da Giulia De Florio*
«Quando cercavo di spiegare la poesia russa e in lingua russa cercavo di spiegare questo».
Lettere aperte delle poete e dei poeti russi e russofoni
AI NOSTRI COLLEGHI UCRAINI
A nome della letteratura russa indipendente ci rivolgiamo ai nostri colleghi ucraini, a coloro che oggi scappano dalle bombe negli scantinati e nelle fermate della metro, a coloro che attendono di combattere per strada come unità di autodifesa del territorio. Non abbiamo nulla per fermare le truppe che avanzano verso di voi. Di generazione in generazione abbiamo lavorato con la parola: sapevamo che erano in pochi a sentirla, ma sapevamo anche che quella parola aveva un futuro. Ora, però, contro il vostro futuro – e contro il nostro – c’è la guerra.
La nostra letteratura si è già inchinata allo spirito imperialista, alla xenofobia e al servilismo. Tuttavia, al netto di un discreto numero di lacchè senza alcun talento e dell’abiezione di singoli individui, da almeno un secolo la nostra letteratura si stringe intorno all’idea che la violenza di stato è inammissibile. La stessa identica forza ostile ha ucciso Mandel’štam e Stus, ha seviziato Mel’ničuk e Gorbanevskaja negli ospedali psichiatrici, ha avvelenato l’anima e la volontà del popolo russo e di quello ucraino. Da queste prove, però, il popolo ucraino è uscito temprato, e con straordinario coraggio affronta oggi questa mostruosa minaccia. Dal canto suo, oggi il popolo russo subisce la più mostruosa sconfitta della sua storia, e la responsabilità storica di tutto questo ricadrà su di noi. Non vi abbiamo salvato: questo è il debito insostenibile che ci porteremo sempre appresso. Ci auguriamo con tutto il cuore che la vittoria sia vostra.
Dmitrij Kuzmin, Evgenij Nikitin, Elena Fanajlova, Stanislav L’vovskij, Vera Pavlova, Aleksej Cvetkov-staršij, Dmitrij Vedenjapin, Fëdor Svarovskij, Polina Barskova, Lida Jusupova, Anna Glazova, Linor Goralik, Katja Kapovič, Aleksandra Petrova, Tat’jana Bonč-Osmolovskaja, Grigorij Geljuta, Igor’ Belov, Aleksandr Baraš, Šlomo Krol, Marina Tëmkina, Chamdam Zakirov, e altri 23 poeti russi (la lista è in costante aggiornamento).
AI NOSTRI LETTORI
Amici, non siete pochi, lo sappiamo. E teniamo in altissima considerazione il vostro interesse e la vostra fiducia. Con la nostra poesia abbiamo sempre puntato a coniugare l’appartenenza al nostro presente e ai suoi punti dolenti con la prospettiva che partiva da quanto compiuto nel passato per arrivare a un futuro più ricco di conoscenza, comprensione e bene. Ma il nostro governo ha deciso di strapparci il futuro, di strapparlo a noi e a voi. Di fronte a uno sconvolgimento simile poco importano la nostra personale dignità, i nostri sforzi più sinceri per rendere migliore quel piccolo ritaglio di mondo contemporaneo del quale rispondiamo. Oggi la sensazione che prevale è un’altra: a cosa servi se non puoi fermare la guerra?
Non ci arrendiamo, né rinunciamo a lavorare e a combattere, ma siamo comunque parte della cultura russa. Nessun successo poetico o culturale, nessuna sofisticata ricerca della verità sul mondo e sull’uomo, nessun accalorato appello al bene è in grado di colmare l’abisso nel quale, per volere dei politici e con la complicità delle grandi masse, si è lanciato il popolo russo, trascinando con sé i propri vicini, se non il mondo intero. Eppure, come si può non vedere che in questo stesso momento e a poca distanza da noi un altro popolo sta dando prova di tutte quelle qualità che noi possiamo soltanto sognare: un coraggio e una fermezza incredibili, una profonda coesione tra poeti e politici, militari e intellettuali, tra figure pubbliche e gente comune.
Lungo e faticoso sarà il lavoro che ci aspetta per comprendere quanto è accaduto. E in tale lavoro l’esperienza dei nostri colleghi ucraini non può che essere per noi una bussola e un valore. Nella loro esperienza non c’è soltanto il dolore delle vittime, che non possiamo far altro che condividere. Nella loro esperienza ci sono anche le fondamenta dell’autonomia culturale e morale che tutto un popolo, nel suo complesso, è stato capace di raggiungere, e a cui tutto un altro popolo, nel suo complesso, non è riuscito ad arrivare. Per troppo tempo i russi si sono considerati una grande nazione in grado di mostrare al mondo tutto quanto c’era di nuovo e di importante. Senza accorgersene, hanno finito per mostrare al mondo, invece, abissi inimmaginabili di criminalità e vergogna. Il nostro dovere è ora di metterci in ascolto di coloro che in questa fase storica sono risultati più degni e più decisivi di noi. Leggete la poesia ucraina. Oggi come oggi, nel mondo poetico, è sua la voce più importante. Perché oggi l’Ucraina è il luogo più importante sulla faccia della Terra.
Dmitrij Kuzmin, Evgenij Nikitin, Elena Fanajlova, Stanislav L’vovskij, Vera Pavlova, Aleksej Cvetkov-staršij, Dmitrij Vedenjapin, Fëdor Svarovskij, Polina Barskova, Lida Jusupova, Anna Glazova, Linor Goralik, Katja Kapovič, Aleksandra Petrova, Tat’jana Bonč-Osmolovskaja, Grigorij Geljuta, Igor’ Belov, Aleksandr Baraš, Šlomo Krol, Marina Tëmkina, Chamdam Zakirov, e altri 23 poeti russi (la lista è in costante aggiornamento).
∗Giulia De Florio, docente e traduttrice dal russo, insegna all’Università di Modena e Reggio Emilia. Fa parte della sede italiana di Memorial, organizzazione non governativa fondata a Mosca nel 1980 dal Premio Nobel Andrej Sacharov per la riabilitazione delle vittime dello stalinismo e «liquidata definitivamente» il 28 febbraio scorso, quattro giorni dopo l’attacco del regime di Vladimir Putin all’Ucraina.
Questi due appelli sono stati postati dalla professoressa De Florio sulla propria pagina Facebook, li ripubblichiamo sul nostro blog con il consenso dell’interessata.