di Mariagrazia Sinibaldi

Mariagrazia Sinibaldi e Paola Ciccioli si abbracciano: l’immagine è sfocata e forse per questo ancora più intensa. È il 30 gennaio 2016, Paola si sposa e Mariagrazia è la sua testimone (un particolare grazie a Sandro Bizzarri per aver fissato questo momento)
Adoro i vecchi piccoli oggetti di uso comune: quelli che ci sono vicini nei momenti di lavoro o di svago, quelli che teniamo tra le dita e maneggiamo con cura: quelli che ci accompagnano nei momenti di sospiri e di sorrisi; quelli che raccolgono i nostri umori; quelli il cui unico valore è dato dal rapporto intenso tra noi e loro e che non hanno mai (o quasi mai) un valore venale. La mia reazione quando mi trovo tra le mani uno di questi piccoli oggetti è sempre di tenera curiosità: «Come era la persona che lo adoperava? E seguendo quali tortuosi sentieri è arrivato oggi tra le mie mani? … chissà».
Il sentiero è quasi sempre lo stesso: un’abitazione che viene abbandonata, per un trasloco, per un rinnovo totale dal vecchio al moderno, per la dipartita del (o della) proprietario.
Quante ne sono state gettate via di queste cosette, come inutili e inutilizzabili, nelle grandi vecchie case! E insieme a loro sono stati buttati pensieri, sospiri di attesa, singhiozzi di dolore; ma anche risate cristalline e vaghi pensieri d’amore.
Dove sarà finito il porta aghi di nonna Anna, la nonna che faceva rammendi invisibili su finissime tele di lino? Chissà… Era una specie di libriccino con la copertina di raso blu e una svolazzante A ricamata in un tenero color lilla. Le paginette erano di morbida flanella, e questo piccolo oggetto conteneva una ben nutrita collezione di aghi, ognuno dei quali destinato ad una precisa funzione: aghi finissimi, aghi grossissimi; aghi lunghi e lunghissimi, aghi corti e cortissimi; aghi con la cruna lunga e ben visibile e quelli con una cruna così piccola da essere invisibile (ma lei sì, nonna Anna, la vedeva… eccome!).

Amici e musica a Villa Pallavicini, a Milano. Mariagrazia, elegantissima, osserva Carlo Fioroni che gusta la torta. Accanto a lei, Franco Tassi (foto di Giuliana Bellini)
Tutti sistemati in bell’ordine secondo dimensione e funzione.
Mi disse, una volta, nonna Anna: «Sai, questi aghi sono ottimi, sono anteguerra». Io avrò avuto circa quindici anni e dunque, facendo un po’ di conti, eravamo nel 1949. E se Nonna aveva fatto il suo acquisto prima della guerra, il piccolo tesoro doveva avere almeno dieci anni!
E dove sarà finito questo piccolo oggetto di uso comune con gli umori di nonna Anna? I suoi sospiri, i suoi sorrisi, le sue emozioni? Potrà sembrare assurdo, ma spero sia finito in qualche mercatino dell’usato dove un giorno o l’altro potrei ritrovarlo… chissà…
Qualche tempo fa mi è capitata tra le mani una piccola piccola foto di mia madre di tre anni; una bimba col vestitino di pizzo. Avendo bisogno di una cornicetta adatta, ho cominciato a gironzolare per mercatini… e alla fine ho trovato l’oggettino adatto: una piccola preziosa cornice d’epoca d’argento lavorato a mano.
Arrivata a casa, ho cominciato a lavorarci su: ho pulito l’argento e mi sono accorta che ne mancava un pezzetto (ma non era importante); ho spazzolato il velluto del retro e ho scoperto che era blu; ho aperto per pulire il vetro dopo aver tolto il pezzetto di carta che lo teneva fermo al suo posto. Grande è stata la mia meraviglia quando mi sono trovata tra le mani la fotografia (inizi Novecento) di una bimba di circa otto anni: gli occhioni sbarrati sul mondo, un vago sorrisetto ironico e il vestitino di pizzo. Ho messo da parte la foto di mamma e ho rimesso al posto che era suo di diritto la foto della bimba sconosciuta e, sistemandola in mezzo alle foto di bimbi su una mensola riservata a loro, credo di aver restituito una vita serena a questa bambina così dimenticata!
La tabacchiera di nonna Marietta è toccata a me, per eredità, quando abbiamo dolorosamente venduto la grande casa. Questo piccolo oggetto, no, non è stato gettato in un angolo in mezzo alle cose inutili e inutilizzabili.
E dunque: questa mia bisnonna fiutava tabacco e, chissà perché, in una specie di doppiofondo, la mia ava conservava gelosamente un piccolo tesoro: un autoritratto in veste di ergastolano, di zio Cesare Gallo, carbonaro della primissima ora (1817), con una poesia di dedica alla moglie Enrichetta e ai figli lasciati in Osimo. Ci doveva essere anche una piccola viola ma è andata perduta.

A proposito di fotografie, impossibile non dedicare uno spazio alla mostra di Francesco Cianciotta, uno dei tre figli di Mariagrazia Sinibaldi, che si inaugura il 6 maggio alla Cascina Martesana di Milano. Si intitola “On The Time Edge” ed è il particolare “diario per immagini” di un recente lungo soggiorno in Arabia Saudita (www.cascinamartesana.com)
Non ho capito bene quale fosse il grado di parentela tra nonna Marietta (madre di nonna Anna) e zio Cesare Gallo ma dai racconti di Nonna Anna ho capito questo: zio Cesare dopo essere stato graziato e rispedito a casa dopo quattordici anni di carcere, previa abiura ai suoi scellerati ideali di libertà, usava prendere sulle ginocchia nonna Marietta, bimba di tre o quattro anni, e le parlava dei suoi dolori in carcere, delle sue aspirazioni giovanili, delle sue delusioni, pensando che la bimba non capisse niente. E invece nonna Marietta capiva, e teneva nel cuore le confidenze del vecchio zio. E certamente per questo teneva riposto nel suo oggetto di uso comune la preziosa testimonianza di una malinconica vita vissuta.
Che bel racconto è scritto con il cuore, tenerezza e nostalgia, ricordi antichi….nella scrittura molto bella e coinvolgente.
"Mi piace"Piace a 1 persona