Testo e foto di Maria Elena Sini
Da oggi, 1° settembre 2019, partiamo per un lungo viaggio intorno al mondo tra città, natura, storia e opere d’arte. È d’obbligo farci guidare da Maria Elena Sini, viaggiatrice per eccellenza di Donne della realtà, che anche oggi stimola la nostra curiosità e la nostra voglia di conoscere con un originale reportage dal Vietnam, Paese dal quale è da poco tornata. Questa è la prima parte, buona lettura.

Dettaglio delle ceramiche che rivestono le pareti del mausoleo dell’imperatore Khai Dinh, penultimo imperatore del Vietnam, nei dintorni di Huè che fu la capitale del Paese asiatico dal 1802 al 1945. Tutte le foto di questo reportage sono state scattate da Maria Elena Sini, che ringraziamo.
Del viaggio in Vietnam porterò con me i colori dei mercati, il profumo dei fiori di frangipane, la sontuosità della natura lussureggiante e il misticismo degli edifici religiosi che nel tumulto della vita moderna ispirano lentezza e contemplazione. Ma non voglio parlare della bellezza di questo Paese e delle tante ragioni per cui merita una visita, in particolare voglio raccontare una storia che mi ha colpito, che affonda le radici nel passato, ma forse è collegata al presente e ai costumi di vita del Vietnam più di quanto si possa immaginare.
Nei dintorni di Huè, che fu capitale del Vietnam dal 1802 al 1945, si trovano i mausolei degli imperatori della dinastia Nguyen. Ogni imperatore fece costruire la propria residenza estiva che, alla morte, sarebbe diventata la propria tomba monumentale, il proprio mausoleo. La tomba dell’imperatore Tu Duc rappresenta l’esempio tipico di questo tipo di costruzione: si integra perfettamente con il paesaggio, è circondata da un lago su cui galleggiano fiori di loto ed è ricca di ponti in pietra, padiglioni in legno, cortili e giardini. Il mausoleo dell’imperatore Khai Dinh invece è un edificio eclettico, particolare che si discosta da tutti gli altri per stile e atmosfera, degna rappresentazione del personaggio veramente eccentrico su cui voglio soffermarmi.
Khai Dinh, nato nel 1885, fu il penultimo imperatore vietnamita, ebbe dodici mogli ma generò un solo figlio con una concubina, e anche sulla legittimità di questa nascita ci sono dei dubbi perché Khai Dinh era dichiaratamente omosessuale. Si dice che non abbia mai dormito con le sue mogli e che alla loro compagnia preferisse quella della sua guardia personale. Era dedito alle droghe, amava truccare il viso, vestirsi in modo ricercato e giocare d’azzardo. Le foto esposte nel mausoleo ritraggono un uomo curato, di corporatura esile, minato dalla tubercolosi che lo porterà alla morte a soli quaranta anni nel 1925. La sua personalità si riflette nel suo mausoleo sintesi tra stile europeo, copiato dalla visita in Francia, e sino-vietnamita, costruito in undici anni, dal 1920 al 1931 e quindi completato dopo la sua morte a cura del figlio. Non è un mausoleo molto grande, poco più di 5600 metri quadrati, tuttavia la sua costruzione e la decorazione ricca di dettagli sono molto elaborate.

I dignitari e le guardie di pietra dell’imperatore Khai Dinh nella residenza estiva poi diventata il suo mausoleo
Si accede all’edificio, costruito principalmente in cemento armato, attraverso una ripida scalinata fiancheggiata da sculture che rappresentano dei draghi; salite le scale si trova un piccolo cortile con le case dei mandarini su entrambi i lati. Per accedere alla parte successiva del mausoleo ci sono altri ventinove gradini che portano al cortile delle cerimonie dove si ergono due file di statue in pietra : la prima rappresenta i dignitari della corte e la seconda le guardie del corpo dell’imperatore. In questo livello si trova anche il padiglione della stele sulla quale sono incisi i fatti della vita e del Regno dell’imperatore. Il monumento con la sua forma esagonale ispirata allo stile romanico è unico in tutto il Vietnam.
Nella parte superiore si erge il Thien Dinh Palace, dove si trova il sarcofago dell’imperatore. Questo palazzo imperiale è composto da diverse sale adiacenti le cui pareti sono decorate con ceramica, vetro e materiali misteriosi la cui composizione è ancora oggi sconosciuta. I disegni della prima stanza rappresentano le quattro stagioni mentre nei fregi superiori sono riportati gli otto oggetti preziosi tra cui figurano il liuto, la pergamena, ma anche oggetti moderni come una racchetta da tennis e una sveglia. Si dice che l’imperatore abbia avuto un amante spagnolo che gli fece conoscere Antoni Gaudì la cui influenza è visibile nella stratificazione delle formule architettoniche più disparate presenti nella costruzione che determinano la sensazione di penetrare in un ambiente favoloso, dalle continue ed eccitanti sorprese. I materiali da costruzione arrivarono con navi dall’Europa e dal Giappone e i costi furono elevatissimi tanto che, in modo molto impopolare l’imperatore aumentò le tasse per sostenere i costi della faraonica costruzione. L’effetto finale è bizzarro, la sensazione di essere in un luogo senza tempo, un po’ fiabesco nell’insieme non è sgradevole, al punto che il mausoleo, dove aleggia un’aria di mistero, è stato definito un luogo dove il lutto sorride.
L’imperatore non fu molto amato dal suo popolo perché si mostrò sempre troppo debole nei confronti dei dominatori francesi tanto da essere definito un fantoccio del regime coloniale. Fu accusato di vendere il suo paese ai francesi e di vivere nel lusso mentre il popolo veniva sfruttato. In quegli anni Ho Chi-minh, che sarebbe poi diventato il padre della Repubblica Vietnamita, scrisse un testo satirico sull’imperatore dal titolo The bamboo dragon nel quale metteva in ridicolo la sua apparente grandiosità e la sua sostanziale acquiescenza nei confronti dei francesi.

L’imperatore Khai Dinh, dichiaratamente omosessuale, si sposò 12 volte ed ebbe da una concubina un solo figlio ma su questa sua paternità i dubbi non sono mai stati fugati
Questa storia descrive un uomo eccentrico che fu impopolare per le sue discutibili scelte politiche ma non fu stigmatizzato per la libertà e l’originalità dei suoi comportamenti. Ho voluto sottolineare questo elemento perché forse in questo tratto comportamentale del popolo vietnamita risiede la radice della sua apertura nei confronti dell’omosessualità, cosa non comune in un paese comunista. Oggi in Vietnam le persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali possono legalmente difendersi da ogni abuso, ostilità o discriminazione perpetrati nei loro confronti. Sia per gli uomini che per le donne l’attività sessuale tra persone dello stesso sesso è perfettamente legale, anche se alle coppie omosessuali non sono ancora state concesse le stesse garanzie ammesse per le coppie di sesso opposto.
Nel novembre 2013, il Parlamento ha abrogato la disposizione costituzionale che definisce il matrimonio come unione tra un uomo e una donna: prima i matrimoni gay erano illegali, ma recentemente il governo ha optato per un cambiamento secondo il quale i matrimoni omosessuali non sono ancora permessi, ma non sono più considerati una violazione della legge. Questo significa che lo Stato non rilascia certificati in merito, ma anche che la polizia non può arrestare chi sceglie di sposare una persona dello stesso sesso. Inoltre in Vietnam non c’è una religione dominante, aldilà della legge non ci sono altre regole da seguire, ciò significa che un gay può non essere accettato (come purtroppo accade anche in altre parti del mondo), ma non corre pericoli, come ad esempio in un paese musulmano.
Il governo comunista sta prendendo in considerazione il riconoscimento del matrimonio omosessuale, una mossa che renderebbe il Vietnam il secondo paese asiatico a farlo dopo Taiwan. Ed è un segnale importante il fatto che ad Hanoi, già qualche anno fa, abbia avuto luogo la prima parata nazionale del gay pride. Certamente, nonostante il Vietnam sia uno dei paesi dell’area sud-asiatica considerato più all’avanguardia per quanto riguarda i diritti delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), non significa che non ci siano problemi. Le discriminazioni a scuola e sul lavoro esistono perché le leggi a tutela, che pure sono in vigore, non sempre riflettono o sono la trasposizione del comportamento della società. Una volta fatto il passo legislativo, lo stato dovrebbe attivarsi per lavorare nelle famiglie e nella scuola, per smuovere e scardinare pregiudizi e posizioni talvolta duri a morire soprattutto tra i meno giovani.
Infatti, più forte della società stessa in Vietnam la famiglia è ancora una barriera fortissima. Gli omosessuali non soffrono tanto per l’isolamento sociale, quanto per il “danno” che possono recare ai genitori, e per questo motivo condurre una vita in armonia con il loro genere talvolta è ancora difficile. Nonostante il Paese cresca del 7 per cento ogni anno i redditi degli anziani sono troppo bassi per poter sopravvivere, coloro che hanno combattuto ricevono pensioni che non permettono una vita dignitosa senza l’aiuto dei figli. La famiglia esige figli proprio per offrire un sostegno agli anziani, e questo è un obbligo dal quale è problematico esimersi.