La musica e il “carattere dell’anima”

di Daniel Barenboim*

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Piano City Milano torna per la sua sesta edizione il 19, 20 e 21 maggio 2017. Da oggi, 13 gennaio (e fino al 28 febbraio), sul sito http://www.pianocitymilano.it, sarà possibile iscriversi online come pianista, per mettere a disposizione il proprio spazio o per tenere un concerto a casa propria. E questa sera alle 19 si festeggia l’apertura delle iscrizioni con un concerto del compositore e pianista palestinese Faraj Suleiman (foto) nella Sala Polifunzionale della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli (immagine da  https://www.youtube.com/watch?v=rOtflMo7P3M)

Sono fermamente convinto che sia impossibile parlare della musica. Ne sono state date numerose definizioni che in realtà descrivono solo una reazione soggettiva alla musica. A mio parere l’unica definizione davvero precisa e obiettiva è quella data da Ferruccio Busoni, il grande pianista e compositore italiano, il quale disse che la musica è “aria sonora”. Con ciò si dice tutto e il contrario di tutto. Schopenhauer, invece, vide nella musica un’idea del mondo. In musica, come nella vita, possiamo parlare davvero solo delle nostre reazioni e delle nostre percezioni. E se provo a parlare della musica, è perché l’impossibile mi ha sempre attratto più del difficile. Non fosse altro perché tentare l’impossibile è, per definizione, un’avventura, e mi comunica una sensazione di energia che trovo assai attraente. Inoltre c’è il vantaggio che il fallimento non solo appare tollerabile ma è addirittura previsto. Quindi tenterò l’impossibile e cercherò di individuare alcuni collegamenti fra l’inesprimibile contenuto della musica e l’inesprimibile contenuto della vita.

La musica, dopo tutto, cos’è se non una successione di bei suoni? John Locke nel suo Pensieri sull’educazione, un trattato pubblicato nel 1693 sotto molti profili assai lungimirante, scrisse. “Si ritiene che la musica abbia qualche affinità col ballo, e la capacità di suonare qualche strumento è da molti altamente apprezzata. Ma per acquistare una abilità anche solamente mediocre, si richiede che il giovane vi si dedichi molto tempo; eppoi, ciò lo induce spesso a frequentare compagnie poco adatte; sicché molti pensano che alla musica sia meglio rinunciare. E così raramente ho sentito lodare o stimare qualche uomo d’affari o di talento per la sua eccellenza in quest’arte, che io le assegnerei l’ultimo posto fra tutti quelli che si possono includere nell’elenco degli ornamenti sociali”.

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«Piano City Milano è una grande rete gratuita di concerti per pianoforte senza limiti di genere musicale, che nel 2016 ha presentato 420 concerti, coinvolgendo più di 250 musicisti e 90.000 persone» (http://www.pianocitymilano.it/)

Ancora oggi la musica è spesso trascurata nelle nostre riflessioni sull’educazione. Forse è qualcosa di più che un ascolto piacevole o eccitante – forse è qualcosa che, con la sua potenza ed eloquenza, fornisce strumenti straordinari con cui alleviare la nostra esistenza e la fatica del vivere quotidiano? Certo, molti amano tornare a casa dopo una lunga giornata di lavoro e mettere un cd per dimenticare i problemi. Tuttavia sono convinto che la musica ci dia anche un altro strumento di gran lunga più prezioso, grazie al quale possiamo imparare qualcosa di noi, della società, della politica – in poche parole, qualcosa che riguardi l’essere umano. Aristotele, quasi duemila anni prima di Locke, teneva in grandissima considerazione la musica, giudicandola un contributo prezioso all’educazione dei giovani: “Quanto al darsi alla musica non si può spiegare solo con questa ragione [alleviare fatiche e sofferenze] ma anche perché, come pare, è utile al riposo. Nondimeno si potrebbe indagare se ciò non sia accidentale, mentre la natura della musica è più elevata di quanto non lasci supporre l’uso predetto. […] In realtà nei ritmi e nei canti vi sono rappresentazioni, quanto mai vicine alla realtà, d’ira e mitezza, e anche di coraggio e di temperanza e di tutti i loro opposti e delle altre qualità morali (e questo è provato dall’esperienza, ché quando li ascoltiamo, data la loro natura, sentiamo una trasformazione nell’anima). […] Da tali considerazioni è chiaro che la musica può esercitare un qualche influsso sul carattere dell’anima e se può far questo, è chiaro che bisogna accostarle i giovani ed educarli ad essa”.

* Inizia così il libro “La musica sveglia il tempo” di Daniel Baremboim (Feltrinelli, 2007), «uno dei più grandi pianisti e direttori d’orchestra dei nostri tempi». Baremboim è nato a Buenos Aires nel 1942 ed è co-fondatore  della West-Eastern Divan Orchestra, «formata da giovani musicisti di Israele e dei paesi arabi».

Grazie a Franco Tassi per avermelo donato.

(Paola Ciccioli)

AGGIORNATO IL 13 GENNAIO 2017

1 thoughts on “La musica e il “carattere dell’anima”

  1. Inserisco un elemento. Prove scientifiche (ad esempio la tomografia ad emissione di positroni PET) dimostrano come uno stimolo uditivo attivi mediamente il 70% della massa neuronale risultando il più eccitante di tutte le percezioni sensoriali. La vista attiva soltanto un 20% per avere un’idea. La cosa interessante è che la stimolazione uditiva investe in sequenza prima le aree troncoencefaliche deputate alla gestione subcosciente delle funzioni fisiologiche primarie ed i comportamenti istintivi. Successivamente coinvolge le aree deputate alla discriminazione emotiva (capacità di discriminare tra gradevolezza e nocicezione), per poi arrivare alle aree logiche. La musica, nella sua variegazione, può, basandosi sui nessi causa effetto tra situazioni di fisica acustica e le risposte ad esse da parte del sistema nervoso, risultare uno dei massimi canali per indurre apprendimento di concetti (aspetti educativi) e abilità (elementi abilitativi). Attraverso la proposta della musica è possibile imprimere processi di crescita impensabili sull’individuo; processi persino eclatanti e fraintendibili come miracolosi in alcuni contesti di disabilità grave e gravissima a livello nervoso.

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