L’anoressia e il “vuoto d’amore”

di Massimo Recalcati*

Il post è illustrato con le copertine di tre diverse edizioni della raccolta "Vuoto d'amore" di Alda Merini

Il post è illustrato con le copertine di tre diverse edizioni della raccolta “Vuoto d’amore” di Alda Merini

L’anoressia è una sorta di patema d’amore e quindi, se c’è un masochismo femminile nell’anoressia, potremmo pensare a questo masochismo femminile come a una scrittura radicale del discorso amoroso, un patema d’amore, insomma.

L’intervento di Macola mi ha evocato un episodio legato a una conduzione della cura con una paziente anoressico-bulimica molto grave di circa 30 anni che aveva, da diversi anni ormai, un rapporto col cibo da tossicodipendente. C’è un momento dei preliminari di questa cura che mi sembra rilevante: accade per una circostanza particolare che io arrivi in studio con circa 2 ore di ritardo e non trovo la paziente; al posto della paziente però trovo un biglietto dove lei mi scrive che ha percepito la mia mancanza in un modo diverso rispetto alla mancanza del cibo, cioè non l’ha percepita allo stomaco. Quindi un incontro mancato ha aperto un vuoto, ma l’ha aperto non nello stomaco, non nel corpo anatomico, ma nel desiderio. È un vuoto che potremmo chiamare un “vuoto d’amore” e che ha permesso a questa paziente intanto di non ricorrere all’abbuffata bulimica e poi di portare una metafora: l’analista in quanto oggetto è mancato tanto quanto prima mancava il cibo, dunque un significante ha preso il posto di un altro significante e ha reso possibile una costruzione metaforica.

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La psicoanalista napoletana che parlava con l’anima dei pazienti (e della sua città)

di Alba L’Astorina

BALLERINA, Mirò

Joan Miró, “Ballerina II” (c.1925)

È stato un ricordo appassionato e rigoroso quello che Ida Plastina, dalle pagine di Repubblica online, ha fatto di Maria Vittoria Turra, studiosa napoletana morta lo scorso ottobre, che nella teoria e nella pratica terapeutica ha insegnato a generazioni di medici a volgere lo sguardo dalle «malattie nervose» dell’individuo «alla sua anima, alla psiche, ai vissuti e alle interazioni nel gruppo».

Mi ha colpito, di questo articolo, il modo con cui la sua autrice accorda le note private e pubbliche di una donna che «ha tenuto in una mano le trame sofferte, oscure e sfilacciate di tanti», e del suo tentativo di sostenerle con l’impegno scientifico ed umano. Ma mi ha colpito, ancor di più, il sapore amaro della denuncia che leggo nelle parole di Ida: il rischio di una «amnesia» generale che «scava ancora di più l’assenza» di una figura femminile che ha esplorato senza pregiudizi i percorsi della mente umana e tracciato inediti itinerari di cura.

È un oblio, quello denunciato da Ida Plastina nel suo “Ricordo di Maria Vittoria Turra”, che arreca grave danno non solo a tutti quelli di noi che hanno conosciuto troppo poco la studiosa, ma offende la stessa Napoli, che deve essere stata, per lei, un osservatorio umano e ambientale privilegiato, dal quale riuscire a cogliere la “malattia” nella sua essenza più nuda e cruda. Perché, parafrasando Elena Ferrante, il “malessere” che vive l’intera umanità a Napoli non ha veli, è esibito senza pudore ma anche senza ipocrisia. E d’altra parte, se un cambiamento è pensabile, lo è solo dove è possibile riconoscere e riconoscersi.

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«Your children are not your children»

by Kahlil Gibran*

Illustrazione da "Il Profeta"

Illustrazione da “Il Profeta” , edizione Se (1985), traduzione di Piera Oppezzo e postfazione di Nicola Crocetti

And a woman who held a babe against her bosom said, Speak to us of Children.

And he said:

Your children are not your children.

They are the sons and daughters of Life’s longing for itself.

They come through you but not from you,

And though they are with you yet they belong not to you.

 

You may give them your love but not your thoughts,

For they have their own thoughts.

You may house their own thoughts.

You may house their bodies but not their souls,

For their souls dwell in the house of to-morrow,

which you cannot visit, not even in your dreams.

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