“Regina” è il nome del terrore nazifascista

di Marco Cavallarin

In Seicento giorni di terrore a Milano – vita quotidiana ai tempi di Salò (Neri Pozza 2022), Marco Cuzzi descrive l’occupazione nazista di Milano che ha come luogo simbolo l’Albergo Regina in cui il 13 settembre 1943 si insediò il comando delle SS e il quartier generale della Gestapo.

La presentazione di questo libro è uno dei 1350 appuntamenti nel programma di BookCity Milano 2022, la grande festa di chi scrive e di chi legge che si apre questa sera e andrà avanti fino a domenica 20 novembre. L’incontro con il prof Cuzzi è previsto domani 17 novembre alle ore 18 alla Casa della Memoria e sarà coordinato dallo storico Marco Cavallarin del quale pubblichiamo il discorso da lui tenuto il 2 maggio scorso in occasione dello scoprimento di una nuova targa su quello che fu una centrale di reclusione e tortura nel cuore cittadino. Lo ringraziamo per la sua generosa disponibilità.

Lo storico Marco Cavallarin mentre cita i documenti attestanti il passaggio dall’Albergo Regina anche di donne e uomini ebrei che nel testo della lapide originaria, fatta affiggere nel 2010, non venivano espressamente citati. Nella foto di Paola Ciccioli, anche Elena Buscemi, presidente del Consiglio comunale di Milano e rappresentanti delle associazioni antifasciste e della comunità ebraica.

Data insolita questa di oggi: il 29 aprile 1945 l’Albergo Regina & Metropoli (già Regina Hotel e Rebecchino Restaurant) veniva liberato, i tedeschi si arrendevano ai liberatori e venivano consegnati, tra due ali di folla inferocita, agli alleati. I Combat film della V armata americana ce ne riconsegnano le immagini.

Ragione insolita questa di oggi: la sostituzione della targa che avevamo posto il 27 gennaio 2010. Era stata Liliana Segre a scoprirla. Oggi non potrà essere con noi, ma ci manda un saluto assai caloroso.

Perché questa nuova targa? Il testo della vecchia lapide conteneva l’espressione “esseri umani”, per significare la persecuzione nei confronti di chi, non necessariamente coinvolto nell’opposizione militante, era perseguitato per il fatto di esistere.

Appena insediato al Regina, Saevecke rivolse la sua prima richiesta al Questore di Milano Domenico Coglitore per ottenere l’elenco degli antifascisti e degli ebrei di città e provincia. Ebbe 7.500 nomi.

Nello specifico aveva sede, tra le altre, al terzo piano del Regina, la Sezione IV/B4 Sipo-Gestapo, che si occupava soprattutto della cattura e della deportazione degli ebrei. Di quell’ufficio facevano parte un addetto agli interrogatori, un interprete, due impiegati ai servizi generali, arresti, ricerche ecc. A comandarla era il maresciallo maggiore Otto Koch, “Judenkoch”, coadiuvato dal sergente maggiore Helmut Klemm prima, dal sergente Leander Klisma poi.

Dall’Albergo Regina era partito l’ordine della strage di Meina, nella quale furono assassinati  54 ebrei, avvenuta tra il 15 e il 23 settembre 1943; Otto Koch si distinse anche per l’assalto dell’8 novembre 1943 alla Sinagoga di via Guastalla e l’uccisione alle spalle di Lazar Araf in fuga. Sempre dal Regina partì l’ordine per l’esecuzione dei 15 martiri di piazzale Loreto del 10 agosto 1944.

Tra il 25 e il 30 aprile del 1945 i documenti del Regina furono tutti bruciati nei camini. Ma le ricerche hanno appurato, nel corso di questi anni, precise responsabilità di quell’ufficio, e quindi dell’AusKommando del Regina, nella persecuzione degli ebrei. Documenti emersi dall’Archivio di Stato, tra cui i registri del carcere di San Vittore, e pagine di diari le certificano. Il libro di Antonio Quatela, Hotel Gestapo, Mursia 2016, informa di alcuni significativi casi.

Trieste Vitta Zelman Belfiore: “Era stata arrestata dalle SS a Paderno Dugnano il 5 ottobre 1943. Lavorava come impiegata nella ditta Subiraghi. Fu portata all’Hotel Regina e interrogata da Otto Koch che la derubò di quel poco che aveva addosso. Fu rinchiusa a San Vittore, 2° raggio; il giorno seguente, dopo essere stato ferocemente picchiato, fu portato in quel carcere anche il fratello Ferruccio; furono tra i primi ebrei incarcerati a San Vittore. Ferruccio Vitta Zelman fu deportato a Auschwitz con il convoglio del  5 dicembre 1943 e non fece più ritorno. Trieste Vitta Belfiore restò a San Vittore fino all’11 febbraio 1944, quando fu tradotta a Fossoli; da qui deportata ad Auschwitz con il trasporto del 1° agosto 1944.” (Giuliana, Marisa, Gabriella Cardosi, Sul confine, p. 72).

Koch e Klemm erano da tempo sulle tracce del profugo viennese Erich Wachtor, della moglie, della figlia Else e dell’anziana madre Regina Steinitz. Else fu catturata nel tentativo di fuggire in Svizzera e portata alla tortura a San Vittore. Alla morte della moglie, Erich riuscì a sfuggire alla cattura al cimitero di Musocco grazie a un sacerdote cattolico. Erich e sua madre furono però catturati l’8 agosto del 1944 in viale Monte Nero 76, sempre per una spiata, questa volta di un tal Mauro Grini, collaboratore dei nazisti. Durante l’interrogatorio al Regina Klemm, con il calcio della pistola, gli fece saltare 26 denti. Fu deportato il 7 settembre 1944 a Bolzano-Gries da cui uscirà vivo alla Liberazione. La figlia Else e la madre Regina non fecero ritorno da Auschwitz.

L’avvocato Giulio Agostino Astoli fu arrestato nella sua casa di Corso di Porta Vittoria 14 nella notte del 1° gennaio 1945. Era ebreo ed era strettamente legato operativamente con l’avvocato Mario Jacchia, ebreo anch’egli, dirigente della Resistenza bolognese e emiliana, medaglia d’oro. Astoli riuscì miracolosamente a evadere dal Regina. Era stata la delazione del portinaio di via Corridoni 1 a farlo catturare.

Anche la famiglia di Jusuf Roberto Mandel, storico, poeta, narratore e regista, passò per il Regina. Sua moglie era Carlotta Rimini, scrittrice. Loro figlio era Gabriele. Mandel si era pronunciato pubblicamente nel 1938 contro le leggi razziste antisemite. Jusuf Roberto Mandel fu catturato il 20 febbraio 1945 e condotto al Regina. Koch gli sottrasse “più di centomila lire e i gioielli della mamma, che valevano forse il doppio”. Dal Regina fu portato a san Vittore, 6° raggio, cella 108, matricola 2006. Lì lo riconobbe un altro detenuto, Franco Fucci, che di lui scrisse in Galantuomini dietro le sbarre. Anche suo figlio Gabriele fu detenuto a san Vittore, 5° raggio, matricola 2007. Sfuggì alla cattura la moglie Carlotta che, in clandestinità, riuscì, tramite l’avvocato Antonio Bertone, a corrompere con 200mila lire un alto ufficiale dei servizi segreti tedeschi per far liberare marito e figlio che usciranno da san Vittore il 31 marzo 1945. Alla sua liberazione Mandel tornò sfrontatamente al Regina e riuscì a farsi restituire quanto gli era stato rubato.

Queste e altre acquisizioni hanno reso necessario mettere riparo alla genericità di quel “essere umani” che, nella nuova lapide, diviene più propriamente “ebrei”.

(a cura di Paola Ciccioli)

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