«La persona che hai davanti non è solo il suo corpo, abbine cura»

di Maria Grazia Iannone*

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Illustriamo questa recensione di Maria Grazia Iannone con “I colori dell’amore”, un’opera di Giuliana Bellini, artista intensa e originale, amica di “Donne della realtà”

Per poter parlare del libro Lo scafandro e la farfalla, bisogna innanzitutto fare un esercizio di immaginazione. Pensa di avere davanti un uomo in sedia a rotelle, il volto sfigurato e atrofizzato dalla paralisi. Un occhio è chiuso, la palpebra sembra cucita. Il tronco è abbandonato contro lo schienale. Gli arti inerti sono appoggiati a braccioli e poggiapiedi. Gli cola della saliva dalla bocca: qualcuno deve asciugargliela con un fazzoletto per far sì che non si sporchi.

Se trovi il coraggio di osservarlo con più attenzione e di non farti impressionare dalla tracheotomia – un volgare buco sul collo necessario per respirare – ti accorgi che riesce a muovere la palpebra dell’occhio aperto e ogni tanto scuote debolmente il capo.

Pensi sia cosciente? Lucido?

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L’anoressia e il “vuoto d’amore”

di Massimo Recalcati*

Il post è illustrato con le copertine di tre diverse edizioni della raccolta "Vuoto d'amore" di Alda Merini

Il post è illustrato con le copertine di tre diverse edizioni della raccolta “Vuoto d’amore” di Alda Merini

L’anoressia è una sorta di patema d’amore e quindi, se c’è un masochismo femminile nell’anoressia, potremmo pensare a questo masochismo femminile come a una scrittura radicale del discorso amoroso, un patema d’amore, insomma.

L’intervento di Macola mi ha evocato un episodio legato a una conduzione della cura con una paziente anoressico-bulimica molto grave di circa 30 anni che aveva, da diversi anni ormai, un rapporto col cibo da tossicodipendente. C’è un momento dei preliminari di questa cura che mi sembra rilevante: accade per una circostanza particolare che io arrivi in studio con circa 2 ore di ritardo e non trovo la paziente; al posto della paziente però trovo un biglietto dove lei mi scrive che ha percepito la mia mancanza in un modo diverso rispetto alla mancanza del cibo, cioè non l’ha percepita allo stomaco. Quindi un incontro mancato ha aperto un vuoto, ma l’ha aperto non nello stomaco, non nel corpo anatomico, ma nel desiderio. È un vuoto che potremmo chiamare un “vuoto d’amore” e che ha permesso a questa paziente intanto di non ricorrere all’abbuffata bulimica e poi di portare una metafora: l’analista in quanto oggetto è mancato tanto quanto prima mancava il cibo, dunque un significante ha preso il posto di un altro significante e ha reso possibile una costruzione metaforica.

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