«Cosa, secondo Lei, si deve fare per prevenire la guerra?»

di Angela Giannitrapani 

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Adeline Virginia Woolf, nata Stephen (Londra, 25 gennaio 1882 – Rodmell, 28 marzo 1941)

«Cosa, secondo Lei, si deve fare per prevenire la guerra?».

«Cosa ci fa credere che l’istruzione impartita all’università faccia odiare la guerra?».

«Che tipo di istruzione vogliamo…?».

«Il lavoro di una madre, di una moglie, di una figlia non ha dunque alcun valore in moneta sonante per la nazione?».

«Che soddisfazione potrà mai dare il dominio al dominatore?».

(“Le tre ghinee”, Virginia Woolf)

Sono, queste, domande attuali? Potremmo ritrovarle sui giornali, nei blog, in alcuni forum, in qualche programma televisivo? E, se no, dovrebbero comparirvi?

Sono state formulate tra il 1936 e il 1938, anno quest’ultimo di pubblicazione a Londra del libro che le contiene: Le tre ghinee di Virginia Woolf.

Nel titolo il nome con il quale si indicava la sterlina a quel tempo. Le tre ghinee, di cui si tratta, devono essere destinate ciascuna per uno scopo specifico; la somma di tutte e tre le monete e la sinergia dei tre scopi specifici sono destinati a quello più ampio e finale che viene dichiarato da colui che richiede l’aiuto e la collaborazione di Virginia Woolf: «Cosa, secondo Lei, si deve fare per prevenire la guerra?».

Le tre ghinee

Così, il testo della Woolf va letto lentamente e con pazienza, facendosi guidare dalle tante direzioni che il suo pensiero intraprende, fiduciosi che non ci farà smarrire ma ci condurrà, con mano ferma e passo solido, alla destinazione finale che non sarà soltanto la risposta a come si possa prevenire la guerra, ma molto di più. E l’autrice lo fa nell’unico modo possibile: partendo da sé, dal suo essere donna, dal suo essere un’intellettuale. Per giungere a destinazione attraversa la società inglese, nella quale è nata e cresciuta, tutta la storia politica e sociale che ha generato quella società. Lo fa con puntualità, fornendo documenti storici, citando biografie, articoli di giornali, atti giudiziari e legislativi, legandoli alle sue riflessioni che, alla luce di tanta documentazione, risultano ineccepibili. Dopo aver tessuto l’intero ordito, la sua tesi è inattaccabile, le relazioni logiche inequivocabili, la conclusione, benché sorprendente, inconfutabile.

In questo viaggio coraggioso e dovuto, attraverso la società inglese nei secoli fino al momento a lei contemporaneo, la Woolf inevitabilmente incontra il suo prodotto più intrinseco e caratterizzante, che ha inglobato in sé uomini e donne, il patriarcato. È attraverso questa lente che tutto viene spiegato e denunciato: la supremazia degli uomini sulle donne. Le donne, considerate inferiori agli uomini, vengono espropriate dei loro averi, dei diritti civili, dell’istruzione, del diritto a una professione e, nella globale dipendenza da padri, mariti, fratelli, perfino figli, vengono loro inibite le espressioni di libertà e di indipendenza di pensiero. E si segue quell’istruttivo giro di giostra che passa attraverso il sistema della proprietà privata, del sistema educativo, del mercato del lavoro, della politica e del sistema sociale, da dove le donne sono escluse o vessate, soffocandole con i vessilli, le toghe, le medaglie e la protezione ricattatoria degli uomini.

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Virginia Woolf con il padre, Sir Leslie Stephen

Ma cosa c’entra tutto questo con la guerra? Il filo logico è ferreo: il patriarcato che si esprime con l’autoritarismo maschile ha le medesime caratteristiche, meccanismi e principi della dittatura e quindi del nazi-fascismo che porta l’Europa alla guerra. Questa tesi dell’equazione si delinea progressivamente e giunge chiara verso la fine, in un epilogo delle conseguenze di quanto documentato, dichiarato, denunciato. Cosa può, dunque, fare una donna per prevenire la guerra? Perché, comunque, questa non è una domanda alla quale non dare risposta.

Abbiamo percorso i tre capitoli, uno per ciascuna ghinea da destinare, leggendoli per conto proprio e discutendone, di volta in volta, in un gruppo di lettura nell’ambito dell’iniziativa offertaci nella sede della Libera Università delle Donne di Milano con la guida di colei che ha il pregio di avere pubblicato il libro per prima in Italia nel 1975, Laura Lepetit per la Casa editrice La Tartaruga, da lei fondata e diretta. Laura ce lo aveva proposto e noi lo abbiamo accettato con la voglia di rileggerlo, dopo gli anni storici in cui era uscito. Io avevo già conosciuto il testo ai tempi dei miei studi universitari e lo ricordavo complesso e incisivo, non di così facile lettura come il più noto Una stanza tutta per sé. Mi preparavo, quindi, a rileggerlo con il piacere di condividerlo con la nostra guida d’eccezione e con il gruppo di donne alle quali mi accomunano l’amore per la lettura, per la scrittura e la cura per le tematiche femminili, senza scadenze accademiche o impegno professionale. Ero certa che sarebbe stata una serena esperienza che avrebbe rinfrescato giovanili ricordi.

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La copertina del libro di Virginia Woolf edito per la prima volta in Italia da La Tartaruga di Laura Lepetit

Niente di tutto questo! È stato una specie di cataclisma interiore, di tardivo bollore senile, di rabbia, di commozione, di gratitudine, di amarezza, di voglia di lotta e di rammarico.

All’inizio della lettura, mi aveva colpito la drammatica attualità dei temi trattati e degli aspetti che la Woolf mette in evidenza. E un flusso di ammirazione e orgoglio mi aveva spinto avanti nella lettura con avidità. Ma, man mano che procedevo, mi imbattevo nella denuncia della diseguaglianza tra uomini e donne nell’ambito dell’istruzione, delle professioni, dei diritti civili. Contavo quanto tempo era passato da allora e cosa era cambiato in meglio: il più delle volte poco, mi è sembrato. Direi, poco profondamente; soprattutto considerando le lotte sostenute dalle donne nei decenni, il femminismo degli anni ’70 del ‘900, la nascita di una nuova generazione di donne, oggi mediamente quarantenne. E devo confessare che verso la fine un senso di scoramento è prevalso su tutto il resto; l’entusiasmo lasciava il posto all’amarezza e alla perdita di speranza. Tuttavia, neanche in quei momenti sono riuscita a staccarmi dalle pagine di Le tre ghinee, perché la lucidità con la quale furono scritte mi imponeva di rispettarne il messaggio. Anche la dignità e il coraggio, di quella mente acuta che fu costretta a vivere in una società misogina, mi imponevano di continuare a leggere e a discuterne. Perché il libro è un manifesto politico, in cui si parla di parità di remunerazione a parità di ruoli, di un sistema di istruzione nuovo che non rifletta quello maschile, si parla di comunicazione della stampa, del legiferare, si parla perfino di quanto possano esser insidiose e adulteranti la pubblicità e la notorietà. Temi del nostro presente, ancora una volta.

Laura Lepetit

Laura Lepetit (a sinistra) alla presentazione dell’ultimo libro della scrittrice Silvana La Spina che abbiamo segnalato nella nostra agenda “Oggi e dintorni”

Ne parlavo con Paola Ciccioli, alcune settimane fa. Lei mi diceva di essere convinta che la notorietà è rischiosa perchè influisce negativamente sulle persone e ne limita la libertà. Immediatamente mi è venuta in mente Virginia Woolf: «Dobbiamo estinguere le luci volgari della pubblicità e della notorietà, non soltanto perché tali luci sono di solito manovrate da mani incompetenti, ma per l’effetto psicologico che esse esercitano su coloro che ne sono illuminati. Provi a pensare, […] all’atteggiamento di un leprotto colto nel fascio di luce dei fari: gli occhi vitrei, le zampe rigide. Non Le sembra logico pensare, […] che gli ‘atteggiamenti’, le false e irreali posizioni assunte dalla forma umana […] sono dovuti alle luci della ribalta che paralizzano le facoltà dell’uomo e inibiscono la sua capacità di cambiare e di creare nuove unità, esattamente come la luce dei fari paralizza gli animaletti che piombano dall’oscurità dentro il cono dei suoi raggi? […] spontaneità e libertà, la capacità di cambiare e di crescere si difendono solo con l’oscurità; e che se vogliamo aiutare la mente umana a creare qualcosa di nuovo invece di percorrere eternamente, inevitabilmente la stessa carreggiata, dobbiamo fare il possibile per tenerla avvolta nell’oscurità”.[1]

MANIFESTAZIONE PER UNA MATERNITA LIBERA ©FABIO DE ANGELIS

Flashback: manifestazione per il diritto all’aborto (fine Anni ’70)

La scrittrice cita Mr Cyril Chaventry dal Daily Herald del 13 febbraio 1935: “Il sistema di valori della donna è inconfutabilmente diverso da quello dell’uomo. È logico quindi che la donna si trovi svantaggiata e appaia sospetta quando entra in competizione in una sfera di attività creata dall’uomo. Oggi come non mai le donne hanno l’occasione di costruire un mondo nuovo e migliore, ma se cercano di imitare pedissequamente gli uomini, non faranno che gettare al vento questa possibilità”.[2]

E poiché, quando le donne hanno combattuto per i propri diritti, hanno combattuto contro la discriminazione, esse hanno combattuto “per i diritti di tutti- di tutti gli uomini e di tutte le donne – a vedere rispettati nella propria persona, i grandi principi della Giustizia, dell’Uguaglianza e della Libertà.[ …].” [3]

“Ci unisce un interesse comune; è un unico mondo, un’unica vita. […] Perché cadaveri e macerie saranno il nostro destino se voi, nell’immensità delle vostre astrazioni pubbliche, dimenticherete l’immagine privata, e se noi, nell’intensità delle nostre emozioni private, dimenticheremo il mondo pubblico”.[4]

Angela, foto mia

Angela Giannitrapani fotografata da Paola Ciccioli

Non posso concedermi né amarezza, né sgomento davanti a queste parole. E, avendo imparato che ogni conquista non è per sempre, devo scansare il sassolino che intralcia il passo e andare avanti.

Possiamo dire che non siamo più in guerra? Che abbiamo raggiunto la parità? Se anche fosse vero, un motivo in più per non dare per scontate pace e parità. E per difenderle.

Tenete Le tre ghinee in borsa, in soggiorno, sul comodino, parafrasando qualcuna di noi del gruppo di lettura.

Un grazie anche a chi mi ha ricondotto, in un’altra età, a queste pagine.

 

[1] Virginia Wool, Le tre ghinee ed Feltrinelli 2010, p.153/4

[2] Idem p. 105

[3] Idem p.188

[4] Idem p. 186/87

AGGIORNATO IL 16 AGOSTO 2014

5 thoughts on “«Cosa, secondo Lei, si deve fare per prevenire la guerra?»

  1. L’appassionata descrizione dell’ondata di sentimenti e di emozioni che il testo di Virginia Woolf ha suscitato in te, mi invita a leggerlo. Grazie per questo suggerimento prezioso.

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