Pinocchio alla sua Fata: «la vita del burattino mi è venuta a noia»

di Carlo Collodi*

Non è stato il film più visto il giorno di Natale ma a Santo Stefano sì, il Pinocchio di Matteo Garrone con Roberto Benigni nei panni di Geppetto. Noi abbiamo riletto la favola che Carlo Collodi, vero nome Carlo Lorenzini, scrisse tra il 1881 e il 1883 e Paola Ciccioli ha scelto per il blog il capitolo in cui «Pinocchio promette alla Fata di esser buono e di studiare, perché è stufo di fare il burattino e vuol diventare un bravo ragazzo». Segnaliamo inoltre che fino al 22 marzo 2020 al Museo del Tessuto di Prato saranno in mostra i costumi realizzati per il film di Garrone da Massimo Cantini Parrini.

Un grazie allo Studio Torricelli per questa foto di scena del “Pinocchio” ora nelle sale italiane. Qui il burattino di legno, interpretato da Federico Ielapi, è con la Fata bambina, interpretata da Alida Baldari Calabria. Al Museo del Tessuto di Prato, oltre ai costumi disegnati da Massimo Cantini Perrini per questo film di Matteo Garrone, sono esposti anche sette capi d’abbigliamento storici del XVIII e XIX secolo provenienti dalla collezione personale del costumista fiorentino (https://www.museodeltessuto.it/)

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“Semplicemente”, noi nella Milano di Andrea Cherchi

di Andrea Cherchi*

Il fotografo e giornalista Andrea Cherchi in un’immagine dal suo profilo Facebook (https://www.facebook.com/andrea.cherchifoto.3). Ogni giorno saluta i propri follower pubblicando un bellissimo scatto accompagnato da queste parole: “Con questa foto che ho scattato tempo fa auguro a tutti una buona giornata”. Per Gallo Edizioni ha pubblicato nel 2018 uno splendido libro fotografico “Semplicemente Milano” che, come scrive nell’introduzione, riesce a trascinare nel suo “mondo milanese con lo spirito di un bambino che si meraviglia di fronte ad ogni cosa e trasforma tutto in sogni”. Sotto, le pagine del libro con i suoi ritratti di Paola Ciccioli e Luca Bartolommei

Oggi, alla Vigilia di Natale, rivolgo uno sguardo al mio Natale di 46 anni fa. Il primo Natale in una famiglia vera. Pochi mesi prima ero arrivato dall’orfanotrofio in una casa dove dalle finestre vedevo la luce del giorno. La luce della vita. 46 anni fa, nel mio primo vero Natale, avevo una mamma e un papà anch’io. Il mio primo regalo di allora è stata una famiglia. Da quel giorno, facendo o ricevendo un regalo, non ho mai smesso di pensare alla fortuna che il buon Dio ha voluto per me. Oggi come allora, ringrazio chi mi ha messo al mondo per avermi risparmiato dalla morte e chi mi accolto e mi ha salvato la vita. La parola abbandono contiene la parola dono… ci avete mai pensato? A volte è davvero così. Auguri di Buon Natale a tutti.

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La solidarietà che guarisce il mondo

di Maria Elena Sini

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Un’immagine da “Miracolo a Le Havre” del regista finlandese Aki Kaurismäki. Il film è inserito nella rassegna “Kaurismäki in 35 mm” presentata da Fondazione Cineteca Italiana allo Spazio Oberdan di Milano dal 22 maggio al 4 giugno 2017. In programma 13 film, compreso l’appena uscito “L’altro volto della speranza” (http://oberdan.cinetecamilano.it/eventi/cineteca-70-in-35mm-aki-kaurismaki/)

Durante le feste la televisione ci ha propinato film traboccanti di buoni sentimenti: se siamo stati fortunati ci è toccato “La vita è meravigliosa“ di Frank Capra, che viene rispolverato per ogni Natale, se ci è andata male ci siamo beccati film melensi e stucchevoli su renne ferite, alberi di Natale consegnati in ritardo, regali smarriti etc…

Ma, per caso, facendo zapping da un canale all’altro, ho visto su Rai 5 il perfetto film di Natale, una favola moderna con una tematica attuale, che senza retorica e senza enfasi, con uno stile minimalista affronta il problema della clandestinità. “Miracolo a Le Havre” di Aki Kaurismäki è ambientato nella città portuale che dà il titolo al film, dove uno scalcinato lucida scarpe, Marcel Marx, con un passato di scrittore bohémien, entra casualmente in rapporto con un giovane migrante africano, Idrissa, arrivato dentro un container e sfuggito ai controlli della polizia che lo cerca. L’uomo, la cui moglie nel frattempo ha scoperto di avere una malattia che le lascia poco da vivere, si prende cura del ragazzo e cerca di fargli passare la Manica per raggiungere la madre in Inghilterra, facendo rete con i suoi amici del quartiere e cercando di eludere le attenzioni del commissario Monet. Marcel e Idrissa non hanno niente in comune, solo il senso della propria vita marginale e minacciata: l’uomo dalla paura di restare solo e il ragazzo dal fallimento del viaggio che doveva portarlo a Londra.

La denuncia sociale di “Miracolo a Le Havre” sta nella contrapposizione tra Marcel e i suoi amici, persone semplici che però si mostrano subito pronte ad aiutarlo e sostenerlo una volta conosciuto il suo piano per far arrivare il ragazzo in Inghilterra, e un sistema politico e giudiziario cieco e meccanico, nel quale però fortunatamente esistono ancora anticorpi d’umanità d’altri tempi. D’altri tempi infatti è tutta la comunità che abita intorno al porto e d’altri tempi è il commissario, una figura con una grande carica morale, implacabile nell’arrestare i criminali ma generoso con gli indifesi.

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Figli e padri a scuola di sogni

di Luca Bartolommei

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Aleppo. Bambini. Quasi sorridenti. Potremo mai insegnargli a nutrirsi dei nostri sogni? Chissà quali saranno i loro. Foto http://www.BBC.com

È quasi Natale e siamo tutti buonissimi, quindi pensiamo a cose belle, carine, anche tenere.

Questa canzone è da cantare insieme, con le amiche e gli amici del liceo, allora eravamo figli, ora qualcuno è genitore, e tocca lavorare. Le acustiche, Roberto Nespoli con la 12 corde, la versione di 4 way street, le tre voci, insomma, era un inno. Ma non dimentichiamoci i ragazzi, i bambini, eh no, anche loro devono partecipare al “Teach your children” di Natale, cerimonia che si ripete annualmente, nelle case di qualche nostalgico… così com’era per il “Blue Monk” di fine anno.

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Per la fiera della beneficenza se ne riparla l’anno prossimo, ma nonna e nipote ancora sono in fuga dal baratto “in”

di Adele Colacino

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Sono trascorsi appena una ventina di giorni e le coscienze si sono allontanate dai solleciti alla generosità e alla partecipazione attiva e contributiva ai dolori della fame e delle privazioni di una gran parte del mondo

Giusto! Adesso è il momento di pensare a come smaltire il peso accumulato nel periodo delle Feste, sì quelle con la EFFE maiuscola. Adesso, calendari e calorie sott’occhio, occorre impegnarsi a ritornare in forma, a sudare nelle tute griffate, a pensare alla prova costume che quando meno te lo aspetti ti manderà in crisi davanti allo specchio che riflette carni bianchicce, molli, e debordanti, occhi sbarrati.

Faccio un passo indietro e torno all’inizio di novembre, quando già cominciano ad arrivare con la posta le buste piene di letterine che, associazioni e missionari sparsi per il mondo, ci scrivono sotto lo sponsor di santi e sigle per la campagna di raccolta fondi.

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“Was es ist”, Quel che è

Erich Fried*

L'abbraccio

Egon Schiele, “L’abbraccio” (1917)

WAS ES IST

Es ist Unsinn

sagt die Vernunft

Es ist was es ist

sagt die Liebe

Es ist Unglück

sagt die Berechnung

Es ist nichts als Schmerz

sagt die Angst

Es ist aussichtslos

sagt die Einsicht

Es ist was es ist

sagt die Liebe

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La strega

di Paola Ciccioli

Questa opera di Giuliana Bellini è esposta fino al 18 giugno 2017 al Molino del Groppo a Pozzol Groppo, in provincia di Alessandria (http://sacsmostreit.blogspot.it/2017/05/il-molino-del-groppo-28-maggio-18.html)

Eri Ferragosto e Natale
il mare profondo
il fiume in piena
il sole alto a mezzogiorno
Foresta, montagne
i numeri e le note
Eri peso, eri forma
eri scatole piene
la storia, il futuro
il pane, la fame
il grido e la quiete.
Sei a, e, i, o, u.
Eri urlo, sospiri
eri notti bagnate,
sudore,
unghie avide,
muscoli accesi.
Sei vocale, consonante, sei alfabeto.
Una strega ti è venuta vicino,
ha divorato le foglie
sui rami,
ti ha strappato i capelli,
pugnalato la schiena.
Il fiume è asciutto,
il mare arso.  Continua a leggere

Mrs Griffiths e la beffa delle convenzioni natalizie

di Maria Elena Sini

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«Le foto di famiglia ritraggono volti sorridenti, nascite, matrimoni, vacanze, feste di compleanno dei bambini, cene di Natale. Momenti della vita che non si vogliono dimenticare. A TUTTI BUON NATALE!», così ha scritto Maria Elena su Facebook, mostrando il suo originalissimo albero

Obadiah Oak, Mrs Griffiths and the carol singers” è una lettura natalizia alternativa alle storie zuccherose tipiche del periodo. Louis de Bernières che, a dispetto del nome è uno scrittore britannico, ribalta alcuni luoghi comuni e con il suo amaro umorismo descrive e mette a fuoco alcuni stereotipi della vita apparentemente serena nelle piccole comunità.

La storia fa parte di una raccolta di racconti ambientati nel fittizio villaggio di Notwithstanding presentato come una tipica comunità della campagna inglese, ma a poco a poco i personaggi che popolano le diverse vicende compongono un quadro che svela la complessità della natura umana e la profondità delle relazioni tra le persone.

Questo racconto si apre con la pittoresca descrizione di Obadiah Oak, cittadino inviso a tutta la comunità per la trascuratezza della sua igiene personale “…he and his house smell of two hundred years of peasant life; he exudes the aromas of wet leather and horse manure, costive dogs, turnips, rainwater and cabbage water, sausages, wollen socks, Leicester cheese…”. A lui viene contrapposta la severa formalità di Mrs Griffiths, una vedova che arriccia il naso alla presenza di Obadiah Oak e si allontana da lui con un certo disgusto mentre è intenta a comprare un’intera scatola di cartoline per gli auguri di Natale affinché tutti pensino che ha molti amici e importanti relazioni.

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Via dell’Ara Coeli

di Mariagrazia Sinibaldi

Lauretta Sinibaldi davanti ai mobili dorati del salone

Lauretta Sinibaldi davanti ai mobili dorati del salone

Ripongo la foto con Zipì e rimango con uno strano silenzio interno. C’è ancora tanto di me, lì, dentro lo scatolone! Cosa ho detto all’inizio del mio racconto? Che ci vogliono coraggio, buon senso, ottimismo e senso dell’umorismo… ecco la chiave! Ottimismo e umorismo. E come risvegliandomi da un sonno comatoso mi trovo a frugare, a frugare e a frugare in mezzo alle foto… alla ricerca di quella capace di risvegliare, sia pur vagamente, una qualche sensazione e che come un talismano stretto nella mano un po’ tremante, abbia la forza di trascinarmi nel mondo vago dei sogni e preciso dei ricordi… e… ECCOLA, finalmente! È vero siamo fuori tempo massimo, è una foto natalizia, ma che volete, è lei che si è presentata per prima e mi ha afferrato e trascinato via con sé. Ecco: nella foto ci siamo nonna, papà, mamma, una delle cugine (non riesco a capire quale, ha la testa girata) e io che accendo le candeline (quelle vere, quelle che si accendono col fuoco) le candeline, dicevo, di un albero di Natale, immenso, che arriva quasi al soffitto… il soffitto a cassettoni del grande salone di via dell’Ara Coeli.

Lauretta, ricordo, scattava la foto… io avevo vent’anni… lo riconosco dal vestito… perché in famiglia i periodi, gli anni del calendario, sono sempre stati determinati dai vestiti indossati, oppure dai terribili “febbroni” che qualcuno aveva sofferto… mai un numero preciso ma sempre collegamenti tra fatti della vita: perché questi sono importanti Continua a leggere