La busta giusta per spedire la parola Amore

Daniele Pugliese

Daniele Pugliese

di Daniele Pugliese*

La busta numero 3090, quella che appunto conteneva la parola Amore, fu deliberatamente scelta diversa dalle altre. Per un istante pensò che sarebbe stato opportuno usare una di quelle listate di nero con le quali si partecipa al dolore di qualcuno per la scomparsa di una persona cara. Ci riflettè e ritenne che sarebbe stato un gesto di pessimo gusto. Ipotizzò allora di servirsi di una busta rossa, fiammante, inesorabilmente significativa del ritaglio che avrebbe contenuto. Ma si ricredette rapidamente. Non solo era scontata, e anche un po’ infantile, ma gli venne in mente che quel colore era un suggello iettato e che così avrebbe corso un rischio: come la lettera scarlatta di Edgar Allan Poe, sarebbe potuta restare introvata per molto tempo, proprio lì in bella evidenza, eppure nascosta come in nessun altro posto la si sarebbe potuta occultare. Fuse le due idee, una busta rossa con il lutto in un angolo, ma scartò anche quella.

Si rasserenò rendendosi conto di avere fatto confusione: la misteriosa missiva del racconto di Poe non era di quel colore. Scarlatta era la lettera di Hawthorne, che era un segno dell’alfabeto, non un plico da recapitare. Ma l’alone di iattura restava in quella tinta e decise di lasciare cadere definitivamente quell’ipotesi.

Gironzò allora per diverse cartolerie in cerca di quella giusta, guardando sdegnato quelle con Bambi e Topolino; allontanando con un gesto di disgusto quelle con Linus e la sua combriccola; soppesando quelle liberty; facendosi tentare da quelle raffinatissime coi bordi mangiati e la carta leggermente ondulata, incuriosendosi a quelle realizzate con la carta che un tempo usavano i macellai per involtare i loro tagli finché la legge non prescrisse il doppio velo di carta e plastica per ragioni che nessuno ha mai spiegato se fossero di igiene o di interesse commerciale; scoprendosi incerto davanti a quelle in antico stile fiorentino, con quei fiori dai colori tenui impressi sempre uguali dinanzi ai petali sgargianti e alle foglie splendenti di un altro tipo ritrovato dopo secoli di abbandono. Inorridì per una serie che riproduceva i marchi di bibite e sigarette; ne scartò una con i volti delle più famose rock-star stampati lungo i margini; escluse quelle con lo spazio già delimitato per l’indirizzo del destinatario e per il francobollo; provò ripulsa per una su cui spiccava un piccolo ma ben visibile cuore rosso. Fece la scoperta che l’industria cartaria si era sbizzarrita inventando incisioni a secco, disegni impensabili, stampi sofisticatissimi per differenziare e arricchire le buste in commercio; che ne erano state prodotte anche di plastica in ossequio alla moda high tech diffusasi negli anni precedenti; che c’era stata una sorta di gara fra le aziende del settore a ripescare motivi e decori dell’antichità; ed ancora che si erano trasformati in ornamenti vecchi disegni tratti da stampe, incisioni, illustrazioni. All’occhio attento non sarebbe sfuggito che alcuni particolari non erano altro che trasposizioni, magari solo polarizzate, di prestigiosi quadri dei più grandi pittori.

Si risolse per una busta di carta leggermente grigia su cui era stato impresso, ma in maniera molto rada e con un inchiostro talmente tenue che appena si percepiva, tutto l’alfabeto greco, seguendo delle linee diagonali. Pensò che una raccolta di geroglifici o anche i simboli cuneiformi della scrittura ittita avrebbero reso meglio il significato che voleva trasmettere, ma ammise che anche quella ripetizione di alfa, beta, gamma e degli altri segni della lingua d’Omero fino alla omega avrebbero potuto comunicare la sua intenzione, che era quella di regalarle l’origine della parola, la sua essenza, l’alba del linguaggio, il seme della comunicazione, il feto della scrittura, il dna del verbo.

*E’ un estratto, riletto più e più volte, del racconto “Amore in buca” di Daniele Pugliese, che fa parte della raccolta “Sempre più verso Occidente”  (Baskerville, 2009). Incanterà quanti di noi si ostinano a scrivere e spedire lettere e tutti quelli che amano davvero: i dettagli, le parole, le persone. Tra le pagine del libro conservo gelosamente la lettera, datata “Firenze, 30 novembre 2009”, con la quale Daniele, nel parlarmi della gestazione dei suoi racconti, ricorda anche le «lezioni belghe insieme». “Amore in buca” si apre con una dedica: «A Monica contro ogni evidenza». (Paola Ciccioli)

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