«Eccola, la mia Trieste»

di Lelio Luttazzi*

Lo “Studio Luttazzi” raccoglie documenti del percorso artistico del musicista, attore, regista, scrittore triestino. Nato da una donazione della moglie Rossana, lo Studio, terminati i lavori di ampliamento, è di nuovo aperto al pubblico. Il disegno del manifesto è di Walter Molino (http://www.bsts.librari.beniculturali.it/QR/index.html)

Oggi, 11 agosto (ore 21,25), su Rai1 va in onda lo speciale sul Premio Luttazzi per giovani musicisti, registrato al Blue Note di Milano: noi c’eravamo.

Ma Trieste sono io, con le mie nevrosi, con i miei livori senili, con le mie idiosincrasie, col mio usare l’italiano come lingua scolastica, non madre.
E dire che per metà sarei laziale, perché mio padre approdò a Trieste con le truppe “irredentrici” del 1918.
E il cognome Luttazzi (in passato Lutazi) (Cfr. Lutazio Catulo – Battaglia delle Egadi – Guerre Puniche) è così latino che di più non si potrebbe.

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“Lelio Luttazzi presenta… Hiiiit Parade”

di Luca Bartolommei

Lelio Luttazzi al lavoro con Mina. Chissà, magari stanno provando “Una zebra a pois”, la canzone del 1960 scritta dal Maestro triestino (27 aprile 1923 – 8 luglio 2010) e portata al successo dalla “Tigre” che nel 2018 sarà festeggiata dalla città di Cremona con un fitto programma di iniziative culturali. La foto è dell’archivio Fondazione Lelio Luttazzi, istituzione animata con passione da Rossana, moglie del musicista che è stato protagonista della radio e della televisione italiane. Foto https://www.facebook.com/FondazioneLelioLuttazzi/

Solo un breve ricordo del Maestro Luttazzi, ma anche dei miei 9/13 anni, in un giorno particolare. Con affetto.

Venerdì ora di pranzo, secondo canale radiofonico, parte la sigla con accordi da kolossal hollywoodiano cui segue musica da circo per arrivare ad una chiusura swing. Poi “Lelio Luttazzi presenta… Hiiiit Paraaaade” o “iiiit pareid” o “chì paré” come, ripeto, diceva Elia la mia nonna senese. Forse eravamo soli lei e io, più probabilmente c’era anche qualcuno dei miei fratelli.

Nella cucina di piazzale Maciachini al 20 arrivavano le note delle canzoni più ascoltate, secondo l’indagine Doxa (Doxa = opinione dei mortali) della settimana.

Cantant*, gruppi, musica da film, insomma un po’ di tutto. Questo po’ di tutto ci veniva raccontato con uno stile unico da Lelio Luttazzi, vero centro di gravità della trasmissione, che tra gossip, aneddoti vari e battute ci aggiornava sulla musica leggera italiana e non. Ricordo quando citava i pareri di sue improbabili ammiratrici o fidanzate dai nomi e cognomi improponibili.

Una cosa importante: per me, e ho continuato a pensarlo a lungo ma ero davvero un bambino, la trasmissione era dal vivo! Mi immaginavo uno studio o addirittura un teatro dove gli artisti si susseguivano sul palco e presentavano le loro canzoni, in pratica un Sanremo radiofonico, con pubblico incluso, plaudente e vociante. Gli applausi che si sentivano durante le canzoni erano per me reali, i fan di questo o di quella cantante facevano a gara per sostenere i propri artisti preferiti. Mitico il grido “bravi Abba!!!”, che ancora usavamo ai tempi del liceo per scherzare tra di noi, magari dopo un’interrogazione in matematica finita stranamente bene. Purtroppo l’illusione è svanita quando, leggendo Topolino, ho appreso che Otis Redding, cantante che avevo appena ascoltato “live”, si era esibito qualche giorno prima negli Stati Uniti. Ma come, era a Hit Parade venerdì, ma come, noooo… non ditemi che… tutto registrato, erano solo dischi, “bravo Lucio” di qua, “brava Mina” di là, “bravi Dik-Dik”, tutte balle. Delusione come quando scopri che i doni a Natale non li porta Gesù Bambino.

Ricordo, breve citazione, di aver letto nelle pagine di informazione, sì perché su Topolino anche i bambini avevano diritto ad un minimo di cultura, almeno in quegli anni, di un giovane musicista italiano, figlio di un compositore, che si stava facendo strada, tale Riccardo Chailly, vi dice niente questo nome?

Sopravvissuto allo shock, continuavo ad ascoltare Luttazzi che ci spiegava che in classifica Dalida era presente con due brani, piuttosto che “Pensieri e parole” di Lucio Battisti dopo forse venti settimane di regno era diventata “damigella d’onore”, lasciando il posto di “canzone regina” a non ricordo quale altro brano.

E poi in classifica c’erano anche le sue canzoni, quelle di Lelio, dove protagonista era la bella Trieste, la sua città, di cui parlava attraverso le abitudini di un cane beone o che ci descriveva parlando dei suoi luoghi più significativi.

Pensare a Hit Parade senza Luttazzi equivale per me a pensare ai Genesis senza Peter Gabriel o ai Pink Floyd senza Roger Waters, va bene, tutto bello ma… qualcosa non c’è più, e sarebbe anche giusto piantarla lì, come poi accadde nel 1976.

Ciao nonna, guarda che “chi paré” all’Isola

di Luca Bartolommei

Un momento della registrazione al Blue Note di Milano del programma dedicato a Lelio Luttazzi, la cui messa in onda su Rai1 in prima serata è stata posticipata a venerdì 11 agosto 2017. Sul palcoscenico la cantante Simona Molinari in veste di conduttrice, alle sue spalle gigantografie del maestro triestino con i protagonisti della Tv italiana in bianco e nero (Foto di Nadia Pastorcich da https://www.facebook.com/FondazioneLelioLuttazzi/

“Viaggio” Atto II. La serata continua.

Ricominciamo esattamente da dove avevamo finito, senza riassunto della puntata precedente.

Passiamo agilmente il primo sbarramento di security e veniamo scortati all’interno del locale, Paola si qualifica come giornalista e accediamo alla sala, parliamo con un responsabile Rai che ci invita gentilmente ed in tutta tranquillità ad accomodarci a un tavolo di nostro gradimento. Siamo dentro! Una signora seduta da sola ci invita a sederci insieme a lei e Arisa comincia a cantare. Indossa un bell’abito rosso sgargiante è molto rilassata, si appoggia ad uno dei protagonisti della serata, un pianoforte a coda, e finisce la sua esibizione con sorrisi e saluti per tutti. Brava e simpatica.

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