Menestrelli senza frontiere sotto il cielo lucano

di Luca Bartolommei

Ritratti di famiglia in trasferta: Luca Bartolommei di fronte ai Sassi di Matera in uno scatto di Paola Ciccioli

È successo! Siamo andati in vacanza. Dodici ore di pullman per arrivare in Basilicata, vecchia maniera, bagaglio leggero (il mio no) e chitarrina in spalla.
Dello stupore che mi ha procurato questa terra insieme con la gente che la abita, diventato quasi psichedelico a Matera, scriverò magari un’altra volta, oggi l’urgenza è diversa.
Pubblicato il primo numero del giornale, ci siamo potuti permettere una breve fuga da Milano e dai computer, girellando tra mare sfortunatamente abitato da meduse e paesini arroccati su cocuzzoli dove si riusciva anche a respirare.
Ebbene, ecco subito il ricordo della signorina Giulia Brusadini, la mia insegnante delle elementari, che la geografia ce la insegnava, eccome, infatti sciorino a memoria a una incredula Paola i principali fiumi che sfociano nello Jonio da est a ovest: Bradano, Basento (ma nella poesia su Alarico e i Visigoti era Busento), Agri, Sinni, Crati, Neto. Sbam! Una calda serata, dopo aver attraversato paesaggi difficili da descrivere percorrendo la strada vecchia, quindi mettendoci il tempo finalmente necessario, arriviamo a Valsinni, paese natale (fa molto guida turistica eh?) della poetessa tardo-rinascimentale Isabella Morra, sulla cui storia interessantissima seguiranno particolari in cronaca, e lasciamo il mezzo meccanico sotto le mura del castello, ancora in parte abitato, che porta il suo bel nome.
Inerpicandoci su per viuzze e vicoletti arriviamo alla sommità dove incontriamo un signore a cui chiediamo, la voglia di carne alla brace è già al livello di guardia, dove possiamo trovare un posto adatto ad una cena non certo esagerata, ma sicuramente robusta… “no brace, no party”, tanto per capirci.
«Io sono il macellaio, e la mia Beccheria, così si chiama il ristorante, è pronta ad accogliervi». Praticamente ci acchiappa sottobraccio e ci trascina a un tavolo in una bella terrazzina che ci apre lo sguardo sulla valle e da cui, alzando gli occhi verso il monte dirimpetto, si vedono le luci dell’innominabile “quel paese” di cui saprete ben presto.

Ad una specie di check-point della Pro Loco posto all’inizio della salita verso il borgo, ci era stato annunciato da alcune signore in costume, tra il tradizional-local-folk-rinascimentale e il facciamo-da-noi-che-va-bene-uguale, un intrattenimento musicale itinerante con musiche anche lì tra tradizione e contemporaneità, rigorosamente però in vernacolo lucano. Attendiamo con ansia l’arrivo del cibo e dei menestrelli riuscendo a convincere il simpatico gestore ad abbassare per qualche minuto, ma solo qualche, il volume dell’impianto audio che ci propina un misto tra pizzica salentina e neo-melodicità quasi new-age lucana che a me fa l’effetto della musica balcanica (cit. Elio e le storie tese).
Tranquilli che la Gagarella arriva, arriva.

Arrivano intanto le vivande, servite da un cameriere gentilissimo ma con lo sguardo deciso, quasi torvo, come a dire «se non mangiate tutto sono guai!» e poi, finalmente, il gruppo musicale. Cantano e suonano molto ma molto bene. Li ascolto e li osservo. Età diverse, quasi tutti giovani, una donna e anche una bambina, bene, uno con due gambette secche secche, gamba de seller, di sedano, lo chiamerebbero a Milano, inguainate in una calzamaglia nera, che non è proprio un indumento che dona a tutti i maschi, e con un paio di mocassini a paperella di quelli che voglio-stare-comodo. Brache a sbuffo fino a mezzacoscia e camicia bianca con maniche altrettanto a sbuffo completano l’opera. Però canta bene, non sbaglia una armonizzazione.
Il capocomico è un figo pazzesco, bruno con barba curata, abbronzato, aitante, simpatico, bella voce e buon intrattenitore. Vorrei incenerirlo con lo sguardo, le altre signore presenti un po’ meno.
Canzone tradizionale sulle lavandaie, poi canzone contemporanea su Foggia. Foggia? Foggia!!!
Paola a questo punto mi incoraggia a chiedere se posso cantare io una canzone su Milano. Chissà, tendenzialmente sono timido e non amo disturbare quelli che lavorano. Infatti non ho fatto l’inchiestista…

Quello che succede da qui in poi ha dell’incredibile.
Siamo in Lucania a Valsinni e i nostri vicini di tavolo sono di Pessano con Bornago, uno dei “paesi dell’Est” milanese, abbiamo anche una conoscenza in comune.
I menestrelli si accomodano tra sedie e tavoli, neanche gli dispiace riposarsi, c’è un refolo di brezza ma fa anche un caldo bestia, (vogliamo parlare della calzamaglia?) mi porgono una chitarra ed io, dopo una breve e doverosa traduzione di qualche termine milanese attacco La gagarella del Biffi Scala.
Battono il tempo, ridono, nel senso che ridono quando devono ridere, capiscono quasi tutto e apprezzano il fatto che io canti in milanese una canzone che ha più di settantacinque anni. Applausi degli astanti, qualcuno dei turisti che passano si ferma a vedere cosa succede. Parlo di qualche altra canzone della coppia D’Anzi-Bracchi e ringrazio i ragazzi che proseguono il loro giro per il borgo. Maledizione, non hanno un CD da vendere, peccato.

Quello che è incredibile lo diventa ancora di più.
Il beccaio dice che vuole sentire “O mia bela Madonina” ma anche altre canzoni in milanese, i vicini di tavolo non vanno via e quasi ignorano i bambini, tre, che ormai muoiono dal sonno. Come si può fare? Fabio, così si chiama il padrone di casa, si allontana e dopo un minuto torna trionfante con un grande sorriso, una chitarra, una fisarmonica (una Settimio Soprani, Castelfidardo, 80 bassi e 5 toni al canto), le addette alla cucina, moglie del titolare compresa, escono e si appoggiano al muretto per ascoltare, uno dei bambini di cui sopra, Luca, vuole sapere come si fa a suonare la chitarra, la tocca, sfiora le corde, sorride e si ritrae, il cameriere, che ha rigorosamente controllato che nulla, ma nulla, sia rimasto nei piatti, nemmeno in quelli di servizio, si accende una sigaretta. E aspetta.
Con Madonina arriva puntuale la commozione di tutte e di tutti con battimani, abbracci e liquorini fatti in casa e la serata finisce in gloria, ma non ancora.
Segue visita guidata a tutta la parte interna del ristorante, omaggio all’immagine di San Fabiano protettore di Valsinni, visita alla cantina e ai bagni, sissignore c’è anche quello per i disabili, promessa di un nuovo incontro appena possibile con serata musicale milanese – bisogna lavorare, ragazzi – assicurata.
Valsinni, Basilicata, Italia.

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