Pink Floyd, il lato oscuro di quelle trenta sterline a Clare Torry

Testo e foto di Luca Bartolommei

Mezzo secolo dalla pubblicazione di un disco dei Pink Floyd che si può definire, come pochi altri, storico. The Dark Side Of The Moon.

Ogni parola che si scriva o si dica sui Pink Floyd suscita polemiche. Il fatto mi sfinisce e chiedo a chi legge di evitare di farlo. Troppa noia mi deriva dai sotuttoìo, dai biografi, dagli esegeti, da chi conosce perfino quale dentifricio usasse Nick Mason nel 1970 e quanti, e se, ne abbia cambiati nel corso degli anni. Se poi si comincia a parlare di David Gilmour entriamo in un girone più che infernale da cui non si esce vivi. Questo è un post tipo “Astenersi perditempo” (e rompiballe). Ciò premesso, nel mese di marzo del 1973 (e anche qui non facciamola tanto lunga) veniva pubblicato l’ottavo album dei Pink Floyd dal titolo The Dark Side Of The Moon. Continua a leggere

Quanti “richiami” dopo il mio richiamo!

di Luca Bartolommei

In soli sei minuti: dall’ingresso del Palataurus di Lecco al “selfie” post-vaccinazione. Tutto bene, ma qualche effetto collaterale bisogna aspettarselo sempre, soprattutto se ci sono di mezzo i Pink Floyd.

Niente di strano neh, almeno così sembrerebbe, seconda somministrazione del vaccino contro il Covid-19. Appuntamento alle 11.20 del 21 luglio 2021. Arriviamo con un paio di minuti di anticipo al Palataurus di Lecco, Paola mi aspetta alla macchina, entro e alle 11.26 faccio l’autoscatto di prammatica e lo pubblico su Facebook a beneficio di amiche e amici. A parte il viso mascherinato si vede la mia t-shirt “Gilmour Academy 63”. Chissà perché mi sono messo proprio quella, mah, è la riproduzione di una maglietta che David Gilmour ha indossato nel 1972, ma quella originale non era nera. La Gilmour Academy è un college cattolico statunitense che si trova nei sobborghi di Cleveland, Ohio. Forse l’ho messa perché finalmente ho sessantatrè anni, non so. Continua a leggere

Vera Lynn, una voce regina

Testo e traduzione di Luca Bartolommei

«Qualcuno qui si ricorda Vera Lynn? Qualcuno ricorda come diceva che ci saremmo di nuovo incontrati, in una qualche giornata di sole? Vera, Vera, cosa ne è stato di te. C’è qualcuno, qui, che si senta come me?»

Dame Vera Lynn (Londra, 20 marzo1917 – Ditchling, 18 giugno 2020) è scomparsa ieri all’età di 103 anni. Simbolo femminile di una Gran Bretagna che ha saputo resistere, per poi vincere, negli anni tremendi della seconda guerra mondiale. La sua voce e le canzoni che ha cantato hanno dato conforto e speranza a un’intera nazione. Foto da http://www.pinkvilla.com

Nel corsivo sopra la fotografia di Vera Lynn le parole che Roger Waters le aveva dedicato, con affetto e un filo di tristezza, in Vera toccante brano contenuto nell’album capolavoro dei Pink Floyd “The Wall”.

Vera Lynn durante la seconda guerra mondiale è stata la “fidanzata” dei soldati britannici, vera e propria Lili Marleen d’Oltremanica. Il concetto era un po’ quello, una donna a cui pensare per alleggerire l’angoscia di chi poteva restare per sempre in qualche deserto o in fondo al mare o in una jungla piuttosto che a guardare (si fa per dire) le stelle del bel cielo d’Italia. Cosa successa il 18 febbraio 1944 al sottotenente dell’8th Royal Fusiliers, da poco sbarcato ad Anzio, Eric Fletcher Waters, padre di Roger. Continua a leggere

E finalmente capiamo quel che cantiamo

Testo e traduzione di Luca Bartolommei

Giustizia e pace. Insieme. Ma potrebbero non bastare se non cambierà l’atteggiamento di ognuno di noi nei confronti degli altri, dei nostri vari prossimi. Questo il messaggio che ci arriva dalla canzone di oggi. Justice and peace. Together. That might not be enough if our personal approach with others won’t change, if our attitude towards any of our neighbours won’t change. This is the message we get from today’s song. Foto da http://www.radiofujiko.it

E torniamo a parlare dei bei tempi andati, in milanese definiti i temp indree o meno elegantemente l’epoca del Carlo Codega anche se in fondo di anni non ne sono poi passati così tanti…

Chi mi legge e mi conosce sa bene quanto io abbia amato e ami tuttora la musica non italiana, le canzoni che arrivavano da Oltremanica se non da Oltreoceano, insomma le canzoni cantate in lingua inglese. La musica è qualcosa di immediato, emozionale, ascolti e sai subito se ti piace o meno quel genere, quel gruppo o quella cantante. Il problema che mi ponevo da ragazzino era quello di capire che cosa dicessero i testi, quindi spendevo molto del mio tempo a tradurre quelli degli LP che a tremilacinquecento lire cad. (ma in Magenta da Bigi e Buscemi costavano duemilaseicento, e vi assicuro che non era un risparmio da poco) stavano cominciando a formare la mia discoteca personale. Continua a leggere

Quattro settimane (e tanti bambini) da raccontare

di Luca Bartolommei

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Luca Bartolommei con un suo simpatico allievo durante le quattro settimane al Centro Vismara-Don Gnocchi di Milano. «Dopo la musica un autoscatto in relax totale. Il maestro è molto slow, la linguaccia molto fun»

Le giovanili del Milan si allenano e giocano in via dei Missaglia, al centro Peppino Vismara, bellissimo complesso situato nei campi, ma proprio nei campi, roggia inclusa, vicino al Ronchètt di rann. Nel comprensorio è situata anche una struttura della Fondazione Don Gnocchi, dove si svolgono tutte le attività, a cominciare dalla riabilitazione, per cui a Milano è conosciutissima.

A luglio ho partecipato al centro estivo organizzato per bambini e ragazzi della zona che si è tenuto al Vismara svolgendo, come “tecnico”, la mia opera di insegnante di chitarra insieme alla collega musicista Maria Elisa  (in quel periodo eravamo entrambi collaboratori dell’Associazione Musicaingioco) e a una decina tra educatori ed operatori di Special Olympics Lombardia e della cooperativa lo Scrigno. Fin qui nulla di particolare, sono quasi dieci anni che insegno a giovani e  giovanissimi.

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«Pausa! Ci vuole una pausa»

di Luca Bartolommei

animalsLeggo con attenzione il post “Brahms e il respiro” di Sergio Angelo Picchioni e lo sguardo cade, e si ferma, su questa frase: «Certo, amico mio» azzardai allora «del resto nella musica il respiro è tutto, così come nel canto».

Ahhh, il respiro… argomento che mi interessa molto.

Mi piace il respiro dato dalla dinamica del suono, dall’alternanza, dal susseguirsi di piani e forti, pianissimi e fortissimi, crescendo e diminuendo. Il suono che arriva quasi a spegnersi in sussurro, la frase musicale ripetuta a volumi diversi, come fanno i bambini quando non li ascolti con l’attenzione che sempre meritano, e che alla fine urlano.

Dico sempre alle mie giovani allieve e ai miei allievi che la musica è fatta di suoni, sì, di note, va bene, ma anche, secondo me soprattutto, di pause.

Amo le pause. Amo il respiro delle pause.

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Se una canzone va ascoltata tenendo i figli per mano (e viceversa)

di Luca Bartolommei

da Claudia Mazzei

«È imparando la musica che molti cuori giovani imparano ad amare» (immagine dal profilo Facebook di Claudia Mazzei, presidente dell’Associazione Musicaingioco http://www.musicaingioco.com)

Mi capita spesso, insegnando chitarra a bambini ed adolescenti, di chiacchierare liberamente con i miei allievi nei necessari momenti di relax tra una scala, un accordo e un nuovo pezzo da preparare per il saggio di fine anno. I più piccoli mi parlano delle maestre noiose, mi mostrano i loro disegni, mi dicono che di musica ne ascoltano poca, a volte mi raccontano i loro sogni.

Con quelli più grandi parliamo di gruppi musicali, di generi musicali, di canzoni da imparare. Una delle cose che ripeto loro più spesso riguarda l’importanza che in un brano musicale riveste il testo, il messaggio che, al di là delle emozioni che ci danno le note, un testo può trasmetterci. Spesso parliamo di brani non in lingua italiana, quasi sempre in inglese, che invito a tradurre per cercare di capire quello che l’interprete dice, pratica che a volte lascia i ragazzi un po’ delusi. «Bella la musica, ma ‘sto tipo cosa mi sta raccontando, ma ce la fa?». Così si esprimono, a volte, i ragazzi e le ragazze.

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La “On The Run – Pink Floyd Tribute Band” durante il concerto del 19 febbraio scorso a Lu, in Piemonte (foto di Paola Ciccioli)

Mi chiedono che musica io suoni con i miei gruppi, e quando rispondo «con un gruppo che si chiama On the Run facciamo cover dei Pink Floyd» qualcuno si ricorda che i genitori gliene hanno parlato, altri parlano di un disco con la copertina nera visto a casa di un cugino, tanti citano quel pezzo dove i bambini cantano “we don’t need no education”.

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Mother, madre

a cura di Luca Bartolommei*

MOTHER

Mother do you think they’ll drop the bomb
Mother do you think they’ll like this song
Mother do you think they’ll try to break my balls
Mother should I build a wall
Mother should I run for president
Mother should I trust the government
Mother will they put me in the firing line
Is it just a waste of time   (nel film The Wall «Mother am I really dying?»)

Hush now baby, baby, don’t you cry
Mother’s gonna make all of your nightmares come true
Mother’s gonna put all her fears into you
Mother’s gonna keep you right here under her wing
She won’t let you fly, but she might let you sing
Mama’s gonna keep baby cozy and warm
Ooooh baby ooooh baby oooooh baby,
Of course mama’s gonna help build the wall

Mother do you think she’s good enough, to me
Mother do you think she’s dangerous, to me
Mother will she tear your little boy apart?
Mother will she break my heart

Hush now baby, baby don’t you cry
Mama’s gonna check out all your girlfriends for you
Mama wont let anyone dirty get through
Mama’s gonna wait up until you get in
Mama will always find out where you’ve been
Mama’s gonna keep baby healthy and clean
Ooooh baby oooh baby oooh baby,
You’ll always be baby to me

Mother, did it need to be so high?

Motherland 2

Il film “Ana Yurdu” (in inglese “Motherland”) di Senem Tüzen (Turchia, 2015) è in programma il 17 marzo allo Spazio Oberdan di Milano nella giornata di apertura di Sguardi Altrove Film Festival che si concluderà il 25 marzo. “Ana Yurdu”, primo lungometraggio della regista nata nel 1980 ad Ankara, racconta la storia di una donna che, dopo il divorzio, va a vivere nel villaggio della nonna per finire di scrivere un libro. Ma la sua creatività viene bloccata dall’arrivo improvviso della madre

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