Zimbabwe

* Antonella Pagnanelli è export manager di una grande azienda italiana. È sempre in viaggio e sulla sua pagina Facebook racconta avventure e disavventure ma anche le impressioni che le danno le città e gli incontri. Salendo e scendendo dagli aerei, ha sempre l’occhio puntato su quel che succede in Italia e inevitabilmente fa il confronto con la realtà degli altri paesi. Questa sua riflessione, del 29 ottobre 2013, mi sembrava appropriata per il nostro blog e le ho chiesto il permesso di pubblicarla. Purtroppo è più che mai attuale. (p.c.)

AGGIORNATO IL 20 DICEMBRE 2016