«Perché lavoro a Milano? Lavorare altrove mi sembrerebbe strano»

Ancora Milano, ancora un artista che le resta aggrappato e ne fa – questa volta – il set naturale dei suoi film sospesi tra finzione e realtà.

«In basso a destra il cortile set di “Ratataplan” al 24 di via de Castillia… Sopravissuto a tutto, anche al bosco verticale». Scrive così Maurizio Nichetti commentando questa foto che ha postato su Facebook e nella quale le vecchie case con cortile, dove il regista ha girato nel 1979 il suo film d’esordio, sembrano volersi fare ancora più piccole di fronte allo svettare dei griffatissimi grattacieli alberati. In questo link la famosa e divertente sequenza del bicchiere d’acqua, noi l’abbiamo rivista di recente nella sede di Film Tv Lab con aneddoti live su “Ratataplan” dalla voce dello stesso Maurizio Nichetti: https://www.youtube.com/watch?v=2aOFoPh8wPc

di Maurizio Nichetti*

Qualche anno fa mi hanno chiesto: «Ma tu perché sei rimasto a lavorare a Milano?». Bella domanda. Il cinema, come tutti sanno, si fa a Roma: Già… Perché allora io sono rimasto a Milano? … E ci ho girato anche otto dei miei dodici film!

Non ci avevo mai pensato. Così ho risposto, tutto d’un fiato:

«D’accordo Milano è un po’ amara da bere…

ma è bella d’amare la sera,

al mattino, di corsa,

in giornate di freddo pungente,

di sole imprevisto, di cieli coperti,

di strade ripiene di cose da fare.

Milano di povera gente che corre nel niente,

che sale, che scende,

che rientra la sera in una casa a ringhiera.

Milano che studia, che lotta, che sbotta.

Milano con i suoi affanni, le nebbie, le stragi, la vita che corre…

La torre del Parco che c’è, ma non serve.

La piazza del Duomo dove ogni uomo ci passa, si perde,

ritorna e ritrova la strada perduta.

Milano caduta, risorta, contorta.

Milano che conta e riconta.

Milano che sfila per strada e alla Fiera.

Milano la sera.

Milano col cuore in mano, mani pulite,

gente mite e gente aggressiva che grida, che compra, che vende.

Milano che spende

che vive, lavora, s’ignora.

Milano di tutti, di gente che arriva, che piange, che ride,

che spera e riparte.

Milano dell’arte che canta, che scrive,

e rivive Brera com’era una sera

e i bambini ai giardini a cercare un respiro,

l’Idroscalo per fingere il mare

e tutti a San Siro a gridare, a sognare, a strafare.

Perché lavoro a Milano?

Lavorare altrove mi sembrerebbe strano».

*Con Paola Ciccioli, che è andata a incontrarlo nella sede milanese del Centro sperimentale di cinematografia, di cui è direttore artistico, il regista Maurizio Nichetti ha respinto al mittente la definizione di poesia per questo suo omaggio a Milano. Che con modestia ha definito, strappando un franco sorriso all’intervistatrice, «un andare a capo spesso». Lo trovate, insieme con aneddoti e riflessioni per cinefili e non, in “Maurizio Nichetti. Autobiografia involontaria” (Bietti 2017).

E restate sintonizzat*, guardate un po’ chi legge per noi nel prossimo post questo «andare a capo spesso» dedicato alla città che ci contiene…

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