Affascinanti, illuminate, coraggiose: per prime hanno intuito che salvare significa comprendere

di Maria Elena Sini

Una nostra elaborazione della copertina di “Donne dell’anima. Le pioniere della psicoanalisi” di Isabelle Mons (Viella, 2017), traduzione a cura di Monica Miniati. Segnalato all’Associazione Donne della realtà, il libro è stato affidato da Paola Ciccioli a Maria Elena Sini che lo ha letto per noi, guidandoci con generosa curiosità nelle vite di 14 illuminate figure femminili (https://www.viella.it/libro/9788867286522)

Così come molte altre discipline scientifiche, la psicoanalisi è stata spesso percepita come qualcosa che riguarda solo gli uomini, ma il libro di Isabelle Mons “Donne dell’anima” ci dimostra che invece, sin dall’inizio, il ruolo delle donne in questa branca della medicina è stato fondamentale. Nel XX secolo, momento di grandi fermenti, quando molte donne rivendicano un impegno totale e attivo nelle associazioni femministe, le protagoniste di questo libro approfondiscono i temi che riguardano la sessualità, l’infanzia, l’inconscio, rivelando una capacità di indagine unica sulle cose dell’anima e fanno emergere una figura femminile moderna, finalmente capace di un pensiero indipendente e autonomo. È un’affermazione individuale che passa più per un saper essere che per un saper fare, dato che la loro stessa vita è un manifesto dei cambiamenti in atto.

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L’anoressia e il “vuoto d’amore”

di Massimo Recalcati*

Il post è illustrato con le copertine di tre diverse edizioni della raccolta "Vuoto d'amore" di Alda Merini

Il post è illustrato con le copertine di tre diverse edizioni della raccolta “Vuoto d’amore” di Alda Merini

L’anoressia è una sorta di patema d’amore e quindi, se c’è un masochismo femminile nell’anoressia, potremmo pensare a questo masochismo femminile come a una scrittura radicale del discorso amoroso, un patema d’amore, insomma.

L’intervento di Macola mi ha evocato un episodio legato a una conduzione della cura con una paziente anoressico-bulimica molto grave di circa 30 anni che aveva, da diversi anni ormai, un rapporto col cibo da tossicodipendente. C’è un momento dei preliminari di questa cura che mi sembra rilevante: accade per una circostanza particolare che io arrivi in studio con circa 2 ore di ritardo e non trovo la paziente; al posto della paziente però trovo un biglietto dove lei mi scrive che ha percepito la mia mancanza in un modo diverso rispetto alla mancanza del cibo, cioè non l’ha percepita allo stomaco. Quindi un incontro mancato ha aperto un vuoto, ma l’ha aperto non nello stomaco, non nel corpo anatomico, ma nel desiderio. È un vuoto che potremmo chiamare un “vuoto d’amore” e che ha permesso a questa paziente intanto di non ricorrere all’abbuffata bulimica e poi di portare una metafora: l’analista in quanto oggetto è mancato tanto quanto prima mancava il cibo, dunque un significante ha preso il posto di un altro significante e ha reso possibile una costruzione metaforica.

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All’Argentiera leggere e con la benedizione di Freud. La versione di Maria Elena (2)

di Maria Elena Sini

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La meraviglia dei colori dell’Argentiera nello scatto di Maria Elena Sini

Io e Mariagrazia, da quando ci siamo conosciute un paio di estati fa, ci teniamo in contatto attraverso Facebook, dato che tra Milano e la Sardegna c’è di mezzo il mare, ma ogni volta che lei viene a Sassari, patria d’elezione di uno dei suoi figli, riusciamo a vederci.

Questa volta l’occasione è stata determinata dalle vacanze di Pasqua e dopo un aperitivo in centro, nel corso del quale abbiamo avuto l’opportunità di vedere sfilare una delle processioni di Pasqua, abbiamo deciso di fare una gita nel giorno di Pasquetta, data canonica dedicata alle uscite fuoriporta.

Marco,  suo figlio, ha proposto di andare all’Argentiera e io ho aderito con grande piacere perché è una località tra le più suggestive della Sardegna per la particolare bellezza e varietà del paesaggio caratterizzato da montagne di pietra argentata che lambiscono la costa. Si tratta di un vecchio villaggio minerario in cui l’attività estrattiva è cessata nel 1963 e attualmente tutti gli impianti e gran parte delle abitazioni, costruite in un particolare stile con le pietre del luogo, sono in disuso e in stato di abbandono. Continua a leggere

A Teheran, nella parte femminile dell’autobus

reportage di Marina Severini*

Il manifesto dice che il velo "è una protezione, non una limitazione".

Il manifesto dice che il velo “è una protezione, non una limitazione”.

Ho avuto la fortuna di fare un viaggio in Iran nel mese di agosto e di essere ospitata da amici e dai loro amici e parenti in varie zone del paese: Teheran, Isfahan e Rasht (città che si trova a nord, a ridosso del mar Caspio). Ho incontrato pochi turisti occidentali, anche in luoghi che per il loro splendore potrebbero essere mete simili al Colosseo o alle nostre città d’arte; negli scambi occasionali che ho avuto con loro è sempre emerso che la difficoltà di fare un viaggio in Iran è molto legata a un senso di paura per un paese che ci viene mostrato solo attraverso immagini di manifestazioni antioccidentali. Quello che ho scoperto è al contrario la grande ospitalità degli iraniani, non solo di chi mi ha effettivamente ospitata ma anche di quelli semplicemente incontrati per la strada o nella visita a una moschea… riconoscevano immediatamente in me una straniera (nonostante il mio foulard e le maniche lunghe); molti mi hanno fermata per la strada per chiedermi da dove venivo e dirmi solamente benvenuta in Iran.

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