di Luca Bartolommei*

Milano,1941. Bigliettaie Atm davanti al deposito di via Messina. Nell’Italia entrata da poco in guerra, le donne svolgevano il lavoro degli uomini. Nella canzone di Giovanni D’Anzi “La gagarella del Biffi Scala” è “dipinto” un aspetto diverso di quel periodo, tra caffè alla moda, tic delle ragazze e giovanotti perdigiorno antesignani dei futuri playboy.
Una signorina gira in bicicletta per il centro di Milano, pedala con ritmo veloce, ha marinato la scuola e non può fare tardi all’appuntamento per il tè. Arriva in piazza della Scala, al Biffi, dove si incontra con i suoi amici gagà per passare il pomeriggio scambiando facezie varie con quel linguaggio che solo i giovani possono comprendere. Fuma le Camel e beve il Kummel, ama i vestiti alla moda e tiene alla linea, ma il suo accompagnatore è magro da far pietà, e in fondo anche lei non è poi così elegante e chic, con quelle scarpette risuolate male.
Contraddizioni del mondo giovanile? Certo, ma siamo nel 1941 ed è Giovanni D’Anzi, mica uno qualsiasi, che ci canta La gagarella del Biffi Scala, brano che ha scritto con Alfredo Bracchi.
Un modo di raccontare Milano e i milanesi che ha fatto scuola, con ironia sottile ma anche cattivella, e con doppi sensi che il lettore, ascoltando la versione di Nanni Svampa, non faticherà a decifrare. Insomma, una bella lezione di stile, leggerezza e gusto nel descrivere persone e personaggi che popolavano la città in quel periodo.
Io ne incontro spesso anche oggi, nelle strade e sui marciapiedi (eh sì…) del mio quartiere, l’Isola, e trovo gagarelle e gagà molto decorativi e divertenti, ma di questo leggerete a breve.
Un saluto alla carissima Vera Omodeo Salè, artista amante della canzone milanese, con la quale ho avuto e avrò il piacere di condividere qualche brano dell’indimenticabile Giovanni D’Anzi.
La “Gagarella” del Biffi Scala – D’Anzi/Bracchi – Edizioni Curci – 1941
Ogni canzonètta milanesa la g’ha de vèss crudél e sbarazzina:
quèsta che ve canti l’è carina. Ofendèves minga, per piasè.
Gh’è un caffè nascost in d’ona piazza, frequentaa da tante donne belle,
ma fra queste troppe gagarelle, alle cinque van a bev el tè.
La Gagarella del Biffi Scala quand’hinn quattr’or le la bigia scoeula,
la troeuva semper ona quai bala per vèss lì pronta a bev el tè.
La gira in bici con stile vario, la se divert propri on putiferio,
la fa la tonta come el Macario, la dis: «Pisquano!» e la canta: «olé!».
A lei piacciono le Morris e le Camel, Oh! le Camel ancor di più
ed annega i dispiaceri cont el Kummel, cont el Kummel e nulla più…
La va alla Cozzi la gagarina, tre vòlt al dì la fa la piscina,
la gh’ha el ciuffet che la par on locch e el cervelett che l’è propi tocch.
A senti parlà, Gesù che strazio, disen su di ròbb senza giudizio:
l’orelògg el ciamen l’orolozio e per dì Peppino, disen «Pì!».
Disen no permesso, disen: pozio?, disen no ti lascio ma ti lazio
l’autobus el ciamen l’autobuzio senti gagarella va a dormì!
La gagarella del Biffi Scala foo no per dì ma l’è propi ciula
coi gagaroni la fa la ciala, la dis: «Coniglio, gh’è nient de fà!».
Ghe pias la pizza con la scigola, la gh’a i scarpètt cont la doppia soeula,
la gira semper con on gandola vestì de magher ch’el fa pietà.
A lei piacciono i modelli del Ventura, per smagrirsi la mangia el Rim,
ma el sann tutti che si veste su misura dalla sarta che gh’è all’Upim.
Ohei, gagarella del Biffi Scala, toeu su i tò liber e torna a scoeula,
Milan l’è stuffa de sopportà le gagarelle coi so gagà!
TRADUZIONE
Ogni canzoncina milanese deve essere crudele sbarazzina:
questa che vi canto è carina ma, per favore, non offendetevi.
C’è un caffè nascosto in una piazza, frequentato da tante donne belle,
ma fra queste troppe gagarelle, alle cinque vanno a prendere il tè.
La Gagarella del Biffi Scala quando sono le quattro bigia la scuola,
trova sempre qualche scusa per essere lì, pronta a bere il tè.
Arriva in bici con stile vario, si diverte proprio un putiferio,
fa la tonta come Macario, dice: «Pisquano!» e canta: «olé!».
A lei piacciono le Morris e le Camel, Oh! le Camel ancor di più
ed annega i dispiaceri con il Kummel, con il Kummel e nulla più…
va alla Cozzi la gagarina, tre volte al giorno va in piscina,
ha il ciuffetto che sembra una scema e il cerveletto che è proprio tocco.
A sentirli parlare, Gesù che strazio, dicono delle cose senza giudizio:
l’orologio lo chiamano orolozio e per dire Peppino, dicono «Pì!».
Non dicono permesso, dicono pozio, non dicono ti lascio ma ti lazio
l’autobus lo chiamano autobuzio, senti gagarella, vai a dormire!
La gagarella del Biffi Scala non faccio per dire ma è proprio stupida
fa la sciocca coi gagaroni e dice: «Coniglio, non c’è niente da fare!».
Le piace la pizza con la cipolla, ha le scarpe con la doppia suola,
va sempre in giro con uno stupidotto così magro che fa pietà.
A lei piacciono i modelli del Ventura, per dimagrire mangia il Rim,
ma sanno tutti che si veste su misura dalla sarta che c’è all’Upim.
Ohei, gagarella del Biffi Scala, prendi i tuoi libri e torna a scuola,
Milano è stufa di sopportare le gagarelle coi loro gagà!
*Alla “Gagarella” celebrata dalla musica di Giovanni D’Anzi e cantata da Liliana Feldmann è dedicato il primo numero del Donne della realtà Giornale, il bellissimo “foglio” trimestrale che si può anche scaricare direttamente dal blog.
AGGIORNATO IL 25 AGOSTO 2017