di Andrea Vitali
Due pagine, la 174 e la 175, dal nuovo e già amatissimo romanzo di Andrea Vitali, La gita in barchetta, il 36esimo che lo scrittore-dottore ha pubblicato solo con Garzanti. Le proponiamo con il consenso dell’autore, che ringraziamo, mentre immaginiamo di essere all’inizio degli Anni ’60 e di entrare con discrezione in una umile casa di Bellano – il borgo reale e letterario sul lago di Como – dove una vedova e le sue tre figlie cercano di opporsi al vento a volte cattivo della vita.

Un momento della presentazione del romanzo “La gita in barchetta” che si è tenuta il 20 novembre al Teatro Franco Parenti di Milano nell’ambito di BookCity 2021. Lo scrittore Andrea Vitali, al centro, ascolta con il giornalista Armando Besio una delle cinque canzoni proposte dal duo Angelica De Paoli e Alessandro Balladore, in omaggio alla connotazione fortemente musicale del libro. (Lo scatto è di Paola Ciccioli)
La vedova Cereda invece aveva confidato nel fatto che la permanenza in casa della prima figlia si limitasse a un paio di giorni, massimo tre. Tant’è che la sera di mercoledì, trovandosela ancora sotto gli occhi, seduta a tavola per la cena, le aveva detto: «Ti sei dimenticata di avere una casa?».
La durezza di quell’uscita aveva provocato uno scatto da parte di Rita che aveva lasciato cadere il cucchiaio. Ma era stata Vincenza a parlare in difesa della sorella. Mica avevano potuto tenerla all’oscuro di ciò che era successo.
Era stata la stessa Lirina, lunedì sera, quando s’erano ritrovate tutte e tre nella stanza che le aveva ospitate per lunghi anni, a raccontare a entrambe, senza tralasciare niente, lo squallore che nel giro di pochi anni aveva preso possesso della sua vita. Non era riuscita a trattenere le lacrime quando aveva detto che il disprezzo che la loro madre le aveva riservato per quel matrimonio l’aveva incattivita, al punto che dopo i primi mesi, quando il marito aveva cominciato a comportarsi come se lei fosse una serva e non sua moglie, aveva deciso di rendergli pan per focaccia. Aveva passato intere giornate a macerarsi nel dispiacere per il passo forse un po’ avventato, visto che nel giro di due mesi s’era sposata. Ma a renderle ancora più amaro ogni minuto delle sue inutili giornate era il pensiero di non poter tornare indietro. Nemmeno lei sapeva spiegarsi come avesse potuto cadere così in basso.
Era stato un procedere lento e inarrestabile, la sua vita lasciata andare senza alcun controllo, con l’effimera beatitudine dell’ebbrezza a farle dimenticare per un po’ quello che aveva sognato, le illusioni che l’avevano accompagnata all’altare. Adesso il solo pensiero di dover tornare in quella casa le riusciva insopportabile al punto che avrebbe preferito gettarsi nel lago oppure incontrare le rocce dell’Orrido. In quelle parole, sia Rita sia Vincenza avevano visto l’angoscia della sorella, ma nei tratti del viso avevano ritrovato la Lirina di un tempo, determinata come quando aveva deciso di sposare Loreto Damato senza dare retta a chi le aveva consigliato di pensarci ancora un po’. Le avevano detto di stare tranquilla, loro due erano lì per aiutarla.
Come fece Vincenza quella sera dopo l’uscita di sua madre.
«Così come stanno le cose non è possibile», disse.
«Le cose stanno che ha un marito che lei si è scelta», rispose seccamente la vedova Cereda.
«Ma dalle almeno un po’ di tempo», ribatté Vincenza pensando che così avrebbe detto la sua amica Selene.
La piccolina stava tirando fuori le unghie!, rifletté sua madre.
«Fino a domenica», concluse.
La domenica della gita.
(a cura di Paola Ciccioli)
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