Napoli in chiaroscuro, con in testa la domanda: «Dopo cosa farai?»

Testo e foto di Elena Novati

San Gregorio Armeno

San Gregorio Armeno

Ecco finalmente il momento tanto atteso: laurea. Vuol dire che «finalmente me ne vado di qui» (qui: l’Università), vuol dire che finisci di brindare e pensi al dopo, un generico e inconsistente periodo di tempo che può variare tra un minuto e i prossimi 30 anni. Parto per prendermi un fine settimana di stacco dopo mesi passati su dati&articoli; vado a Napoli, ho deciso per un tour dedicato a visita della città e visita (ipercalorica) alla sua cucina: tanto quel che gli altri non ti vedono ingurgitare, non conta. Dunque parto accompagnata dal fidanzato (ignaro della destinazione sino al momento della partenza: sì, doveva essere un regalo di compleanno con un onesto mese di ritardo) e curiosa di visitare quanto previsto dal mio programma di viaggio; arriviamo a Napoli verso le 17, l’ora del tè diventa immediatamente l’ora della riccia o della frolla (le due versioni della sfogliatella): ci si adegua con estrema facilità a questo cambio d’abitudine, con gioia delle papille gustative (sarà forse questo, il “Miracolo di San Gennaro” per chi, come noi, è più vicino al paganesimo che ad altra confessione?…). 

Mezzo Vesuvio

Mezzo Vesuvio

Scendiamo dal treno, traffico fuori dalla stazione e traffico di pensieri in testa, all’improvviso, come il temporale che sta per sorprenderci, si fa spazio l’unica domanda che per due giorni vorrei scordare: «Cosa farai ora?». Tra il buio del cielo ormai plumbeo e il buio che mi annebbia la mente, si raggiunge l’hotel e si parte subito per un giro di ricognizione. Napoli è come una persona anziana che mostra i lati deboli ma resiste con un orgoglio tenace a ogni minuto che passa: mostra i segni di debolezza nei vicoli bui, sulle facciate di palazzi quasi fatiscenti accostati a edifici storici, in alcuni angoli lasciati a se stessi, ma basta proseguire di pochi passi per trovarsi davanti a scorci senza tempo, come il Complesso Monumentale di Santa Chiara (lo volete vedere: via Santa Chiara 49, ingresso 6 euro per la visita a un chiostro completamente decorato con maioliche colorate, un agrumeto e un museo corredato di antiche terme romane del I Sec. d.C); è come se si vivesse in un chiaroscuro perenne. La città è la mia mente e si lascia sopraffare dagli scorci malandati quando meno ce lo si aspetta; come il bello lascia spazio allo squallore di alcuni angoli, il pensiero costante focalizzato su quel che mi attende dopo, si insinua tra le volute cerebrali (sembra quasi una bella immagine) e rimane fisso nella sua scomodità: «Dopo cosa farai?».

Metropolitana Stazione Toledo

Metropolitana Stazione Toledo

Mi chiedo se esista un modo per spegnere l’interruttore della mente, ma se anche vi fosse non mi permetterebbe di prender coscienza di un paio (anzi, facciamo tre o quattro) di esperienze soprannaturali che andrò a esporre per dovere di cronaca: la visita alla Napoli Sotterranea (volete andare assolutamente anche qui, dunque prendete nota: Piazza San Gaetano 68, 9 euro per una visita di un’ora e mezza con una guida giovane e molto preparata – ringrazio ancora Simona- ) tra i suoi cunicoli e le cisterne del vecchio acquedotto, i resti di un antico teatro greco e insospettabili ingressi da botole situate in abitazioni private (c’è chi abita nei bassi, le abitazioni tipiche dei quartieri popolari composte da un’unica stanza in cui vive l’intera famiglia, e ha un gabinetto che affaccia sul teatro greco). Claustrofobici state sereni (non è un plagio del famoso tweet) perché i cunicoli sono praticabili, mentre il mio pensiero rischia di soffocare nella mia testa, non riesce a uscirne e mette radici. Seconda esperienza per la quale vale la pena di evitare una lobotomia frontale: la pizza di Sorbillo (sì, sono banale e me ne vanto); non sarebbe moralmente corretto lasciare Napoli senza un pellegrinaggio al santuario della pizza (via dei Tribunali 32, domenica chiuso, sabato sera impraticabile causa file interminabili; consiglio vivamente un pranzo, il locale apre a mezzogiorno e potreste volerci rimanere sino a cena). Cambio direzione, si va verso Piazza del Plebiscito, verso il mare, il Maschio Angioino, Castel Dell’Ovo, il Palazzo Reale e la Galleria Umberto I (già che ci siete, fermatevi da “Mary la sfogliatella”: è in Galleria Umberto I all’angolo con via Toledo, un minuscolo chiosco per gioie immense), andateci con la metropolitana (linea 1, la Linea dell’Arte), scendete a “Toledo” e risalite i cunicoli su scale mobili che portano al mare (dovete fidarvi, la metropolitana non fa acqua, anzi… rimando al link relativo all’inaugurazione di una delle stazioni considerate tra le più belle d’Europa: http://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/napoli_inaugurata_la_metro_quartieri_spagnoli_la_pi_bella_d_39_europa_guarda_le_foto/notizie/327733.shtml). Se siete fortunati potrete incontrare quello che io ho battezzato come «il mio nonno autoctono», un signore sugli 80 anni che ci ha invitati a correre accanto ai pannelli che raffigurano il mare in uno dei corridoi della stazione.

Ed eccomi lì, mentre corro accanto ai pannelli con la sensazione che quel mare si muova davvero a seconda del ritmo di corsa (genio di un progettista, sei un maledetto genio, Oscar Tusquets Blanca). Ci sono almeno un altro paio di compiti da svolgere per dire di essere stati a Napoli un solo breve fine settimana: visitare Posillipo e fotografare il Vesuvio, entrambe possibilità che il meteo ci ha voluto negare causa grandine (io vi sfido a visitare la città del sole con la grandine, fatevi avanti e ditemi delle vostre esperienze). Il Vesuvio sembrava più simile alla Grigna (leggete: avvolto dalle nubi, ho una bella foto di metà vulcano) e Posillipo è slittato alla prossima visita (per l’occasione ho coniato una versione rivisitata sulla falsariga della monetina da lanciare nella Fontana di Trevi: se trovate il Vesuvio coperto, allora vuol dire che dovrete tornare per vederlo in tutto il suo splendore). Non vale la pena arrendersi al meteo avverso, come non vale la pena arrendersi a pensieri che ancora pressano per farti sentire l’incertezza del futuro: per il meteo potete rimediare con la visita al Palazzo Reale, per i pensieri potrete sempre adottare un punto di vista differente. Come? Così: «Va bene, non ho idea di quello che sarà dopo, ma almeno non devo più prendermi pena per il prima. Non c’è più l’esame di Psicologia del Pensiero-corso avanzato da preparare per la prossima sessione» (al posto di Psicologia del Pensiero siete liberi di sostituire qualsiasi spauracchio universitario).

Mary La Sfogliatella

Mary la Sfogliatella

Si riparte, non senza una visita da Scaturchio (volete il suo dolce tipico, la Ministeriale, quindi ancora una volta sarò prodiga di indirizzi: Piazza San Domenico Maggiore 19, aperto tutti i giorni dalle 7 alle 20), una puntatina a San Gregorio Armeno (non posso darvi l’indirizzo, sarebbe tautologico) per l’acquisto compulsivo di cornetti (non ci credo ma…); la Stazione Centrale si allontana e improvvisamente si allontanano i pensieri: probabilmente cambierà tutto, ma non era proprio questo l’unico obiettivo a cui forse aspiriamo dopo un percorso? Per quanto riguarda il come cambierà, vi saprò dire a breve: il tirocinio inizia il 15 aprile. Cosa volevo fare, dopo?

 

*Qui gli altri articoli di Elena Novati sul nostro blog.

 

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