L’inviato abbronzato, «abbastanza sincero e mai troppo bugiardo»

di Stefano Benni

L’INVIATO

Visitai paesi lontani

per trovare la rabbia

ma fui sempre

un ricco tra i poveri

e tornavo a parlarne

un po’ abbronzato

Fui abbastanza sincero

e mai troppo bugiardo

ma il coraggio, quello vero

non lo trovai mai

Ora dirigo

un prestigioso giornale

i miei amici dicono

che non ho più amici

ma ho una grande

collezione

di cappelli esotici

di liquori forti

di foto di morti

«Ma se io avessi previsto tutto questo»: Andrea Di Quarto sorseggia il caffè in casa di Francesco Guccini (foto da Facebook)

«Ma se io avessi previsto tutto questo»: Andrea Di Quarto sorseggia il caffè in casa di Francesco Guccini (foto da Facebook)

*Ad Andrea che non sa, e adesso glielo dico (anzi glielo scrivo), che la fotocopia di questa poesia è tra le pagine 78 e 79 della raccolta di Stefano Benni “Prima o poi l’amore arriva”. Ci è rimasta per anni, meglio dire decenni. Mentre il giornalismo diventava sempre più abbronzato e bugiardo. Mentre, tra chi andava e restava, qualcuno lottava, amava. E sorrideva.

Auguri!

(Paola Ciccioli)

1 thoughts on “L’inviato abbronzato, «abbastanza sincero e mai troppo bugiardo»

  1. Mai abbronzata da inviata. Sempre tornata a casa con le scarpe consumate, dimagrita per i pasti saltati (quando lavoro mi dimentico spesso di mangiare). Molto sincera, mai nemmeno un po’ bugiarda e quando qualcosa che non era vero ho scritto si trattava di proteggere la vita e la sicurezza di persone reali di cui raccontavo, non renderli identificabili. le storie vere al 100%, anche quando smontavano l’eroismo di altri colleghi “inviati di guerra”, come quelli che raccontarono in Rai e su altri media di un attacco mai avvenuto all’Hotel Bologna di Valona, in Albania o drammatizzavano la situazione in Iraq durante la prima guerra del Golfo. Dire qualche bugie, magari non troppe per essere credibile, è una scorciatoia per il successo che ho sempre evitato. Al contrario, mi è sempre piaciuta raccontare la banalità della guerra, senza mai cercare foto di morti da portare a casa per impressionare amici e parenti. Spesso sono tornata a casa con un amico che portava da lontano, Afghanistan, India, Iraq o Pakistan, pensieri gentili (dei ricami, delle mollette per i capelli surreali, de vasi di coccio dipinti d’oro o una madonnina recuperata chissà dove nella Kabul dei talebani) per me e mia mamma. Non cadiamo nell’inganno che non ci sia un altro modo di fare giornalismo che quello delle piccole menzogne. Le piccole menzogne sono derive che portano lontano dalla verità. Meglio rimanere ignoti giornalisti, come i militi e la gente comune che soffre per la guerra, che dare ritocchi alla realtà anche se per scrivere un bel pezzo. Per me le storie che incontro sono quelle che porto a casa. Forti, belle, importanti, senza bisogno di passare dal parucchiere. Così è se vi pare.

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