«È Sassari»

di Elio Vittorini

Sarà dedicata ad Elio Vittorini la puntata del 16 dicembre 2019 del ciclo L’altro ‘900, programma di Rai Cultura sulle scrittrici e gli scrittori che hanno segnato la Letteratura italiana del secolo breve. In onda su Rai 5, l’approfondimento è firmato da Isabella Donfrancesco con Alessandra Urbani per la regia di Laura Vitali e Diego Magini. Cogliamo l’occasione per pubblicare quel che l’intellettuale di Siracusa (per nascita) e di Milano (per scelta) scrisse su Sassari in Sardegna quasi sognata, diario di un viaggio emozionante che Vittorini fece nel 1932 e che pubblicò soltanto vent’anni dopo. Dedichiamo le sue parole alla viaggiatrice per antonomasia del nostro blog, Maria Elena Sini, perché Sassari è la sua città.

Un’immagine della tradizionale “Cavalcata sarda” di Sassari la cui prossima edizione si terrà domenica 17 maggio 2020 (foto da https://www.sardegnaospitale.it/eventi/5-cavalcata-sarda-a-saassari.html?date=2018-05-20-09-00)

Verso Sassari, la sera ci corre dinanzi, più svelta di noi. L’ultimo sole cade in foglie morte dalle cime degli alberi, poiché siamo in terreno di alberi, in pieno uliveto. Ulivi e aranci, fitti oltre i muri bianchi della strada, nella crescente oscurità. Un fumo bluastro si sprigiona dal loro fogliame, luminoso dapprima, poi si fa opaco, e si addensa, va su. Tutta la terra fuma. Non di qualcosa che bruci, ma di se stessa, uniformemente, che vapora.

E odora, anche, fresca di concime; in un punto di limoni putrefatti, e lì deve esserci una distilleria con mucchi di rifiuti nel cortile, le pestifere immondizie degli agrumi.

Oh quest’acre peste!

Sono stanco e questo carrozzone sballottante mi è caro. Mi è cara questa realtà di viaggio, con questi amici, questo cigolìo dei sedili, questo buio fuori e un letto d’albergo stasera, e voglio averla finché dura.

Nella campagna nessun lume si accende.

Passiamo per Sennori tutta al buio che aspetta, in quest’ultima penombra, che sia proprio notte per accendere i suoi fanali.

E quando è notte piena noi siamo già assai oltre coi nostri occhi di gatto spalancati sulla via maestra. Incontriamo gente a cavallo o lunghe file d’asinelli, che procedono nella nostra direzione. A Sassari, eh! Quanti parafanghi ancora?

Eccoci poi sotto ai suoi lumi. Noi nel buio dell’uliveto e Sassari attorno a noi, d’ogni lato, coi suoi popoli di lumi. Entriamo da una parte, tra case e arbusti, ma non è ancora la vera città; che sembra giri dall’altra parte. Ora c’è una valle nera fra noi e il maggior numero di lumi. E più avanziamo più quella valle si allarga, più quei lumi si allontanano.

Ho paura si sia finiti in qualche altro paese, dirimpetto alla Sassari vera, e chiedo al primo che passa se qui è proprio Sassari. Quello mi risponde come gli avessi chiesto se il sole è veramente il sole.

«È Sassari».

(a cura di Paola Ciccioli)

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