Con Cristina Cattaneo nel Museo dell’identità delle anime migranti

Testo e foto di Paola Ciccioli

Il frammento della lettera di una persona migrante restituita dal mare.

Un minuto di silenzio in tutte le scuole della provincia di Crotone. Un altro corpo recuperato in mare che fa al momento salire a 64 le vittime della strage di anime migranti avvenuta domenica (per cause ancora da accertare) sulla spiaggia calabrese di Steccato di Cutro (qui).

Un minuto di silenzio è segno di rispetto ma non basta a far diventare persone il numero 64 che si aggiunge agli altri numeri che continuano a fare del mare limpido in cui d’estate ci immergiamo un camposanto senza croci.

Credo fermamente che le e gli insegnanti dovrebbero accompagnare le scolaresche nel Museo universitario delle scienze antropologiche, mediche e forensi per i diritti umani (MUSA) di Milano dove, grazie al lavoro instancabile della professoressa Cristina Cattaneo, i corpi-numeri del Mediterraneo ritrovano almeno il loro nome e la loro identità.

Sabato – 4 marzo 2023 – nell’aula magna della facoltà di medicina legale dell’Università degli Studi di Milano (ore 17) ci sarà una performance immersiva mentre Terre des Hommes sta preparando iniziative volte a coinvolgere tutte/i noi.

Cristina Cattaneo guida d’eccezione al Musa di Milano.

Il Musa si potrebbe definire il Museo dell’identità e della dignità. Presentato alla stampa il 19 ottobre 2022 negli spazi di Città Studi (a quel giorno si riferiscono i miei scatti), mostra il cammino fatto insieme da medicina, scienza e antropologia per risalire all’origine della violenza degli esseri umani su altri esseri umani, per poterla contrastare e prevenire. E per dare un nome alle vittime del nuovo esodo biblico sepolte in fondo al Mediterraneo, per ricostruirne la storia e consentire ai superstiti di piangerle.

Cristina Cattaneo, che ne è la coordinatrice, ha fatto in modo che visitatrici e visitatori chiudano la loro visita in una sala semi buia, separata da una tenda dagli altri ambienti, un luogo dove c’è spazio per due o tre persone al massimo, che non possono distrarsi ma sono quasi costrette a concentrarsi sulle immagini della “Operazione Melilli/Operation Melilli”.

Prima di entrare c’è un cartello che spiega: «Oltre la tenda entrate nell’ultima area del percorso, dedicata al naufragio della notte del 18 aprile 2015 al largo della Libia, alle sue mille giovani vittime e a quel “barcone” che per un anno le ha conservate nel suo grembo in fondo al mare.

Questo episodio rappresenta il più grande disastro legato alle migrazioni umanitarie di questi anni nel Mediterraneo. È lo specchio di un periodo storico colmo di tragedia e di violente violazioni dei diritti umani che non va dimenticato. E, di nuovo, la scienza fornisce un resoconto tremendo ma oggettivo.

L’operazione porta il nome di Melilli, sede del pontile Nato tra Catania e Siracusa, dove si è svolta nel 2016 l’estrazione dei corpi dallo scafo e l’esame medico-legale, e testimonia lo sforzo dell’Italia, che, con il recupero del relitto e le operazioni scientifico-forensi sulle sue vittime, è stata unica in tutta Europa a restituire a questi resti dignità, rispettando i diritti di tutti coloro che reclamano figli, genitori e fratelli deceduti in questa circostanza. (…)».

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#stragedimigranti #donnedellarealtà

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