Pinocchio alla sua Fata: «la vita del burattino mi è venuta a noia»

di Carlo Collodi*

Non è stato il film più visto il giorno di Natale ma a Santo Stefano sì, il Pinocchio di Matteo Garrone con Roberto Benigni nei panni di Geppetto. Noi abbiamo riletto la favola che Carlo Collodi, vero nome Carlo Lorenzini, scrisse tra il 1881 e il 1883 e Paola Ciccioli ha scelto per il blog il capitolo in cui «Pinocchio promette alla Fata di esser buono e di studiare, perché è stufo di fare il burattino e vuol diventare un bravo ragazzo». Segnaliamo inoltre che fino al 22 marzo 2020 al Museo del Tessuto di Prato saranno in mostra i costumi realizzati per il film di Garrone da Massimo Cantini Parrini.

Un grazie allo Studio Torricelli per questa foto di scena del “Pinocchio” ora nelle sale italiane. Qui il burattino di legno, interpretato da Federico Ielapi, è con la Fata bambina, interpretata da Alida Baldari Calabria. Al Museo del Tessuto di Prato, oltre ai costumi disegnati da Massimo Cantini Perrini per questo film di Matteo Garrone, sono esposti anche sette capi d’abbigliamento storici del XVIII e XIX secolo provenienti dalla collezione personale del costumista fiorentino (https://www.museodeltessuto.it/)

Continua a leggere

Ci vediamo in piazza delle filandaie

Com’era mia madre quando lavorava in filanda? Come si vestiva quando affrontava quella salita ripida che portava allo stabilimento? Come si proteggeva dal freddo? Di cosa parlava con le sue amiche? Come raccoglieva i capelli? Quante volte l’hanno umiliata? E anche lei è stata insidiata dal padrone e aggredita dalla sua prepotenza? Mi porto dentro queste domande da che sono al mondo perché in casa mia la parola “filanda” è stata sempre pronunciata: da mia madre, da sua sorella, da nonna, dall’altra zia, da tante e tante donne del paese. Una parola ripetuta a testa alta nonostante l’infinita durezza del lavoro di filare la seta. Che ha dato però a mamma, nonna, zie e loro amiche la consapevolezza di aver fatto tanto e più degli uomini per campare onestamente.

Il brano che segue è tratto dal libro E lee la va in filanda. Donne e bambine al lavoro nei setifici cernuchesi tra ‘800 e ‘900, scritto da Serena Perego e pubblicato dal Comune di Cernusco sul Naviglio, cittadina vicina a Milano dove lunghe file di gelsi continuano a testimoniare quanto fosse importante l’industria serica in questo spicchio di Lombardia. Tanto che una delle sette ex filande è diventata un centro culturale e per accedervi bisogna percorrere via delle filerine. Ecco: quel che desidero è che anche a Urbisaglia, il paese marchigiano in cui sono nata e dove ho raccolto i ricordi delle “mie” filandaie, un angolo possa portare per sempre il nome di quelle bambine, ragazze, giovani madri costrette a tenere per ore e ore le mani nell’acqua bollente per estrarre il filo dal bozzolo. In ricordo di quelle operaie povere e splendenti di orgoglio che scacciavano il dolore pregando ma, soprattutto, cantando.  (Paola Ciccioli)

Continua a leggere

«La mia giornata ha un senso anche se vedo soltanto girare il sole»

di Eliana Ribes

Lida Bullorini Ribes in una intensa immagine della sua gioventù a Maestà di Urbisaglia. Anche adesso, che ha 94 anni, vive nel piccolo centro marchigiano dove è nata, come ha raccontato ieri la figlia Eliana e come leggiamo in questa seconda parte della sua storia (immagini dall’archivio privato della famiglia dell’autrice del post)

Adesso che anche tutti i nipoti sono cresciuti ed è diventata bisnonna, mia madre attende alle cose che gli anni, novantaquattro, e la salute le permettono di fare. Cura, nella bella stagione, il piccolo giardino e la pulizia del cortile, cucina, segue i programmi televisivi a lei più congeniali, un po’ legge e un po’ cuce o lavora a maglia. La coltivazione dell’orto le è stata vietata da noi figli perché la zappa e la vanga non giovano certo alla sua schiena e le procurano sbandamenti di testa; lei, però, a cipolle, agli, sedani, e altre erbe aromatiche non rinuncia e quest’anno ha trasferito le piantine in una striscia di terra adiacente al muro di casa , di cui sorveglia la crescita dalla finestra della cucina. Qualche colpo di testa, veramente, ogni tanto lo fa, come quando d’estate non resiste alla tentazione di cogliere i fichi maturi salendo sulla pianta con una lunga scala, con il pericolo di rompersi l’osso del collo o, più probabilmente, il femore. In quel periodo, allora, è meglio batterla sul tempo, raccoglierli tutti e farne piazza pulita, perché nemmeno le minacce più severe servono a dissuaderla dal piacere di quella operazione fatta in prima persona, con cui ha sempre accontentato parenti e amici.

Continua a leggere

«Per raggiungere la sua casa di sposa, mia madre dovette soltanto attraversare la strada»

di Eliana Ribes

Lida Bullorini con il fidanzato, e poi marito, Giuseppe Ribes. Eliana dedica ai suoi genitori un omaggio sincero ed è la madre Lida, che ora ha 94 anni, a conquistare il centro di questo racconto che è anche la perfetta descrizione di una generazione di donne semplici e allo stesso tempo straordinarie (entrambe le foto del post provengono dall’archivio privato dell’autrice)

Mamma ha 94 anni, è autosufficiente, tenace, orgogliosa e con tanta voglia di vivere. Abita ancora nella sua casa, quella che l’accolse il giorno delle nozze, settantuno anni fa. Per raggiungerla dovette solo attraversare la strada, perché si trovava di fronte a quella dei suoi genitori, lungo la statale 78, a Maestà di Urbisaglia. Andò in famiglia, come si diceva allora, cioè la famiglia oltre al marito comprendeva la suocera e una zia.

Continua a leggere

La ricerca del lavoro

di Erica Sai

Nella Giornata mondiale della poesia, che l’Unesco ha voluto coincidesse con l’inizio della primavera, una poesia scritta da Erica Sai il 7 marzo sul treno da Milano a Luino (foto da Facebook)

Invia

invia pezzi di carta

virtuali e secchi

e fatti goccia

nel mare.

 

Diventa invisibile

come tutti gli altri

nell’istante paradossale

in cui tenti disperatamente

di farti vedere.

 

E poi racconta

racconta a tutti

che ti chiedono pressanti

se sei ancora – ma dai ancora!

sul fondo dell’oceano.

 

Perché chi sei

se non annaspi

in quella superficie dannata

nella finta posizione

adatta a te, secondo l’etichetta?

 

Non importa – oh no!

quello che fai di più bello

perché non è Lavoro

e rimani schiacciata

sotto tonnellate d’acqua asfissiante.

Canzone per Rita

di Erica Sai

canzone

L’immagine è tratta dal video di “Canzone” di Lucio Dalla, citata da Erica Sai in questo ricordo familiare di Rita Barozzi, morta tre giorni fa a 102 anni (il brano è contenuto nell’album “Canzoni” del 1996)

Rita è morta. Poco fa, sì. Aveva 102 anni, quasi 103 perché li avrebbe compiuti all’inizio di maggio; il 4 per la precisione, proprio come Lukas (il mio quasi nipotino) che invece ne farà due. Non ero lì, però secondo me è morta come è vissuta: senza “disturbare”.

Rita era una parente dal mio ramo paterno, cugina di mio nonno Valente; il nonno che non ho conosciuto perché è morto troppo presto, troppo anche per mio papà che era solo un bambino. È stata madrina di battesimo di mio papà, per quanto ne so in passato erano stati tenuti abbastanza vivi i rapporti con mia nonna che raccontava qualche episodio. A quei tempi c’era anche Livia, una cugina che ha vissuto tutta la vita con Rita e che molti anni fa ha iniziato ad ammalarsi. Comunque, mia nonna non aveva un gran bel carattere, mal sopportava le pesantezze caratteriali di Livia, e non era una persona molto predisposta a tirare per le lunghe le relazioni di aiuto. È stata mia mamma ad entrare nella dinamica e prestare la sua mano. Con la spesa al supermercato, poi con i medici, con l’assistenza in generale. Da decenni possiamo ormai dire.

Continua a leggere

Serena, la parrucchiera che dispensa libri e felicità

di Margherita Rinaldi*

Margherita 3

Serena Mercanti, al centro con l’abitino chiaro, è qui con il reparto parrucco del Macerata Opera Festival. «Lavorare allo Sferisterio era nella mia scatola dei desideri», ha raccontato alla giornalista e blogger Margherita Rinaldi

Una cosa che ti colpisce quando conosci Serena Mercanti è che nel suo salone di parrucchiera c’è una piccola biblioteca. Cioè: mentre ti fai i capelli puoi leggere un libro, oppure puoi sfogliare gli album di foto dei suoi viaggi, o il catalogo di qualche mostra importante: arte, architettura, cinema… .

I libri li prendi, li cominci, poi se vuoi prosegui la lettura la volta successiva. Come ho fatto io con Eva Luna della Allende. Eva Luna, che poi è anche il nome (e cognome) della bimba di Serena. Per tutto questo ti viene voglia di farle un po’ di domande. E scopri una bella storia, quella di una ragazza che voleva fare la parrucchiera e che con questo mestiere è cresciuta, fino a coniugarlo con la moda, con l’arte, con lo spettacolo, con l’amore per la città dalla quale ha deciso di farsi adottare.

Continua a leggere

«Ecco cosa mi ha fatto diventare un’orgogliosa infermiera»

di Maria Grazia Iannone

Maria Grazia Iannone in una foto del 2014 insieme con la specialissima nonna Clelia (dal suo diario Facebook). L’autrice di questo post è infermiera di famiglia e di comunità oltre che esperta di cure palliative. Contagiata in forma lieve dal Corona Virus, ne ha scritto per il nostro blog e anche di questo la ringraziamo

Buongiorno a tutti, mi presento: sono Maria Grazia Iannone. Ho 27 anni e sono un’orgogliosa infermiera che assiste a casa gli invalidi al 100 per cento, ovvero coloro a cui il Sistema sanitario nazionale riconosce il diritto di prestazioni sanitarie domiciliari gratuite.

Continua a leggere

Emigrati italiani: «una razza inferiore»

di Salvatore Quasimodo*

Una commissione paritetica italiana si sta interessando degli emigrati nella Svizzera. Nel «giorno dell’emigrante», una conversazione tenuta alcuni giorni fa, si è parlato molto di loro. La cronaca ci ha riferito di argomenti davvero tristi. Non solo in Svizzera gli italiani sono considerati degli «estranei» – e sarebbe almeno ammissibile – ma addirittura una razza inferiore. Uomini e donne sono costretti infatti a leggi disumane e inutili. Perché la non coabitazione fra marito e moglie?

Forse la Svizzera crede di difendere così i propri confini. E decreta delle «grida» medioevali. Anche il lavoro che si può dare o non dare è un problema provvisorio, non della storia. Gli italiani in Svizzera intanto compiono i lavori più faticosi. Si parla, come al solito, di diversità di natura, di una necessaria divisione, come se si trattasse di difendere la purezza di una stirpe nobilissima. Si ripete una vicenda che è già stata vissuta in America e in altri paesi. Forse gli emigranti sono ancora degli avventurieri che tentano timidamente la vita senza avere radici sociali? L’Italia non si esprime chiaramente, parla in nome di alcuni retorici ideali di patria, ormai sconfitti dal denaro e dalla corruzione. Invece gli emigranti devono essere difesi: essi chiedono almeno un controllo umano: la loro è vita italiana che si svolge fuori dalla patria.

Continua a leggere

Paola Cassano, l’imprenditrice che sa sognare

di Maria Elena Sini

Paola Cassano 3

“Le Sognatrici” create da Paola Cassano sono impegnate a contrastare la violenza sulle donne

Quando tra le pagine di Facebook, attraverso chissà quale intreccio di collegamenti, come spesso accade in Rete, mi sono apparsi i disegni di Paola Cassano che tratteggiavano aggraziate figure di donne con indosso il costume sardo, mi sono subito incuriosita. La prima volta ho visto le sue “Sognatrici” immerse nella luce abbagliante del sole o illuminate dal fioco chiarore di luna e stelle, ma quando le ho viste stampate su essenziali t-shirt bianche ho subito desiderato di possederne una.

Per questo quando, il 5 dicembre dello scorso anno, è stato inaugurato il punto vendita a Sassari in Largo Cavallotti 13 ero tra le persone che, nonostante il freddo, hanno atteso con ansia e curiosità il taglio del nastro. In seguito sono entrata diverse volte nel negozio per comprare magliette, tazze, quaderni, biglietti sui quali erano riprodotte queste immagini accattivanti, e farne dei regali.

L’ultimo acquisto l’ho fatto pensando ad una mia cara amica che dopo anni di vita intensa, di vittorie conquistate a duro prezzo, di dolori e di battaglie condotte in solitudine, aveva finalmente trovato il compagno giusto per un matrimonio d’amore.

Volevo scrivere un augurio speciale su questo quaderno e sfogliandolo, alla ricerca di un’idea, ho trovato stampata sull’ultima pagina questa frase: “non mi interessa cosa fai per vivere, voglio sapere per cosa sospiri e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore”. Queste parole coglievano esattamente lo spirito di quello che volevo esprimere, così ho cercato da dove fossero tratte e ho scoperto che è un testo che nel 1890 fu attribuito ad un’indiana della tribù Oriah.

Ho copiato il testo sul quaderno e ne ho fatto l’augurio per la mia amica.

Continua a leggere

L’ultima terapia sperimentale contro la sindrome silenziosa è durata 6 mesi, 42 settimane, 294 notti

di Adele Colacino

Adele sfodera una "collana piccante"

Adele sfodera una “collana piccante”

La vecchia stampante scricchiolando mi restituisce i fogli A4 che le ho infilato in bocca bianchi e lisciati.

Ora sono pieni di parole colorate e annunci pubblicitari e pronti per il cestino della carta straccia, meno quel rettangolo in fondo già tratteggiato che servirà per l’imbarco.

Quando l’hostess di turno arriverà al banchetto la gente è già in coda da tempo, non bastano mai i sedili per tutti i passeggeri in partenza e la gente che migra al Nord è sempre tanta.

Sono anni che faccio lo stesso percorso e lo stesso gioco solitario di guardare il mio prossimo e cercare di indovinare il mestiere, la professione, lo stato d’animo. Si va nel Nord per curarsi, per trovare i figli che studiano, i nipotini che i figli crescono lontano quando hanno deciso ch’era meglio non tornare Continua a leggere

Non ho l’età. Il disagio della disoccupata di 50 anni fotografata al colloquio di lavoro (e di chi ha scattato la foto)

di Elena Novati

Elena Novati

Elena Novati

Ieri sera ero a casa bella tranquilla e già col pensiero di cosa mettermi il giorno seguente in ufficio (ho sviluppato questa forma ossessiva da quando il tirocinio è iniziato: odio lo shopping, vorrei che fossero i vestiti a scegliermi e che mi bussassero alla porta una volta convinti di starmi bene), quando improvvisamente e senza motivo mi è venuta in mente una signora incontrata oggi in ufficio nel pomeriggio.

Lei era lì per fare un colloquio, un’offerta come impiegata amministrativa per alcune ore alla settimana: insomma, non esattamente quel tipo di posizione lavorativa a cui tutti aspirerebbero se non spinti da una necessità o grande volontà di non rimanere fermi. Insomma, si usa così: i candidati (leggere: A.C.) fanno il colloquio, il senior/junior HR esce dalla stanza dopo aver concluso il colloquio, in stanza entra un altro membro dell’ufficio per scattare una fotografia al/la candidato/a, in modo da poterla associare alla sua scheda in archivio (anagrafica, situazione familiare, esperienze lavorative e istruzione). Torna il senior/junior che ha condotto il colloquio e il candidato viene fatto congedare Continua a leggere

Tornare al lavoro dopo la maternità: i perché di una “scelta”

di Cristina Giammella

Cristina Giammella

Cristina Giammella

Il 24 ottobre scorso sono stata proclamata dottoressa in Psicologia dei Processi sociali, decisionali e dei comportamenti economici all’Università degli studi di Milano Bicocca.

Ricordo quell’istante come se fosse appena trascorso perché l’emozione provata è stata grandissima.

Avevo accanto a me tutte le persone alle quali voglio più bene, mia mamma, mio padre, il mio ragazzo e molti amici e, nello stesso tempo, ho avuto la fortuna di trovare una commissione molto disponibile con la quale ho fatto una dignitosa discussione Continua a leggere

Donne libere e in carriera. Un altro “modello imposto”?

La responsabile tedesca della famiglia Kristina Schröder attaccata per il suo libro contro le femministe: basta dirci come dobbiamo vivere

di Elena Tebano, Corriere della Sera, La ventisettesima ora

Quando è stata nominata, due anni fa, Kristina Schröder è diventata il più giovane ministro di sempre della Germania. Ed è stata anche la prima ad avere un figlio mentre era in carica, l’anno scorso Continua a leggere

Post per le operaie di Barletta. E contro chi sfrutta il lavoro oltre ogni principio di civiltà

Non dimentichiamo i loro nomi: Maria, Matilde, Giovanna, Antonella, Tina.
Non dimentichiamo il richiamo di Napolitano: una sciagura inaccettabile
di Dario Di Vico Continua a leggere