All’Argentiera leggere e con la benedizione di Freud. La versione di Maria Elena (2)

di Maria Elena Sini

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La meraviglia dei colori dell’Argentiera nello scatto di Maria Elena Sini

Io e Mariagrazia, da quando ci siamo conosciute un paio di estati fa, ci teniamo in contatto attraverso Facebook, dato che tra Milano e la Sardegna c’è di mezzo il mare, ma ogni volta che lei viene a Sassari, patria d’elezione di uno dei suoi figli, riusciamo a vederci.

Questa volta l’occasione è stata determinata dalle vacanze di Pasqua e dopo un aperitivo in centro, nel corso del quale abbiamo avuto l’opportunità di vedere sfilare una delle processioni di Pasqua, abbiamo deciso di fare una gita nel giorno di Pasquetta, data canonica dedicata alle uscite fuoriporta.

Marco,  suo figlio, ha proposto di andare all’Argentiera e io ho aderito con grande piacere perché è una località tra le più suggestive della Sardegna per la particolare bellezza e varietà del paesaggio caratterizzato da montagne di pietra argentata che lambiscono la costa. Si tratta di un vecchio villaggio minerario in cui l’attività estrattiva è cessata nel 1963 e attualmente tutti gli impianti e gran parte delle abitazioni, costruite in un particolare stile con le pietre del luogo, sono in disuso e in stato di abbandono. Continua a leggere

Se in un giorno di festa due blogger della realtà all’Argentiera. La versione di Mariagrazia (1)

di Mariagrazia Sinibaldi

Mariagrazia e Maria Elena insieme all'Argentiera (foto  di Marco Cianciotta)

Mariagrazia e Maria Elena insieme all’Argentiera (foto
di Marco Cianciotta)

Tre erano le mete tradizionali per l’ancora più tradizionale gita fuori porta nel giorno di Pasquetta, a Roma, quando ero piccola io:

1) l’Appia Antica, fuori porta San Sebastiano, a raccogliere margheritine, che poi arrivavano a casa tutte smosciate, ma messe in un bicchiere con l’acqua si riprendevano e duravano qualche giorno… Mi chiedo, oggi, perché in un bicchiere… ma tant’è… a casa mia si usava così.

2) i Castelli Romani dove si trovavano le “fraschette” tipici locali en plein air con lunghi tavoli con tovaglie di carta e panche dove venivano offerte (pagando s’intende) fave freschissime, colte lì per lì, pecorino romano con la lacrima e la coccia nera. («Mariagrazia leva la coccia, diceva Mamma, ché è fatta col sapone e la cenere») e vino locale che scendeva giù per la gola verso lo stomaco, delizioso come acqua di fonte, ma quando ti alzavi… non ti alzavi… perché le ginocchia non reggevano più… era arrivata la ciucca.

3) Monte Mario al di là del Tevere (Nonna alzava gli occhi al cielo, con fare drammatico) dove si arrivava con un sferragliante tranvetto e dove c’era un posto (non posso definirlo altrimenti) come al solito con lunghe panche e tavoli, senza tovaglia questa volta, e con un grande cartello: “SI ACCETTANO CLIENTI CON CIBI PROPRI”… e lì i romani si sbizzarrivano in grandi teglie di paste al forno.
Ogni volta che pensavo a questi posti così tipicamente romani, mi prendeva sempre un senso di nostalgica malinconia.
Ma quest’anno no.
Quest’anno ho passato la Pasqua a casa di Marco in Sardegna : ha cucinato lui, da gran chef, minestra stracciatella, abbacchio con i carciofi legati con l’uovo e limone, puntarelle condite con salsetta di alici aglio limone e olio… uovo di cioccolato e colomba… mancava la pizza col formaggio… ma insomma, contentiamoci… per il resto le tradizioni sono state rispettate.
Il giorno di Pasquetta abbiamo fatto la gita di prammatica che è stata la più emozionante che mi potessi immaginare. Continua a leggere

“Imagine” il giorno degli avanzi a Central Park

Testo e foto di Alba L’Astorina da New York

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Nei miei ricordi di quando vivevo a Napoli, il giorno successivo a Pasqua, la Pasquetta, è sempre stata una giornata delirante. Bellissima, per carità, salutare! Chiunque decida di uscire dalla propria casa e godere di una giornata di moto all’aria aperta fa una cosa a mio avviso buona. Solo che nel giorno della Pasquetta vigeva per i napoletani una sorta di obbligo a trascorrere la giornata fuori casa che, come è possibile immaginare, rendeva molto affollate le località classiche verso cui tutti si dirigevano: Ischia, Procida, il bosco di Capodimonte, il monte Faito, la spiaggia di Miseno, e intasava di traffico le strade per raggiungerle. Ovunque si andasse, la giornata aveva per tutti un clou comune: il consumo degli avanzi del cibo di Pasqua, che non erano mai parchi: casatielli, tortano, ricotta salata, salame, uova sode, cioccolato e, ovviamente, la pastiera napoletana!

La nostra Pasquetta al Central Park di New York è stata decisamente più sobria e incentrata sul nutrimento dello spirito piuttosto che su quello del corpo; niente pastiera, casatiello e abboffate post feste, al massimo un hot dog o un gelatino presso i venditori ambulanti che si trovano nel parco. E soprattutto niente imbottigliamenti nel traffico, perché New York è una città dove ci si muove con facilità e a costi contenuti con i mezzi pubblici, sia che si vogliano percorrere brevi distanze, sia che ci si voglia spostare verso Long Island, Coney Island o a Brooklyn sull’Est River, ad est di Manhattan. Continua a leggere